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VIRGILIO, BUCOLICHE, GEORGICHE: ANALISI CON COMMENTO DI ALCUNE PARTI DEI LIBRI (ELENCATI CON PRECISIONE IN DESCRIZIONE), Appunti di Latino

ARGOMENTI TRATTATI: BEATI I CONTADINI (Georgiche II 458-474; 503-540)- LA DOPPIA MORTE DI EURIDICE (Georgiche IV 453-503)- L’IDILLIO OLTRE LA GUERRA ( Bucoliche I 46-83),RITORNA L’ETA’ DELL’ORO (Bucoliche IV 1-45),IL LAVORO: UNA FATICA VOLUTA DAGLI DEI (Georgiche I 121-159),LA PUNIZIONE DI ORFEO ( Georgiche IV 504-530).

Tipologia: Appunti

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jennifer-piergallini-1 🇮🇹

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Scarica VIRGILIO, BUCOLICHE, GEORGICHE: ANALISI CON COMMENTO DI ALCUNE PARTI DEI LIBRI (ELENCATI CON PRECISIONE IN DESCRIZIONE) e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! BEATI I CONTADINI Georgiche II 458-474; 503-540 Si tratta della sequenza conclusiva del secondo libro. È un brano fondamentale per comprendere bene Virgilio, il suo animo, la sua poesia. La contrapposizione tra la vita di campagna e la vita di città era già un tema piuttosto diffuso sia nella prosa filosofica greca sia nella letteratura ellenistica che nella letteratura dell’età augustea. Virgilio dipinge le preoccupazioni e le occupazioni di chi non vive in campagna mentre la vita agreste e campestre è presentata dal poeta in maniera idillica. Questa visione idillica sembra quasi contrastare il discorso sul labor improbus, la visione del lavoro duro e incessante dell’uomo che caratterizza il primo libro delle georgiche. Abbiamo la fusione di due temi: il tema del lavoro e il tema della natura rigogliosa e benevola che premia gli sforzi dell’agricoltore. Ci sono riferimenti alla società arcaica latina, patriarcale. Un altro è il tema della guerra → le lotte suscitate dalle passioni, dall’avidità e dalle ambizioni ( riferimento alle guerre civili). Un altro tema ancora è presente in particolar modo nella seconda parte del brano è il tema della patris molto presente in Virgilio. È un tema che riaffiora nell’età dell’oro, età di Saturno, nelle antiche tradizioni latine con Romolo e Remo, antiche tradizioni Sabine. Nono libro dell’Eneide= tema della patria. L’esaltazione della vita nei campi è infatti in antitesi rispetto alla vita cittadina e, nella seconda parte del brano, esce vincente dal confronto tra diversi stili di vita. Agli affanni del commercio, della politica attiva e della guerra si contrappongono le gioie semplici del contadino, sebbene lontano da ogni preoccupazione civile. Il contadino finisce per incarnare gli ideali più profondi della propaganda augustea: laboriosa operosità, senso della famiglia e devozione verso gli dei tradizionali, in un mondo pacificato, lontano dalla follia della guerra. Virgilio ci propone una visione bucolica della campagna e la natura che offre quasi spontaneamente i propri frutti, assume una forma idilliaca del locus amoenus. LA DOPPIA MORTE DI EURIDICE Georgiche IV 453-503 Libro quarto=apicoltura. Api= Elemento bucolico emblematico. Fin dalla prima ecloga delle Bucoliche ai versi 53-55 abbiamo già un’immagine di una siepe ronzante che induce al sonno al pastore. Api nell’Eneide= utilizzate come termine di paragonate alle attività umane in varie similitudini. Nelle Georgiche descritte come un popolo. Descrive i luoghi ameni dove si vano a collocare gli alveari, parla delle attività delle api. Il regno delle api assume un valore emblematico, il valore di una città stato modello. Esso ha una perfetta organizzazione, si regge sulla disciplina, sulla collaborazione , sull’operosità e per questo diviene il modello. Il mondo delle api diviene, appunto, la proiezione dello stato Romano ideale sognato da Virgilio. Uno stato nel quale tutte le vicende, anche dolorose, poi finiscono per annullarsi, per trovare un equilibrio e anche nell’eternità della stirpe Romana→ anche la stirpe delle api è eterna. Alla conclusione dell’opera abbiamo il Sigillo e poi nella parte finale del quarto libro. Virgilio inserisce un mito eziologico, cioè il mito che dovrebbe spiegare l’origine della bugonia, ossia di quel prodigioso fenomeno per cui avviene la rigenerazione delle api dalla carcassa di un animale morto, di un vitello sacrificato. Con la tecnica d’incastro tipicamente Alessandrina nella storia del pastore Aristeo si inserisce l’episodio di Orfeo ed Euridice. Questo episodio parla, appunto, si narra che il pastore Aristeo, il cui sciame è stato colpito da una moria, si rivolge alla madre che è la ninfa Cirene la quale lo invia presso l’indovino Proteo che vive nel mare. Proteo narra il mito di Orfeo e di Euridice. La moria delle api è causata dall’ira di Orfeo per la morte della sua sposa Euridice, morte che è stata provocata dal pastore Aristeo, infatti la donna fuggendo inseguita da Aristeo era stata morsa da un serpente mentre, appunto fuggiva e Orfeo aveva provato a riportarla in vita scendendo nell’Ade. La follia di Orfeo, chiamata da Virgilio “dementia”, gli fa perdere definitivamente la sua Euridice e questo episodio scaturisce una morale. Il suo comportamento è condannabile: Orfeo disobbedisce alle leggi divine, al divieto di voltarsi per guardare Euridice. Può essere considerato un modello negativo di comportamento. Virgilio esprime anche pietà e compassione per Orfeo: la follia di Orfeo era degna di perdono. COMMENTO Qui a parlare è Proteo, indovino che spiega ad Aristeo la moria delle api. È un racconto che riguarda Aristeo il pastore: si tratta di un epillio di carattere mitologico. “Non te nullius exercent numinis irae; magna luis commissa: tibi has miserabilis Orpheus haudquaquam ob meritum poenas, ni fata resistant, 455 suscitat et rapta graviter pro coniuge saevit.” Virgilio riporta il mito e sin dall’inizio del poemetto si deduce che Orfeo infelice delira (saevit), per la morte della sua amata, per averla perduta. La natura partecipa al dolore di Orfeo: le ninfe, i monti. Gli elementi naturali sono personificati e hanno compassione . La natura in Virgilio è sempre partecipe dello stato d’animo del protagonista o dei protagonisti. Quindi lui piange e canta e questa è la sua caratteristica. È un canto elegiaco, un canto per la sofferenza, per il dolore, per la perdita di qualcuno. È un canto elegiaco che come si vede poi dal finale non è un canto che sortisce un effetto ma rimane fine a se stesso se non fosse poi però che la bellezza del canto sopravvive al tempo. È un canto che alla fine sembra risolvere certe situazioni perché: convince gli dei ad aprire le porte dell’Ade. Orfeo è l’inventore della musica, della poesia, figlio di Apollo, poeta per eccellenza, aveva la capacità di ammansire le bestie feroci. RITORNA L’ETA’ DELL’ORO Bucoliche IV 1-45 La quarta Bucolica di Virgilio, aperta dalla celeberrima invocazione alle Muse di Sicilia per elevare il proprio canto e poter celebrare degnamente l’avvento del puer e la nuova età dell’oro che ne conseguirà. Benché l’appello iniziale sia alle “Sicelides Musae” (v. 1; la Sicilia è la patria di Teocrito, poeta greco del II-III secolo a.C. considerato il padre della tradizione bucolica), l’ecloga quarta di Virgilio si caratterizza come la meno teocritea delle intere Bucoliche. Il testo si arricchisce infatti di rimandi alla tradizione epica, al De rerum natura di Lucrezio e alla poesia neoterica di Catullo (in particolare, al Carme 64). Virgilio descrive l’arrivo venturo di un puer, lasciando dietro questa figura molto mistero → atmosfera sacrale → è enigmatico; interpretazione in chiave cristiana con l’avvento di Cristo. Questo puer sarà il portatore di una radicale rivoluzione futura della vita degli uomini, che potranno godere di un’età straordinaria di pace, giustizia e benessere: l’età dell’oro. Questo straordinario evento coinciderà con il consolato di Asinio Pollione, a cui era in effetti nato un figlio, ma si spinge ben oltre questo spunto occasionale. Virgilio esprime infatti la trepidante speranza di un’intera generazione, che attendeva da Ottaviano il superamento di una lunga fase di guerre fratricide e il ritorno di una nuova età di pace e serenità, destinata a realizzarsi in seguito, sotto il principato augusteo. Questa ecloga è dedicata ad Asinio Pollione che era stato l’artefice dell’accordo tra Antonio e Ottaviano. Virgilio si ricollega alla profezia della Sibilla Cumana (figura profetica delle religioni greca e romana) (Metro: esametro dattilico.) Nella IV ecloga, priva di struttura dialogica, compare il concetto di Ciclicità, sempre più decadente, della storia [già presente in Esiodo]. Nella vita dell’uomo si inserisce la concretizzazione storica del male dovuta all’eccesso di ambizione, ai delitti e ai bagni di sangue. Virgilio profetizza il ritorno dell’età dell’oro. La storia è un cerchio in cui, una volta completato il giro, dopo che l’uomo ha commesso l’estremo male, si ritorna all’età più pura, quella dell’oro appunto. Nell’ottica di Virgilio quest’età coincide con il primo secolo, bagno di sangue tra ambizioni e tornaconti, in cui l’uomo ha perso se stesso.La nascita di questo ciclo coincide con quella di un puer IL LAVORO: UNA FATICA VOLUTA DAGLI DEI Georgiche I 121-159 Virgilio inserisce nel libro I del poema, sotto forma di digressione, una sorta di mito eziologico ( in greco “causa”) volto a illustrare l’origine del labor. Secondo il poeta, fu Giove stesso a volore la fine della mitica età dell’oro, in cui la natura offriva spontaneamente i suoi doni agli uomini. Il padre degli dei rese così necessari il lavoro e la fatica, affinché l’umanità non si infiacchisse nel torpore derivato dal benessere, ma, posta in condizioni di bisogno, utilizzasse l’ingegno per creare varie tecniche. Virgilio introduce l’agricoltura, come punto culminante del cammino di civilizzazione →il lavoro viene dunque presentato positivamente come presupposto del progresso civile e come simbolo dell’impegno del civis LA PUNIZIONE DI ORFEO Georgiche IV 504-530 Questo episodio è il brano immediatamente successivo a “La doppia morte di Euridice”. La vicenda di Orfeo, dopo aver perduto per sempre la sua Euridice si conclude con la sua punizione. Nella prima parte del brano abbiamo un’ampia similitudine( paragona il canto dell’usignolo privato dei suoi piccoli al canto di Orfeo) che Virgilio utilizza per mostrare il dolore del protagonista. Lo scenario che appare al lettore è freddo, cupo e inospitale di queste terre. Lo scenario fa da sfondo al dolore e al pianto di Orfeo. La fine macabra di Orfeo, dilaniato, smembrato dalle “donne dei Ciconi” (della Tracia) e il canto finale che sopravvive ad Orfeo stesso. In Virgilio come sempre il paesaggio è in rapporto con il personaggio. • Confronto tra il mito di “Orfeo ed Euridice” di Virgilio e quello di Ovidio Confronto tra il mito di “Orfeo ed Euridice” di Virgilio e quello di Ovidio. Virgilio inserisce la narrazione del mito di “Orfeo ed Euridice” in un altro mito: quello di Aristeo. La morte di Euridice è stata causata da Aristeo il quale l'ha inseguita tra l'erba cercando di farla sua e, mentre la giovane correva per sfuggirgli sarebbe stata morsa da una vipera che avrebbe causato la sua morte. La morte della giovane avviene dopo che i due sono sposati da tempo. Ovidio, invece, attribuisce al lettore la precedente conoscenza del mito e ne analizza soltanto alcuni particolari. La narrazione di Ovidio ha inizio con il matrimonio dei due innamorati sui quali grava un triste presagio. In quest'ultimo autore la morte di Euridice avviene subito dopo le nozze: tale scelta dell'autore sottolinea la drammaticità della vicenza. Virgilio utilizza i versi alessandrini mentre Ovidio sfoggia la sua tecnica retorica soprattutto nel discorso di Orfeo alle divinità dell'Ade. Virgilio smentisce il mito della poesia invincibile, infatti Orfeo perderà per sempre la sua sposa: Virgilio si serve del mito per dimostrare la sua contrapposizione alla poesia elegiaca che si basa sul lamento d'amore. In Ovidio Euridice è rassegnata al suo destino e non rimprovera il marito poiché il suo unico rimprovero dovrebbe esser quello di esser troppo amata mentre in Virgilio la fanciulla sembra colpevolizzare Orfeo perché, essendosi voltato, ha causato la sua morte definitiva e senza ritorno. Entrambi i miti sono ambientati nell'Ade, il regno dei morti. Nell'opera di Virgilio sono citati il Cocito, fiume dell'Ade e lo stige, lago ghiacciato mentre nelle Metamorfosi non compaiono descrizioni di luoghi. Un personaggio che viene nominato in entrambi i testi è Issione, re dei Lapiti che aveva stretto a se un'immagina di Giunone. Da tale, innocente gesto nacque un centauro. Issione fu punito da Giove: doveva restare legato ad una ruota che girava in eterno.
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