Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

violenza sulle donne, Dispense di Sociologia

Elaborato che tratta lil tema della violenza sulle donne da un ponto di vista sociologico e del diritto.

Tipologia: Dispense

2019/2020
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 27/10/2020

virginia287
virginia287 🇮🇹

4.7

(13)

21 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica violenza sulle donne e più Dispense in PDF di Sociologia solo su Docsity! LA VIOLENZA SULLE DONNE Secondo i dati dell'Istat, il 31,5% delle donne italiane tra 16-70 anni durate la loro vita hanno subito un qualche tipo di violenza fisica (20,2%) o sessuale (21%), ed il 5,4% è stata vittima di stupro o di tentato stupro. Le forme più gravi di violenza vengono esercitate da partner ed ex-partner, sopratutto quelle fisiche, e da parenti o amici. La violenza sulle donne è un fenomeno che interessa tutti i ceti sociali e che tocca tutti i paesi del mondo, dove più, dove meno, ma questo tipo di violenza si è diffuso come una sorta di pandemia. Non si limita a coinvolgere soggetti poveri, con problemi di dipendenza da alcol o a persone frustrate, anche il più agiato degli uomini può arrivare ad assumere atteggiamenti violenti e discriminatori. Per approcciarci ad un fenomeno di tale portata va dunque presa in considerazione l'epoca in cui ci troviamo e come cambia quindi la concezione di tali violenze, come le persone reagiscono a tali ingiustizie: se le tollerano o se ne sono profondamente addolorati e colpiti e se quindi applicano a livello sociale per mettere fine alle violenze domestiche e non solo. Purtroppo tutt'ora ci sono individui che continuano a considerare la donna un essere subordinato alla figura maschile e da cui dipende durante la sua vita. Gli stereotipi sono ciò che permettono di continuare a sostenere una mentalità come quella precedentemente analizzata, finché ci saranno persone che credono nella figura della “donna- mamma”, la figura femminile continuerà ad essere oggettivata, sminuita e abusata, non solo dall'uomo responsabile della violenza, ma dalla società stessa. La storia vuole la sua parte riguardo all'argomento trattato, certe antiche tradizioni hanno influito e autorizzato determinati atteggiamenti verso il genere femminile. In Italia anche la religione ha avuto un ruolo determinante perché giustificava il fatto che la donna venisse sminuita e dovesse sempre far riferimento alla figura maschile, prima al padre e poi al marito. Ciò faceva si che non acquisisse una vera indipendenza durante la sua vita, ma al contrario era vista esclusivamente come colei la quale caratteristica principale ed il quale scopo era di gestire la casa e badare alla prole; proprio per questo far finta di niente e l'accettazione a livello sociale di tali discriminazioni verso la donna ha fatto si che questi valori rimanessero radicati nella società per tanti, troppi anni. L'ordinamento giuridico del nostro paese ha permesso tutto ciò riportando negli articoli della costituzione giustificazioni a violenze semplicemente ingiustificabili. Il 1 gennaio 1948 entra in vigore l'attuale Costituzione, prettamente democratica e votata, al contrario dello Statuto Albertino (del 1848, Statuto Fondamentale della monarchia dei Savoia, i tre poteri spettavano al Re ed era flessibile, ovvero modificabile con una semplice legge ordinaria), che andò a sostituire. La nuova Costituzione prevede l'art. 29 cost., che è stato fondamentale per la successiva presa di coscienza riguardo alla violenza sulle donne, infatti sancisce che: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.” Negli anni successivi all'entrata in vigore del nostro ordinamento giuridico e quindi delle leggi che lo compongono, sono state abrogate delle norme che davano il “via libera” alla discriminazione ed alla violenza sulle donne. Fondamentale è prendere in considerazione lo Jus Corrigendi (art. 571 c. p.), è stata la prima norma ad essere abrogata, di conseguenza il potere educativo e correttivo del padre sul resto della famiglia, esercitato anche attraverso le percosse e l'uso della forza, veniva annullato nel 1956. Si ha poi un'altra importante svolta tra il 1968 ed il 1969, quando venne dichiarato costituzionalmente illegittimo quell'articolo che puniva elusivamente l'adulterio commesso dalla donna nei confronti dell'uomo. Una decina di anni dopo all'abrogazione dell'ultimo articolo preso in considerazione, in Italia, venne rivista la concezione che si aveva della famiglia e della gerarchie al suo interno, per avviarci verso un modello dove moglie e marito, finalmente venivano posti sullo stesso piano dalla legge. La questione più complessa sul piano degli articoli che discriminavano la figura femminile si ha esaminando l'articolo 587 c. p., ovvero quello che riguardava il delitto d'onore. Si tratta di un reato che veniva commesso per riparare la reputazione di una famiglia, o di una donna, che era stata messa a repentaglio ed insabbiata a seguito di un comportamento altrui ritenuto sbagliato e disonorevole. Interessava quindi l'ambito delle relazioni amorose. Venne poi abrogato nel 1981. Determinata legge era prevista per colui di genere maschile che causava la morte della propria moglie, figlia o sorella, nel momento in cui veniva a conoscenza di una relazione illegittima, di tipo carnale, e si trovava in uno stato d'ira causato dalla scoperta fatta che metteva a repentaglio il suo onore o quello della sua famiglia. Veniva punito con la reclusione dai 3 ai 7 anni; stessa pena veniva inflitta a colui che nelle medesime circostanze,del caso analizzato precedentemente, causava la morte del soggetto complice della relazione illegittima compiuta dal coniuge, dalla sorella o dalla figlia. Nel caso in cui non arrivava ad uccidere i soggetti a causa della sua ira, ma si limitava a provocare una lesione personale, la pena veniva ridotta ad 1/3, se la lesione inflitta causava poi la morte dell'individuo la pena era da 2 a 5 anni di reclusione. Questo reato si basava su motivi prettamente soggettivi, in quanto le vittime potevano essere il coniuge, la sorella o la figlia. Gli unici a poter commettere il delitto d'onore, senza che venisse considerato un omicidio ordinario, erano l'altro coniuge, il genitore o il fratello della vittima. Di conseguenza non a tutti era permesso commetterlo. Viene denominato reato proprio, appunto perché era concesso a chi aveva un determinato rapporto di parentela con la vittima. Era un delitto a forma libera, perché poteva essere commesso con qualsiasi mezzo, utilizzando quindi ogni tipo di arma. Analizzando sotto quale aspetto è ritenuto decisamente discriminatorio, notiamo che: autorizzava entrambi i coniugi a commetterlo, anche se la donna quasi mai si spingeva tanto oltre... la figura femminile veniva discriminata e sminuita dando meno importanza al valore della sua vita e riducendo la pena dell'assassino al minimo. Nel momento in cui all'interno dell'articolo si parla della sorella o della figlia, il carnefice non poteva appellarsi al delitto d'onore nel caso in cui avesse causato la morte di un fratello o di un figlio maschio trovato in situazioni compromettenti. Per poterlo considerare delitto d'onore, dovevano esserci delle condizioni, quali: trovare i soggetti in piena flagranza, e che da ciò scaturisse lo stato d'ira, determinato e derivante dalla lesione all'onore; era molto difficile da dimostrare e alquanto discrezionale, la motivazione era quindi prettamente soggettiva. Come abbiamo notato dall'analisi di ciò, già nei secoli scorsi le donne venivano sminuite, oggettivate e considerate motivo di disonore. Conseguentemente all'abrogazione di tale articolo venne meno anche la questione le “matrimonio riparatore”; veniva utilizzato nel momento in cui colui che violentava una minorenne acconsentiva a sposarla per riparare il suo onore e quello della famiglia. Molto interessante è l'analisi del caso di Franca Viola, ragazza siciliana che all'età di 15 anni si era fidanzata con Filippo Melodia, proveniente da una famiglia benestante, ma nipote di un mafioso. Il padre di lei dopo che il ragazzo era stato accusato di furto e di appartenenza a banda mafiosa decise che i due giovani dovevano rompere il loro fidanzamento ed allontanarsi. Filippo dopo aver scontato la sua pena era tornato a cercare la ragazza, minacciando il padre con metodi mafiosi fino a puntargli contro un'arma da fuoco. Bernardo Viola, il padre, non cede alle minacce. Il 26 dicembre 1965 Filippo Melodia ed i suoi compari irrompono nella casa di Franca, picchiano la madre e distruggono tutto ciò che incontrano sulla loro strada, rapiscono la giovane e con lei il fratello minore che cercava di proteggerla. Lui verrà poi rimandato a casa. Franca viene sequestrata e lasciata digiuna per giorni e successivamente l'ex-fidanzato aveva abusato di lei. Il 6 gennaio 1966, la polizia riesce a liberarla, ma Filippo riponeva le sue speranze nel “matrimonio riparatore”, che all'epoca in casi come questo veniva applicato nella maggior parte dei casi, evitando la caduta in disgrazia della famiglia. Questa mossa lo avrebbe
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved