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videolezioni MLAS RAGONE, Appunti di Storia Dei Media

videolezioni MLAS RAGONE 2018/2019

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/12/2019

f.bald
f.bald 🇮🇹

4.6

(9)

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica videolezioni MLAS RAGONE e più Appunti in PDF di Storia Dei Media solo su Docsity! Videolezione MLAS 1 I principi generali per interpretare la letteratura e le arti da un punto di vista mediologico sono teorizzate da McLuhan e anche prima degli anni Sessanta. Egli tenta di rispondere a: qual è senso dell’operazione artistica, qual è la funzione delle arti? La sociologia ha un orientamento funzionalista; i communication studies ne studiano il funzionamento comunicativo, i cultural studies ha un orientamento più antropologico. Le risposte di queste tre tradizioni teoriche si somigliano: le arti sono delle istituzioni, complessi organizzati di azioni sociali che interagiscono con altre istituzioni e complessi organizzati. Idea, questa, coerente con la visione linguistica dello sviluppo della cultura che a partire dai formalisti russi (all’inizio del ‘900) si è affermata, secondo cui la cultura è un fascio di linguaggi che si sviluppa. La sua evoluzione è possibile comprenderla attraverso discipline specializzate, delegate a comprendere le forme dell’arte figurativa, letteraria ecc. per capire le dinamiche dell’evoluzione possono essere analizzati le testimonianze di attori, o dei gruppi sociali (intellettuali ecc.). McLuhan in Gutenberg Galaxy (1962) e Understanding media (1964) disegna un’evoluzione dinamica e drammatica dell’evoluzione culturale. Secondo McLuhan il medium artistico assume una vocazione precisa per le soggettività, gli individui e le società nel suo insieme. La prima tesi della mediologia delle arti e della letteratura è che le arti sono media votati a contrastare l’anestesia che colpisce individui e culture nella mediamorfosi. Per mediamorfosi l’evoluzione dell’ambiente mediale/culturale; l’anestesia è quella sorta di torpore, di auto-atrofizzazione del sensorio, di carattere difensivo, che succede a un primo stadio di euforia ad ogni passaggio evolutivo che “estende” uno dei nostri sensi attraverso le tecnologie della comunicazione. La funzione delle arti, secondo McLuhan, è dunque strategica, difficilmente sostituibile: risvegliando correnti di consapevolezza, stati di coscienza attivi (o anche conflittuali, ma proprio per questo plastici e adattivi), esse rendono sostenibile il conflitto intrapsichico, e reversibile la conseguente anestetizzazione che si genera a causa della difficoltà di adattamento ad un ambiente mutato. Una difficoltà che affligge il corpo- mente del soggetto e la cultura nel suo insieme. Ad esempio: noi siamo la quarta grande rivoluzione della comunicazione (dopo quella lenta e maestosa della scrittura tra VII e IV secolo a.C; la stampa tra XV e XVII secolo; e le metropoli con l’invenzione, la scoperta e l’applicazione dell’energia elettrica che rende possibile la comunicazione simultanea: riemerge l’immaginario e l’aspetto audio/tattile della comunicazione): quella dell’informatica applicata alla comunicazione. Cambia il modello di produzione, l’economia, la cultura, la società, poiché al centro di questo modo di comunicare globale c’è la possibilità per molti di poter contribuire alla comunicazione con sistemi reticolari. Questo genera euforia ma anche sprofondamento di intere aree del mondo e avanzata di altre. D’altronde, anche quella dei mass media è una logica dove lo squilibrio è evidente tra chi produce (le grandi major) e chi consuma (il pubblico). Ciò genera anche schizofrenia e impossibilità di governare la dinamica interattiva di dominare il conscio e l’inconscio della nostra psiche. Le arti sono dunque elementi di rottura, di shock, di interruzione delle regole della percezione della cultura normalmente vigenti. La mediologia dice di più: esse sono un contromabiente mediale, costruito cioè inventando ogni volta un nuovo medium (ossia un mezzo di trasporto da un’esperienza umana ad un’altra). Per McLuhan, dunque, l’operazione artistica (inclusi ovviamente letteratura, poesia, romanzo) è un medium, e come ogni medium traduce una struttura dell’esperienza umana in un’altra. Questo trasporto, fisico e virtuale al tempo stesso, è il suo senso implicito, metaforico. Videolezione MLAS 2 L’opera d’arte per McLuhan si struttura su tre livelli. Il primo è il livello tecnologico: l’opera d’arte è una specifica tecnologia della comunicazione artistica creata e/o adattata per una specifica operazione metaforico-mediale. Essa comporta una più o meno intensa attività di interpretazione, di selezione e di individuazione dell’ambiente, capace di darne una nuova versione possibile (dell’ambiente); il secondo è il livello mediologico: ogni opera tende a funzionare come nuovo medium, poiché l’operazione artistica è comunicazione al suo grado massimo; il terzo è il livello metaforico: l’opera d’arte è produzione attiva e almeno in parte originale di nuova forma, immaginario ed esperienza (soggettività), che rigenerando e trasferendo altre forme, immaginari ed esperienze cambia a sua volta l’ambiente e la soggettività stessa (la psiche, l’anima, la cultura, la memoria vivente). Il carattere specifico del medium artistico consiste nella creazione di controambienti o controcampi, conoscitivi/creativi, che lavorano sulle strutture e le figure della cultura e ne generano altre. Si tratta di luoghi dove è possibile compiere esperienze di particolare valore simbolico, per le comunità e gli individui che li utilizzano come tecnologie del sé. Attraverso l’arte si passa dal torpore alla consapevolezza, naturalmente in modi e gradi diversi. Ogni arte poggia su una specifica struttura tecnologica. La letteratura, per esempio, crea il suo contro ambiente con la parola più che con la scrittura e la lettura; di qui deriva una sua grande versatilità nei sistemi di ibridazioni con gli altri media. La parola infatti riesce a ri-mediare tutti i sensi, creando attraverso la lingua ogni tipo di immaginazione (visiva, auditiva, tattile ecc.). La superiorità della letteratura rispetto alle altre arti è durata a lungo, a causa dei limiti fisici cui la rappresentazione visiva era costretta, fino alla diffusione su grande scala della riproducibilità meccanica di oggetti fissi e a quella elettromeccanica di immagini in movimento e di suoni, e fino all’invenzione dei media simultanei elettrici (la radio e la televisione); la letteratura ha avuto anche un forte vantaggio sull’altra tecnologia basata sulla parola, ovvero il teatro, per due millenni e mezzo proprio per i limiti della durata della performance spettacolare e per le difficoltà organizzative della messa in scena (in entrambi i casi sono ancora limiti fisici). Il momento in cui si inizia a capire come la potenza dell’immagine può sovrastare la potenza della parola è l’Ottocento nella metropoli. Già a partire dai viaggi interiori e fantasmatici di Baudelaire e Poe e dalla totalità dello spettacolo wagneriano le arti della parola sembrano progettare e anticipare le nuove tecnologie della comunicazione e l’arrivo del cinema. Terza sequenza (= successiva quartina “quando…”): prima componente: visione della sensazione dello stare in una vasta prigione, e in parallelo: le linee della ragnatela che i ragni tessono nel nostro cervello, che sono come le linee della pioggia. Quarta sequenza (= successiva quartina): non sappiamo se siamo sopra la terra o nel carcere della terra (e del nostro cervello) ma sentiamo l’esplodere delle campane associabile al gemere d’anime senza dimore. Linea bianca associata alla mancanza, alla morte, al silenzio. Quinta sequenza: sequenza del funerale stesso del soggetto. Senza tamburi, senza musica i funerali sfilano nel cuore del soggetto. La speranza piange. L’angoscia ha vinto sulla speranza, infilzandomi il cranio col suo vessillo. • Fabula: Da un punto di vista semiotico di base dobbiamo porci le domande classiche: qual è la storia che ci viene raccontata (ogni testo ha una dimensione narrativa). La storia è quella di una soggettività predata da immagini allucinatorie che gli fa perdere ogni speranza e vincere dall’angoscia. • Intreccio: Interessante è il modo in cui Baudelaire ha disposto in un preciso intreccio gli elementi di questa storia: abbiamo tre successive visioni: una visione di cielo, una visione di terra che sprofonda, e una visione di pioggia e cervello popolato da ragni. Il vivere queste tre visioni determinano un’esplosione di campane, cui segue la morte del soggetto. Le immagini paradigmatiche sono cinque/sei, e il lettore le percepisce simultaneamente come un unico tormento allucinatorio. La prima immagine allucinatoria è quella del cielo oppressivo, in cui sono descritti stati dell’ambiente e sensazioni coerenti l’una con l’altra. Nel passaggio dalla prima alla seconda sequenza è la metamorfosi dall’essere sotto il cielo, all’essere sprofondati in una cella sotterranea. È la terra che si è mutata. Prima presenza è il pipistrello, metafora della speranza. Iconologia nuova perché il pipistrello viene associato a qualcosa di negativo. Elemento liquido: liquefazione della testa: nei nostri cervelli i ragni tessono fili come pioggia. Compare per la prima volta il “NOI”: questa poesia mette in rapporto l’io con il noi, che avvertiamo questa sensazione di perdita del controllo, di liquefazione del cervello. Perdiamo la capacità di controllare il mondo, e perdiamo il nostro IO, divenendo NOI. Nella quarta sequenza abbiamo l’iperestesia: tutte quelle sensazioni avvertite precedentemente, diventa un frastuono di campane, un urlo terribile di anime morte: iperacusia. Non molti anni dopo, Munch dipingerà il suo celebre urlo. Diretta influenza di Baudelaire e dello spleen (che già avvertiamo dalla prima sequenza). Nella quarta sequenza non abbiamo più l’immagine della metamorfosi, ma torna la similitudine: il frastuono delle campane viene associato al gemere delle anime. Rigo bianco che indica il silenzio della morte. E poi, la Speranza (non più pipistrello) piange e l’Angoscia (come un cavaliere nero) mi ammazza definitivamente. C’è anche l’idea di questo combattimento perso. Questa struttura di tipo percettivo (tecnologia della percezione) traduce dunque questa metafora data dalla metamorfosi, dalla liquefazione e dall’iperacusia contrapposta al silenzio tombale diventa un unico sistema: il cervello-prigione con i ragni. Immagini che si traducono in senso tattile, in senso sonoro. La soggettività è plurima: Io-Noi. L’ambiente è iniziato come un ambiente di tipo cosmico (ognuno di noi può stare sotto questo cielo e sentirlo basso, greve), e poi si trasforma subito in prigione e in un cranio ferito. Il tutto genera un sentimento generale cupo, allucinatorio, sofferente. E questo spiega la vittoria dell’angoscia. Videolezione MLAS 4 Il filosofo e sociologo Edgar Morin in L’industria culturale (L’esprit du temps – Lo spirito del tempo) del 1962 si era accorto per primo che oltre la cultura di tipo primario (nozioni fondamentali che apprendiamo con gli amici, col mondo esterno, coi genitori) e la cultura secondaria (quella che apprendiamo con l’istruzione e soprattutto con la scrittura), agli individui è propri una terza cultura: la cultura del consumo, la competenza sui linguaggi del consumo, e cerca di capire quali sono gli elementi per comprendere questi linguaggi. Essi sono nati con la metropoli, e dunque sono utilizzabili per leggere anche i testi di Baudelaire (definito da Benjamin come “poeta della metropoli”, anticipando di una generazione la consapevolezza della vita metropolitana e per questo non venendo compreso dai contemporanei). Edgar Morin elabora dunque delle categorie per studiare la cultura del consumo, che possiamo utilizzare per analizzare la poesia di Baudelaire: • La prima categoria riguarda il ritmo: ogni opera d’arte ha un ritmo che non è indifferente, perché il nostro vivere ha un ritmo (quello del contadino è diverso da quello del cittadino ecc.). il ritmo cambia da un ambiente ad un altro, da un’epoca ad un'altra, da un’opera ad un’altra. Qual è il ritmo di questa poesia? Sicuramente questa poesia è figlia della versificazione classica francese, ossia della capacità del verso francese di essere estremamente avvolgente nella sua classicità: il ritmo mantiene la sua ciclicità, la sua maestosità. Questo ci rinvia ad una musicalità ciclica, epica, che troverà la sua massima espressione in Wagner. Ci sono alcune accelerazioni: trasporto del ritmo romantico dentro un ambiente metropolitano (confuso, privo di continuità). • La seconda categoria riguarda archetipi e stereotipi: Morin sostiene che i linguaggi del consumo sono basati fondamentalmente su riuso costante di stereotipi, che raramente riescono ad essere trasformati in archetipi. Marilyn Monroe è un archetipo perché attorno a lei si è addensata un’aura costruita dall’industria culturale, ma milioni di altri elementi che vediamo costantemente nell’industria del consumo sono ancora stereotipi. Nella poesia di Baudelaire gli stereotipi non ci sono, e si lavora quasi solo per archetipi: il cielo basso, l’eterno tedio, la tristezza nera, la cella umida (che viene rinnovata come figura dalla terra sprofondata e dal timido pipistrello), le linee della pioggia (rinnovata dall’idea di essere vasta prigione), il popolo di ragni (rinnovato dal suo trasporto nel cervello), le campane urlanti, le anime senza pace, il funerale silenzioso (rinnovato dall’archetipo dal fatto di essere senza audio), la speranza piangente (rinnovato dall’Angoscia che infilza il vessillo nero). Baudelaire dunque prende gli archetipi e contemporaneamente li rinnova spostandoli in altri ambienti o sottoponendoli alla metamorfosi. Poesia ad alta densità archetipica e gioco costruito su questo. Questo ha a che fare con gioco costruito della letteratura sulla mitologia. • La terza categoria riguarda le mitologie: la mitologia da cui Baudelaire prende i suoi archetipi è la mitologia romantica, sottoposta attraverso il gioco ad uno spostamento nell’ambiente della metropoli, luogo in cui la speranza romantica è stata azzerata in una condizione di atomia, di silenzio e di morte dopo l’iperacusia. • La quarta categoria riguarda la semiosi: Morin distingue una semiosi fatta per immagini e una semiosi fatta per elementi logici o dialogici. Un cartellone pubblicitario corrisponde al primo tipo di semiosi, un saggio di geometria al secondo. Qui siamo nel primo tipo di semiosi: tutto è fatto per immagini. L’associazione avviene su base analogica, per analogia tra immagini (come spesso avviene nella poesia e nell’arte). La nostra memoria non ricorda per elementi di tipo logico-analitico bensì per immagini: imparare a leggere e scrivere è un’attività innaturale perché il nostro cervello lavora per immagini. Nella poesia si privilegia questa base fondamentale che ha molto a che fare con l’inconscio della memoria di tipo associativo. Il testo in prova, viceversa, combina i due tipi di semiosi (romanzo o giornale). • La quinta categoria riguarda il sincretismo dei media e degli archetipi/miti: i linguaggi del consumo sono, secondo Morin, sincretici. Essi lavorano costantemente a mettere insieme più media o più archetipi o più sistemi percettivi. Sincretismo e sinestesia dal punto di vista dei sensi. Questa poesia lavora molto sul sincretismo e sulla sinestesia dei sensi, che ce li fa avvertire nella loro massima espressione iperestetica e sinestetica, fino al rovesciamento di tutto ciò. Più si combinano questi sensi mescolandosi l’uno sull’altro, più si rischia la morte dei sensi stessi. • Impatto emozionale: Per questo l’impatto emozionale di questa poesia è naturalmente altissimo. Anche la pubblicità deve generare un impatto emozionale. • Vettori di rischio (prevalenza di semi-catastrofe o di catastrofe): secondo Jurij Lotman e Morin ogni azione, espressione e linguaggio della cultura si situa in un certo modo nel trattamento della catastrofe. Lotman distingue tra catastrofe e semi-catastrofe sostenendo che le regole di una cultura data lavorano summa semi-catastrofe, cercando di ridurre qualche evento difficile da affrontare trattandolo come semi-catastrofe, e cioè come qualcosa di risolvibile col lieto fine. Le arti invece cercano di utilizzare l’angoscia, l’ignoto, in termini di catastrofe, che è irrimediabile. È una rottura. La poesia di Baudelaire è una poesia sulla catastrofe insita nel vivere quotidiano mentre il testo sullo yogurt è parodisticamente un tentativo di mostrare la catastrofe come semi-catastrofe. • Vettori pubblicitari (iperbole, di eros, familiarità e straniamento): vettore di familiarità è per esempio l’immagine della colazione di famiglia. Budelaire utilizza l’inaspettato, l’assolutamente inaspettato ed è invece completamente estraneo l’erotismo perché qui l’arte sta indagando la morte. • Di fronte ad un testo artistico bisognerebbe sempre chiedersi che cos’è bellezza in questo testo. • Metafore: possono essere di tipo figurale e di tipo strutturale. In questo testo di Baudelaire sono tutte metafore figurali (cielo, prigione, pipistrello), cioè sono la figurazione di qualcosa. Allo stesso
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