Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

VICO- TEORIA DEI LINGUAGGI, Appunti di Filosofia del Linguaggio

Riassunto e mappe su Vico, esclusa la dipintura

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 03/03/2020

dogsdroll
dogsdroll 🇮🇹

4

(6)

2 documenti

1 / 22

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica VICO- TEORIA DEI LINGUAGGI e più Appunti in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! VICO ORIGINE DEL LINGUAGGIO E ORIGINE DELLE LINGUE: GIAMBATTISTA VICO Il capolavoro filosofico di Vico è la Scienza Nuova, che è il prodotto di diverse rielaborazioni; la prima edizione della scienza nuova è del 1725, poi una edizione intermedia del 30 ed un ultima edizione del 44. L'opera su cui la critica ha dato interpretazioni diverse,difatti quello che colpisce è la discordanza delle diverse interpretazioni; diversità che si può spiegare con un desiderio di appropriazione del pensiero vichiano. Vico viene considerato precursore: • dell’idealismo tedesco (ed anche italiano) nei lavori classici di Benedetto Croce; • della filosofia trascendentale di Kant; • del positivismo (ad esempio nel compito critico di Comte); • del relativismo fino ad arrivare a paradigmi più recenti di multiculturalismo. Questa molteplicità potrebbe indurre a credere che la sua filosofia sia caratterizzata da un eclettismo spinto,in realtà il pensiero di Vico è un pensiero unitario profondamente sistematico. Trabant ripercorre l'intero percorso della filosofia vichiana mostrando come attraverso di esso prendano corpo intuizioni fondamentali sulla capacità simbolica degli esseri umani:la sua genesi il suo funzionamento e la sua evoluzione. Attraverso questo ragionamento è possibile delineare un percorso che include e articola tutte le dimensioni culturali religiose e storico politiche dell'umanità, però la prospettiva sematologica è centrale, difatti Trabant considera Vico l'autore della prima svolta linguistica della modernità e quello che il filosofo napoletano pone al centro è la capacità simbolica geneticamente anteriore che si esprime anzitutto nei semata; la scienza nuova si occupa delle lingue, che Vico chiama i parlari convenuti, però la sua grande scoperta filosofica consiste nella comprensione della dimensione simbolica: quella dei semata. Il suo nucleo sematologico è da un lato il prodotto di un ripensamento della tradizione retorica, e dall'altra il confronto critico con Cartesio (fondatore della modernità). Descartes è il nemico con cui Vico discute per una vita intera, ma è anche il punto di partenza e lo sfondo sul quale viene profilandosi il suo pensiero. Secondo Trabant, già nella propria autobiografia, Vico si sarebbe posto consapevolmente contro l’autorappresentazione di Descartes nel Discours de la méthode. In contrapposizione esplicita a Descartes, anche formalmente mediante l’impiego della prima persona singolare, dove introduce il suo prezioso Io, che pensa dunque è (cogito ergo sum), Vico rappresenta se stesso con la terza persona. A questo affermare il proprio Io, Vico oppone un Egli, accentuando questa distanza quando parla di se stesso come del signor Giambattista Vico. Al di là dell’interpretazione di Trabant, è innegabile che Descartes sia un esplicito e decisivo punto di riferimento del pensiero vichiano, che funge da modello negativo e da contro-immagine di Vico. E indice di questa avversità è anche l’italianizzazione (da parte di Vico) del nome di Renato delle Carte. Comunque, entrambi hanno delle affinità biografiche: entrambi nella giovinezza hanno perso ciò che avevano imparato ed hanno abbandonato gli studi. Cartesio racconta il periodo di dubbio scettico come qualcosa di radicale che poi lo porterà all'abbandono degli studi della giovinezza, Vico dice che questa affermazione è difficilmente verosimile, è una favola che Cartesio elabora allo scopo di accentuare la novità della sua filosofia, secondo Vico generando delle illusioni,rispetto alla possibilità di arrivare alla scienza senza una formazione in cui l'erudizione ha un peso. l'obiezione che vico muove è quella di pretendere di poter fare a meno della divina e umana erudizione allo scopo di fondare in maniera più certa il sapere filosofico, per vico questa credenza è illusoria, dettata dall'ambizione; tuttavia Vico riconosce di essere cartesiano, in quanto lui ha fatto proprio l'atto di gettare la zavorra, di rinunciare alla tradizione. Per Vico è fondamentale questo momento di dubbio scettico ma si tratta di una tappa,di un momento che viene drammatizzato per sottolineare l'essenzialità,ma anche per sottolineare che in seguito a questo momento di crisi profonda è possibile recuperare tutto il sapere storico e culturale, che vico chiama filologia, dando ad esso un nuovo fondamento epistemologico. Nella prima scienza nuova Vico mantiene l'impronta del discorso cartesiano, nel descrivere i passi che hanno condotto alla sua scoperta viene affermato che per uscire dalle notte tenebre e necessario ridurci in uno stato di somma ignoranza, e nella scienza nuova del 44 scriverà che è necessario fare come se non ci fossero libri nel mondo. a partire da questa mossa radicale diventa possibile far brillare nelle tenebre un'unica luce. L'assioma vichiano corrisponde a quello cartesiano del cogito e quello che emerge da questo percorso di dubbio e disperazione è che il "mondo delle gentili nazioni egli è stato pur certamente fatto dagli uomini" e questa certezza a costituire la soluzione alle difficoltà dei mezzi per ritrovare una nuova scienza; Vico riconduce l'oscurità e la confusione nel sapere umano ad una separazione tra filosofia e filologia e descrive le fonti principali di ignoranza nel campo del sapere umano: - la BORIA DEI DOTTI : fa riferimento all'arroganza degli eruditi (filologia) e alla presunzione dei filosofi (filosofia), è una posizione che Trabant propone di assimilare al logocentrismo. -la BORIA DELLE NAZIONI: è ricondotta alla pretesa delle diverse nazioni di detenere, fin dalle origini, di detenere una profonda sapienza,ETNOCENTRISMO. Lo stesso Vico si era trovato a tendere verso questa posizione, parlando di una sapienza antichissima dei popoli italici, con una serie di obiettivi tra cui sicuramente un obiettivo protonazionalistico. La separazione tra filologia e filosofia è causa di errori. La filosofia è scienza dell'universale, la filologia è scienza del particolare. Queste non sono attività separate, perché non sono concepibili l'una senza l'altra. La filosofia si occupa dell'idea, il vero; la filologia si occupa del fatto, il certo. La condizione perchè tale integrazione sia davvero efficace è il vero e proprio assioma della filosofia vichiana, presentato con tratti profondamente affini a quelli a cui sia arriva con il discorso sul metodo di Cartesio, il cogito ergo sum. La tabula rasa di Cartesio viene riempita da Vico, ed egli stesso mette in luce la crudeltà di tale atto. PRIMA SCIENZA NUOVA per uscire dalla NOTTE DELLE TENEBRE stato di SOMMA IGNORANZA SCIENZA NUOVA DEL 44 fare come se NON CI FOSSERO LIBRI NEL MONDO far brillare nelle tenebre una nuova luce Vico riconduce oscurità e confusione del sapere umano ad una separazione tra FILOLOGIA (scienza del PARTICOLARE) FILOSOFIA (scienza dell’UNIVERSALE) non possono essere attività separate! FILOSOFIA si occupa del VERO (dell’idea) L’INTEGRAZIONE di queste è FILOLOGIA si occupa del certo (il fatto) l’assioma principale della filosofia VICHIANA descrive le fonti di ignoranza del sapere umano BORIA DEI DOTTI BORIA DELLE NAZIONI arroganza degli eruditi (filologia) pretesa delle nazioni di detenere presunzione dei filosofi (filologia) una profonda sapienza ETNOCENTRISMO MODELLI PEDAGOGICI RETORICA E COGITO: VICO E DESCARTES La critica dei saperi, sviluppata nel discorso, ha un obiettivo: identificazione di un metodo che consente di raggiungere una connessione chiara e assoluta, a tale scopo Decartes ripercorre la propria biografia intellettuale. D racconta di aver avuto una formazione classica e di essere stato istruito nelle lettere fin dalla fanciullezza, questo per permettergli di acquisire una conoscenza chiara e sicura di tutto che è utile alla vita; invece alla fine di questo percorso D si ritrova pieno di dubbi, sicuro solamente di una cosa ovvero della sua ignoranza, decide di interrompere gli studi, egli menziona le qualità positive delle discipline ma in un modo leggero ed ironico. Trabant fa notare che quando parla della filosofia la lode appare tinta di sarcasmo, la filosofia ci mette in grado di parlare di ogni cosa e di farci ammirare dai meno dotti. Decartes dichiara di aver amato la poesia, ma di ritenere che essa non si apprende dai libri essendo piuttosto un dono dello spirito, in realtà è una asserzione diventata banale, ma in questa opera fondava un metodo nuovo di guardare alla poesia, e ribaltava il rapporto tra la memoria e l'immaginazione; Trabant osserva che la scoperta della soggettività è il principio del genio moderno. Descartes abbandona gli studi nella sua giovinezza e comincia a viaggiare per trarre qualche profitto dall’esperienza. Decartes si concede quello che Vico non potrebbe mai permettersi. Ma anche i suoi viaggi non hanno esito positivo, in quanto tra i diversi popoli c’è altrettanta differenza di vedute che tra i filosofi, per questa ragione D decide di cambiare nuovamente strada e di dedicarsi allo studio di se stesso e questo percorso da frutti migliori. In questa fase Descartes radicalizza il dubbio estendendolo a tutto ciò di cui ha avuto esperienza ma unica verità: “cogito ergo sum”, il pensiero non è legato né al corpo né alla spazialità, se penso non sono in nessun luogo. Così stabilisce il dualismo tra : • res cogitans: si intende la realtà psichica a cui Descartes attribuisce le seguenti qualità: inestensione, libertà e consapevolezza. • • res extensa: rappresenta invece la realtà fisica, che è estesa, limitata e inconsapevole. Il concetto deriva dal "cogito", in quanto si ha necessità di dividere ciò di cui ho appurato l'esistenza (il mio spirito) da ciò di cui non posso essere certo (il mio corpo, che tramite i sensi manda informazioni - forse false - al mio spirito). Poiché queste due realtà sono molto eterogenee e fondamentalmente non possono interagire, si crea un problema nella spiegazione della capacità umana di agire secondo libera volontà. Come possono interagire i due domini di res extensa e res cogitans nell'uomo? Descartes cerca di risolvere la questione del dualismo ammettendo comunicazione tra i due domini per mezzo della "ghiandola pineale" (l'odierna epifisi) Per Descartes, il linguaggio ha una funzione meramente comunicativa e non cognitiva. Concetti prodotti dalla res cogitans, vengono trasmessi ad altri tramite il linguaggio (testimone del pensiero), solo negli esseri umani è possibile trovare un linguaggio che sia espressione della “cogitatio”, specificamente umana. Né le macchine e né gli animali sono in grado di rispondere a un’interrogazione disponendo parole sempre nuove. Il linguaggio umano è dotato di creatività (creatività del pensiero) che si riflette nel linguaggio ma è da esso indipendente. Il linguaggio è una traccia della res cogitans nella dimensione corporea, ma il dualismo viene mantenuto: distinzione tra componente sensibile e spirituale. (Saussure direbbe tra significato e significante). La critica di Vico si rivolge alla concezione del linguaggio sottesa nella filosofia cartesiana; egli propone un modello pedagogico antitetico rispetto a quello proposto da Cartesio. CRITICA DEI SAPERI (DESCARTES) obiettivo INDIVIDUAZIONE DI UN METODO (raggiungere una connessione chiara e assoluta) a tale scopo ripercorre la sua biografia intellettuale formazione classica istruito nelle lettere acquisire conoscenza chiara e assoluta di quello che utile per la vita in realtà si ritrova pieno di dubbi UNICA CERTEZZA sua IGNORANZA qualità delle discipline in modo ironico TRABANT FILOSOFIA fa notare nota di sarcasmo la filosofia ci mette in grado di parlare di ogni cosa e farci ammirare dai meno dotti DESCARTES amato la NON si impara dai LIBRI ma è un DONO dichiara di POESIA dello SPIRITO ribaltava il rapporto tra MEMORIA e IMMAGINAZIONE decide di INTERROMPERE GLI STUDI comincia a viaggiare trarre profitto dall’esperienza senza esito positivo differenze di vedute tra i POPOLI Nei capitoli successivi torna a sottolineare come l’ingegno esercitato attraverso il metodo geometrico è essenziale nell’esercizio di numerose discipline d attività tecno-pratiche. Vico critica il metodo cartesiano perché si limita allo studio delle scienze naturali e questo rappresenta una insufficienza nella formazione dei giovani per quanto riguarda la dimensione morale, perché per Vico chi deve essere formato è il cittadino, la “prudenza civile”. Per Vico l’obiettivo di una filosofia non monastica (che si occupa di un solo soggetto) è capire come si comportano gli uomini in una collettività (società civile) e in quali condizioni si sono formate le società civili (la cui natura è condizionata dalle origini). Vico rivendica l’influenza delle lingue nelle loro caratteristiche specifiche sulle elaborazioni filosofiche e intellettuali e dedica un’analisi dettagliata al genio della lingua francese per mostrare che essa sia stata all’origine della nuova arte critica. Vico si pone all’interno della tradizione umanistica. l’italiano viene opposto con fierezza al francese, in quanto “lingua sempre suscitatrice di immagini”, lingua ingegnosa. Italiani popolo produttivo che hanno sempre superato tutti i popoli della terra per pittura, scultura, architettura e musica. De Nostri Temporis Studiorum Ratione obiettivo presentare NUOVI MODELLI PEDAGOGICI critica feroce degenerazione modelli pedagogici cartesiani illusioni generate raggiungere una conoscenza chiara con il minimo sforzo filosofia alla portata di tutti cartesianesimo diffuso giovani la DIMOSTRAZIONE è la chiave di in tutta cartesiani ogni VERITà EUROPA orazione divisa in 15 capitoli di tipo COMPARATIVO paragone tra studi antichi e moderni obiettivo metodo che combini i vantaggi di entrambi STRUMENTI ordine il METODO DEGLI STUDI è articolato secondo la suddivisione in SUSSIDI FINI verità per liberare la verità genuina bisogna allontanare tutti i secondi veri, i VERISIMILI errore pedagogico giovani bisogna SENSO generato dal formare COMUNE verisimile rischia di essere soffocato dal nuovo metodo critico Vico mette in rilievo svantaggi eloquenza aspetto grave porre il vero come anteriore, superiore ed estraneo ad ogni immagine corporea deleterio dal punto di vista pedagogico IMPORTANZA DELLA DIMENSIONE CORPOREA bisogna coltivare FANTASIA e MEMORIA attraverso pittura oratoria poesia sottolinea saggezza degli antichi saggi GEOMETRIA la logica di fanciulli IMPOSSIBILE studiare non possiamo studiare prodotta dall’uomo IL MONDO FISICO quello che non è prodotto (attraverso tale metodo) da noi riferimento alla METAFORA oppone il modo di discussione di FISICI (conciso) FILOSOFI (creativo) per sottolineare CARATTERE EURISTICO distingue SOTTIGLIEZZA ACUTEZZA METAFORA ricopre primo posto obiettivo della filosofia capire come si comportano gli uomini in comunità in quali condizioni si sono formate società rivendica influenza delle lingue elaborazioni filosofiche analisi dettagliata GENIO FRANCESE si pone all’interno fierezza dell’italiano e tradizione umanistica degli italiani LINGUA SUSCITATRICE DI IMMAGINI VERUM-FACTUM, ORINE DIVINO E GEROGLIFICI DEL MONDO CIVILE Vico ripercorre il cammino di dubbio e scetticismo proposto nel Discorso da Descartes per poter arrivare alla certezza del cogito. La certezza a cui, la scienza nuova di Vico, arriva riguarda il mondo storico- culturale degli esseri umani, una nozione fondamentale a questo riguardo è quella del VERUM FACTUM CONVERTUNTUR, il vero e il fatto sono convertibili, questo principio è stato introdotto da V nel 1710 in un’opera che si chiama De Antiquissima Italorum Sapientia, è un principio conoscitivo e in questa opera è riferito alla matematica e geometria e non ancora al mondo civile. La specificità di Vico, consiste nel fatto che questo principio è connesso a una forma di sapere poetico, non è il prodotto di una mente razionale ma legata ad una corporeità e passioni ad esso legati. Un principio applicato al mondo fisico, costitutivo della rivoluzione della filosofia moderna, l’obiettivo è la comprensione del mondo civile e dei procedimenti razionali messi in atto nella sua costituzione. Da un punto di vista metodologico V mantiene la metodologia costitutiva della geometria. Gli oggetti culturali sono considerati reali, per cui sono oggetti più degni dal punto di vista etico; critica i cartesiani perché si rinserrano nella propria soggettività e non tengono conto che gli esseri umani sono esseri sociali. Per comprendere meglio la nozione vichiana del verum-factum, Vico distingue diverse modalità di conoscenza: - intelligere: conoscere in modo evidente, intuitivo; la possibilità dell “’intelligere” “perfecte legere” è data soltanto da Dio. - cogitare: (pensare) l’atto di raccogliere diversi elementi, operazione specificamente umana. Oltre a questo, Davide Luglio fa una distinzione di tipo teologico, tra: - “verum creatum”corrisponde alla creazione del nostro, la cui comprensione sfugge agli esseri umani - “verum increatum” (corrisponde a ciò che le Sacre Scritture chiamano Verbo) contiene la totalità infinita delle idee da cui Dio può creare infiniti mondi. All’uomo è inaccessibile ogni verità metafisica, che non sia quella della verità rivelata che corrisponde a quella della religione cristiana. Quello che deriva è una forte enfasi sulla nozione di mens umana , come qualcosa che è limitato e che quindi è contrapposta alla mente divina che è illimitata. Vico critica i Cartesiani, dice che se ci concentra sulle idee chiare e distinte della mente umana si perde il riferimento a quella dimensione infinita che sottende ogni atto conoscitivo umano che è finito, limitato. Vico,sottolinea i limiti del sapere umano, e su questo sfondo fondamentale che ritaglia per l’azione umana un dominio in cui l’uomo padroneggia l’intero percorso di conoscenza, cioè quello della matematica e della geometria. La Verità che queste scienze permettono di raggiungere e di carattere operazionale, legato al fare; in questo senso critica e supera una concezione contemplativa del procedere matematico e geometrico. All’interno di questo contesto Vico parla della facoltà dell’ingegno, dice che: INGENIUM e INGEGNO sono termini specifici delle lingue che li hanno elaborati e intraducibili in altre, come il FRANCESE in cui ESPRIT corrisponde all’inclinazione all’analisi di questa cultura e non può tradurre ingegno. L’attività dell’ingegno punta ad una sintesi prodotta attraverso la capacità di introdurre un’unità in ciò che è separato e diverso e al tempo stesso di cogliere relazioni tra le cose. All’ingenium viene riconosciuta una funzione poetica, che assume più operazioni: -mimetica (permette di individuare somilianze e di riprodurle) -creativa (attraverso cui si creano nuovi rapporti tra le cose e si inventano nuove entità). I bambini sono capaci di stabilire connessioni analogiche e il loro linguaggio funziona attraverso una sovra estensione concettuale (tutte le donne mamma, tutti gli uomini papà). Vico ricorda che i filosofi antichi, in quanto pensatori del verum factum privilegiano il metodo induttivo. Il Diritto Universale contiene in abbozzo i principali nuclei teorici della Scienza Nuova. Scritto in latino e diviso in due volumi. La maggior parte del materiale è tratto dalla Storia romana e Diritto romano che permettono di focalizzare i principi, le origini e gli sviluppi presenti in tutti i popoli. Lia Formigari considera che la riflessione di Vico sul linguaggio ha origine da una Filosofia del diritto che vede nelle prime forme contrattuali dei Romani delle modalità simboliche non convenzionali, modalità che si affidano a gesti e rituali che devono essere osservati rigorosamente. Nel primo volume il De Uno pone in rilievo l’idea di ordine, per Vico è necessario rinvenire l’ordine che determina il percorso storico delle vicende umane; l’ordine delle cose umane è il riflesso dell’indirizzo che Dio stesso ha impresso sulla storia e sulla natura degli uomini. Condizione di possibilità di conoscenza dell’ordine è la nozione di senso comune che risiede nella mente di tutti gli uomini e che consente ad essi di comunicare tra loro. Sul piano metafisico il senso comune è la conseguenza dell’ordine eterno. Il DE UNO elabora tale nozione a partire da una prospettiva dualista che oppone il corpo e la mente e che riferisce il senso comune alla mente. Vico ricorda che la prospettiva teologico-metafisica del DE Uno gli è stata ispirata dalla lettura del DE Civitate Dei di Sant’Agostino, in particolare per quanto riguarda la concezione dell’esistenza umana come tensione verso la verità infinita e della storia dell’umanità come ritorno progressivo a Dio. La dimostrazione vichiana dell’esistenza di questo movimento circolare, si fonda su tre punti: - la conferma dei principi della storia sacra: presenta l’evoluzione della storia umana dopo il peccato originale; per Vico essa fornisce un quadro di riferimento all’interno del quale la storia sacra verrà separata in maniera netta da quella della gentilità. Nella Scienza nuova l’ebraico ha diverse caratteristiche rispetto alle lingue dei popoli gentili, ma nel De Uno l’ebraico è considerato una lingua poetica ricca di metafore come lingue antiche (greco e latino). - la definizione del ruolo della provvidenza: nella sua divina saggezza, Dio sceglie di governare il mondo umano verso una maggiore facilità ed efficacia attraverso un ordine che è intrinseco alle cose. Il motore della storia è interno alle vicende umane e se gli uomini non sono consapevoli della provvidenza che muove la storia umana, si può dire che il cristianesimo rappresenta per Vico la possibilità di avere accesso alla comprensione del senso e della verità divina, di coglier l’ordine provvidenziale. - la prova della naturalità del diritto: lo identifica con gli elementi fondamentali di una storia dell’autorità, ossia con la storia dei modi in cui l’autorità degli uomini ha tradotto l’ordine eterno nell’ordine umano. Infatti nella ricostruzione genetica che Vico propone dell’evoluzione delle società umane, l’autorità giuridica assume un ruolo fondamentale. Considera le prime forme di diritto legate alla violenza esercitata dai primi “patres” (nascita dei primi nuclei familiari). Vico individua nella formazione delle prime famiglie il nucleo sociale più originario che coincide con la stessa nascita dell’umanità. Quello che porta i patres a celebrare i matrimoni emergere di un sentimento: il pudore, Vico immagina che l’umanità all’inizio si accoppiasse sotto il cielo (venere bestiale) e poi attraverso una prima intuizione della divinità gli uomini si vergognano e celebrano i primi matrimoni e si uniscono in luoghi appartati. DIRITTO UNIVERSALE abbozzo principali tematiche presenti nella scienza nuova scritto in latino, diviso in 2 volumi maggior parte del materiale tratto storia romana diritto romano secondo LIA FORMIGARI la riflessione di Vico sul linguaggio ha origine FILOSOFIA DEL DIRITTO vede nelle prime forme contrattuali dei romani le modalità simboliche non convenzionali si affidano a gesti e rituali devono essere osservati rigorosamente primo DE UNO pone in rilievo idea di ORDINE volume percorso storico delle vicende umane per V necessario rinvenire l’ordine che determina ordine delle cose riflesso dell’indirizzo che DIO ha impresso umane sulla storia e sulla natura degli uomini condizione di possibilità conoscenza dell’ordine nozione di SENSO COMUNE consente di comunicare risiede nella mente di tutti tra loro gli uomini piano SENSO conseguenza dell’ metafisico COMUNE ORDINE ETERNO elabora tale nozione a partire da una prospettiva DUALISTA che oppone CORPO MENTE(riferisce il senso comune alla mente) la prospettiva teologico-metafisica DE UNO ispirata dalla lettura del DE CIVITATE DEI S Agostino in particolare concezione dell’esistenza umana come tensione verso la verità Logica poetica: descrive il funzionamento e l’evoluzione di tali lingue. Fa riferimento a Logos (linguaggio, ragione). Vico distingue tre tipi di linguaggio: eroi e dei (dimensione poetica), uomini (razionalità e convenzionalità). Caratteri poetici e universali fantastici. Gli uomini delle origini si esprimono attraverso caratteri poetici. Indicano corpi (fenomeni naturali) che vengono animati. Carattere dal greco “charax”: palo acuminato, strumento per incidere ciò che è coniato es. emblemi. Emblemi su blasoni, monete, stemmi. Il carattere poetico ha innanzitutto una componente visiva e tattile, e Vico fa riferimento a “gramma” e parla di caratteri come segni di scrittura. Sul piano semantico si ha una dimensione mitica, i caratteri sono elementi di una storia, di un mito. Ercole: carattere poetico, eroi politici. Orfeo: primi poeti. Achille: eroe che si impone con la violenza delle armi. Omero: poeti dei primi popoli. I caratteri sono “universali” perché si ritrovano in forme e fisionomie affini in tutti i popoli. Sono “fantastici” perché associa dimensione astratta dell’intelletto a fantasia che crea rappresentazioni particolari e concrete. LA RIFLESSIONE GLOTTOGENETICA Vico sottolinea l’importanza del Dizionario mentale comune (DMC). Nel paragrafo 32 della Scienza Nuova (1744) afferma che le tre lingue che sono state parlate nelle tre epoche “compongono il vocabolario di questa Scienza”. E nel paragrafo 34 aggiunge “è necessario per sapere la lingua con cui si parla la storia ideal eterna”, sulla quale corrono le storie di tutte le nazioni. L’esempio di una porzione di tale vocabolario è stato fornito nella Scienza Nuova prima quando Vico individua 12 proprietà dei “patres” delle prime comunità. La prima proprietà è quella di “fantasticare deitadi” seguita da quella di “fare certi figliuoli con certe donne con certi auspici divini”. Sono state definite “qualità eterne” proprie di tutti i fondatori delle prime nazioni, per questo costituiscono una lingua ideale comune. Tuttavia le diverse lingue possono compiere scelte diverse e in alcune di esse potrebbero anche comparire qualità inedite, a partire dalla mitologia greca, da figure come Ercole, Orfeo, Odisseo presupponendo che esse costituiscano un aspetto di un mito originario comune a tutte le nazioni. Dice Vico che il DMC dipende dai sensi comuni, cioè da quei giudizi senza alcuna riflessione attraverso cui la Provvidenza governa il corso storico delle nazioni secondo percorsi affini. Il DMC dimostra l’identità simbolica di tutte le nazioni e attraverso di essa l’uniformità degli istituti giuridici e delle forme politiche nello sviluppo storico. E da questa prospettiva, Vico critica la boria delle nazioni che crede che sia stato un popolo a trasmettere agli altri determinate forme giuridiche e determinati termini e concetti. I filologi hanno creduto nella gemellarità di lingue e lettere. E’ una falsa credenza che siano state create prima le lingue e poi le lettere (tali lettere non corrispondono alla scrittura alfabetici, ma caratteri poetici “corpi” che vengono animati, fenomeni naturali). Prime forme di linguaggio non pienamente articolate; dei muti e degli “scilinguati”(balbuzienti), mutolo: legato alla gestualità. Vico sottolinea la correlazione tra lingue e lettere in tutte e tre le epoche: - lingua degli dei (quasi tutta muta) - lingua degli eroi (articolata e muta) - lingua degli uomini (quasi tutta articolata, per niente muta). Vico oppone la “mutezza” alle lingue volgari del 3 periodo. Qui forma specifica di lettere dell’alfabeto formatesi dopo che furono fondate le nazioni. Tuttavia tra alfabeto (invenzione tarda) e lingue volgari ( Vico chiama parlari convenuti) c’è una relazione di gemellarità, in quanto condividono la dimensione astratta della linguistica. LE TRE LINGUE: PROSPETTIVA GENETICA E FUNZIONALE? La tesi vichiana non spiega come sia possibile il passaggio dall’una all’altra lingua, cioè come le facoltà simboliche umane (prime due epoche) possono evolvere dalla dimensione degli universali fantastici dell’epoca divina ed eroica a quella delle lingue della terza epoca caratterizzata da capacità logico-astrattive. Vico considera la genesi delle tre lingue contemporanea così come lo è quella di lingue e lettere: …”nello stesso tempo in cui si formò il carattere divino di Giove (il primo!) cominciò a formarsi la lingua articolata con l’onomatopea, con la quale osserviamo spiegarsi felicemente i fanciulli”. Si possono dunque considerare le tre lingue anche in una prospettiva funzionale come diverse modalità simboliche che interagiscono fin dall’inizio e di cui nel corso del tempo si invertono le proporzioni. All’inizio più gestualità ed espressioni non articolate, poi parlari convenuti caratterizzati dalla razionalità astratta. Nell’ultima epoca i parlari precedenti non vengono aboliti ma, tuttavia introduce una modalità astrattiva che modifica le lingue anteriori. Vico usa l’esempio del concetto di ira, che si manifesta in maniera particolarmente accentuata nei popoli delle origini, di cui viene più volte sottolineata l’estrema passionalità. Il termine astratto “ira” si genera per contrazione dell’immagine corporea…“mi bolle il sangue nel cuore”, espressione composta da termini che richiedono capacità astrattiva. Tuttavia Vico coglie un elemento importante…se riportato alla condizione di lingua mutola “mi bolle il sangue nel cuore”, può essere identificato con una comunicazione gestuale che riproduce l’idea di ira. Inoltre se le tre lingue coesistono dalle origini, dalle origini ci saranno anche termini generali. Ruolo delle figure retoriche nella glottogenesi. I due punti essenziali della “Logica poetica” sono: - la definizione di logica: dalla voce logos, prima significò favola, poi si trasportò in italiano favella, e la favola dai greci si disse mythos, poi coi latini mutus, la quale nei tempi mutoli e poi mentale, logos (idea, parola). - la lingua mutola: indica una situazione di carenza fisica e cognitiva e una corrispondente difficoltà ad articolare voci. Da un punto di vista biologico, gli uomini dell’infanzia del genere umano possedevano organi vocali poco duttili, non predisposti all’articolazione fonetica. La prima lingua è il risultato di una carenza fisica e di un difetto psichico. Poiché «gli uomini gentili non sapevano ancora articolar la favella» iniziarono ad esprimersi mediante un linguaggio visivo. Dalle proposizioni della Scienza nuova emerge che i significanti delle lingue mutole sono cenni, atti e corpi: oggetti del mondo che i primi uomini adoperavano come parole reali. Per comprendere cosa Vico intendesse per parole reali useremo un esempio impiegato più volte dall’autore. Egli narra l’episodio del re Dario e del re Idantura. Idantura, re di Scizia, rispose a Dario il maggiore che gli aveva intimato la guerra con cinque parole reali: una ranocchia, un topo, un uccello, un dente d’aratro ed un arco da saettare. La ranocchia significava ch’esso era nato dalla terra della Scizia, come dalla terra nascono, piovendo l’està, le ranocchie, e sì esser figliuolo di quella terra. Il topo significava esso, come topo, dov’era nato aversi fatto la casa, cioè aversi fondato la gente. L’uccello significava aver ivi esso gli auspìci, cioè, […], che non era ad altri soggetto ch’a Dio. L’aratro significava aver esso ridutte quelle terre a coltura, e sì averle dome e fatte sue con la forza. E finalmente l’arco da saettare significava ch’esso aveva nella Scizia il sommo imperio dell’armi, da doverla e poterla difendere. I primi uomini, «mutoli additando», si spiegavano attraverso quello che Vico definisce un «parlar con le cose». Essi non erano ancora in grado di articolare il linguaggio. Il loro modo di esprimersi, conforme ai propri bisogni, consisteva nell’additare oggetti del mondo reale o nel compiere un gesto col proprio corpo39 affinché, mediante queste operazioni, qualcosa - o gli oggetti del mondo fisico o il proprio corpo - significasse naturalmente l’idea che essi volevano esprimere. Essi parlavano mediante un uso comunicativo dei corpi che costituiva il punto di partenza per una relazione con la realtà. La dimensione metaforica precede quella letterale. Metafora e gli altri tropi (aggiunta di un testo nuovo a commento) derivano dall’atto di simbolizzare a partire dagli eventi, trasferendo su oggetti i significati (parole reali). Lingua delle origini: i Tropi (metafora, metonimia, sineddoche, ironia). I Tropi: prima attribuzione di senso alla realtà, prima forma di lingua. Sineddoche: «ricevere insieme» è una figura retorica simile alla metonimia (a volte risulta arduo distinguerle), che però si basa su una relazione di carattere qualitativo, e non quantitativo, tra i due termini. Metonimia: con significato "scambio di nome" è una figura retorica che consiste nella sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo una relazione di vicinanza, attuando una sorta di trasferimento di significato. Metafora: «io trasporto» è un tropo, ovvero una figura retorica che implica un trasferimento di significato.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved