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VIRGILIO COMPLETO, SINTESI, Appunti di Latino

spiegazione completa di Virgilio

Tipologia: Appunti

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Caricato il 22/10/2019

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Scarica VIRGILIO COMPLETO, SINTESI e più Appunti in PDF di Latino solo su Docsity! Virgilio. Publio Virgilio Marone nacque nel 70 a.C. ad Andes (oggi Piètole), un villaggio vicino Mantova, da una famiglia di proprietari terrieri. Compiuti gli studi a Cremone e a Milano, completò la sua formazione retorica a Roma, dove conobbe Cornelio Gallo e Asinio Pollione. Abbandonata la carriera forense si interessò di filosofia, trasferito a Napoli, frequentò la scuola del maestro Sirone, accostandosi all’epicureismo. Nel 41 a.C. Virgilio fu coinvolto nell’esproprio di terre, voluto da Ottaviano dopo la battaglia di Filippi, perse il podere paterno che poi forse recuperò grazie all’intervento di Pollione. La questione è rievocata nelle ecloghe I e IX delle Bucoliche, raccolta di componimenti Pastorali. Il successo delle Bucoliche attirò l’attenzione di Mecenate, che fece entrare il poeta nel suo circolo di letterati propensi a sostenere la parte di Ottaviano. Da allora condusse vita appartata dedicandosi alla stesura delle sue opere in una quieta garantita dall’appoggio di Ottaviano. Su invito di Mecenate, compose le Georgiche, poema sulla cura dei campi in cui l’agricoltura viene esaltata. A partire dal 29 a.C. fino alla morte Virgilio fu assorbito dalla stesura dell’Eneide, poema epico in cui Augusto e Roma trovano piena celebrazione. Spinto dal desideri di conoscere i luoghi che facevano da sfondo all’Eneide, intraprese un viaggio in Grecia che fu però fatale alla sua salute, in seguito forse ad un’insolazione, al ritorno in patria si ammalò gravemente e, tornato in patria, morì nel settembre del 19 a.C. I suoi resti furono trasportati a Napoli. E sue due amici per volere di Augusto, Vario e Tucca, pubblicarono l’Eneide, anche se Virgilio avrebbe voluto che l’opera fosse bruciata con lui, data l’assenza di rifinitura. Le opere principali sono le Bucoliche, le Georgiche e l’Eneide. Resta in ombra il periodo delle prime prova nell’apprendistato, di cui si puo’ ritrovare traccia nell’Appendix Vergiliana che comprende epigrammi, epilii ed elegie. La maggior parte è oggi considerata opera di imitatori, solamente due dei 14 epigrammi contenuti nel Catalepton sono forse autentici, il carme V e l’VII. Bucoliche. In latino Bucolica significa canti dei bovari, la prima opera è una raccolta di dieci componimenti in esametri scritti tra il 42 e il 39 a.C., in cui il poeta rappresenta la vita, i canti e gli amori di pastori idealizzati, in una cornice di idilliaca bellezza. Con queste dieci ecloghe, poesie scelte, rinnova il genere delle poesie bucoliche o pastorali prendendo a modello gli Idilli di Teocrito. La successione dei vari componimenti non rispecchia l’ordine di composizione, la struttura unitaria e calibrata risponde a criteri di simmetria e di variazione. Le ecloghe dialogiche dispari si alternano a quelle narrative pari, se non si considera la X, i componimenti sono disposti simmetricamente attorno la V, richiamandosi a distanza e a coppie. Le Bucoliche sono influenzate dalla filosofia epicurea da cui elimina gli aspetti polemici mantenendo l’ideale di vita appartata e la quiete interiore, aspirazione che si riflette nella creazione del mondo utopico di perfezione atemporale, in cui il poeta si rifugia per sfuggire alla cruenta realtà storica. Virgilio reinterpreta il genere pastorale di Teocrito eliminando ogni spunto ironico e ogni eccesso di realismo, proiettando nel mondo bucolico un’ideale di serenità e armonia, accentua inoltre il pathos e la partecipazione emotiva. Questo paesaggio spirituale oscilla tra i ricordi reali e i paesaggi mediterranei evocati dalle fonti letterarie, che conservano i tratti tipici del locus amoenus, fatto di faggi ombrosi, amene radure e fonti ristoratrici. Gli elementi del paesaggio riflettono su di sé le gioie e le sofferenze dei pastori, in una comunione emotiva tra natura e uomo. • I (autobiografia)I:il pastore Melibeo, privato delle sue terre è costretto all’esilio, mentre l’amico Titiro mantiene i suoi campi grazie all’intervento di un benevolo deus pastorale. • IXil pastore Meri e l’amico Lìcida, privati dei loro campi si recano in città evocando nei loro canti l’assente Menalca, che non ha potuto evitare l’esproprio. • II (lamenti d’amore) il pastore Coridòne lamenta in un monologo il suo amore non corrisposto per il giocane Alessi. • VIII Damòne medita il suicidio per amore, mentre Alfesibeo parla a nome di una giocane donna che con incantesimi ha riconquistato l’amato. • V (morte e apoteosi di Dafni)due pastori cantano la morte e la divinizzazione del pastore-poeta Dafni, probabile allegoria di Cesare. • IV (argomento non pastorale) il poeta annuncia l’imminente ritorno dell’età dell’oro, che coinciderà con la nascita di un misterioso puer. • VIil satiro Sileno, ubriaco, è indotto da alcuni giovani a cantare le origini del mondo e gli antichi miti. • III (gare di canto tra pastori)due pastori si sfidano nel canto, ma il giudice non assegna il premio, ritenendoli pari. • VII Melibeo riferisce in forma di canti alternati la gara poetica tra due pastori. • X (amore elegiaco) il poeta canta l’amore infelice dell’amico e poeta elegiaco Cornelio Gallo, che cerca il conforto alle sue sofferenze nel paesaggio dell’arcadia. Georgiche. La seconda opera, composta tra il 38737 e il 30729 a.C. dopo l’ingresso del circolo di Mecenate segna il passaggio ad una poesia più impegnata. Il titolo rimanda al termine greco georcos, canti campestri, canti dei contadini. Le georgiche sono un poema didascalico in esametri, tiene conto di modelli diversi; opere e i giorni del greco Esiodo, fondatore del genere didascalico, De rerum natura del latino Lucrezio, con la raffinatezza delle opere ellenistiche e gli spunti più tecnici dei trattati agricoli latini, con il De agri cultura di Catone, il De re rustica di Varrone. Le georgiche perseguono l’obiettivo morale e civile in linea all’adesione di Virgilio all’ideologia di Augusto, il poema cerca di assecondare, su invito di Mecenate, i valori fondanti del principato augusteo, il ritorno alla terra, l’esaltazione dell’operosità, della pietas e del mos maiorum in generale, con l’esaltazione della figura del contadino come radice rurale del popolo romano, andando quindi a richiamare la tradizione romana in conformità con la politica restauratrice proposta da Augusto, un altro fine era quello di rilanciare la piccola e media proprietà terriera. L’opera è suddivisa in 4 libri strutturati in due diadi (coppie), dedicate alla coltivazione e all’allevamento. Nelle sezioni precettistiche e i proemi si concentra il senso e il messaggio ideologico del poema. I libri I e III hanno toni più cupi e pessimistici, i libri II e IV presentano toni più sereni e gioiosi. L’architettura del sistema strutturato sull’alternanza tra ottimismo e pessimismo riflette l’atteggiamento ambiguo del poeta nei confronti della politica, nel I libro vi è un’esaltazione di Ottaviano come pacificatori, ma il libro si conclude con il quadro delle devastazioni delle guerre civili, rende l’idea di un’epoca di incertezza politica. A livello più profondo il mondo agreste è connotato in modo positivo, come luogo di costruttiva operosità, riprendendo in parte la filosofia stoica, che però viene minacciato da forze negative, eros e pestilenze, che possono vanificare le fatiche degli uomini, riflettendo sulla presenza del Male nella natura. Nel complesso la materia è disposta secondo una progressione che vede ridursi l’intervento dell’uomo sulla natura. I coltivazione dei cereali: proemio ampio (elogio di Ottaviano), digressione sull’origine del labor, conclusione cupa (le devastazioni delle guerre civili). IIcoltivazione degli alberi da frutto: proemio breve, elogio all’Italia, conclusione lieta (elogio della vita agreste). IIIallevamento del bestiame: proemio ampio (annuncio di un futuro poema epico), la potenza d’amore del mondo animale, conclusione cupa (la peste del Nòrico). IVapicoltura: proemio breve, il giardino del vecchio di Còrico, conclusione lieta (l’epillio di Orfeo e Aristeo). Eneide. Opera maggiore di Virgilio, poema epico in dodici libri in versi esametri, si dedicò dal 29 a.C. fino alla morte, senza tempo per completare la revisione. Scopo dell’opera è la celebrazione di Roma e Augusto, in modo indiretto, tramite le peripezie di Enea orientate alla fondazione della stirpe romana. Reinterpretando il modello Omerico, presenta Roma come frutto del volere del fato, accostandosi allo stoicismo, identificando la volontà degli dei e il corso del destino con il Logos stoico: principio immanente razionale che guida la storia finalizzandola al bene, in questo modo giustifica l’imperialismo Romano, ponendo Ottaviano come culmine di un cammino storico e garante di razionalità e giustizia. L’intenzione del poema era già stata espressa nelle Georgiche, il poeta optò per l’epica di tipo mitologico riprendendo la leggenda italica di Enea, profugo italico figlio di Venere, che sfuggito alla patria aveva fondato la città del Lavinio e la stirpe latina. Attraverso la vicenda di Enea, lui poté collegare la sua opera all’epica omerica e allo stesso tempo alla gens Iulia (progenitore Iulo/Ascanio, figlio di Enea) di cui Ottaviano faceva parte. La scelta di un epos mitologico gli permise di celebrare Roma e Ottaviano evocando la storia, per mezzo di visioni e profezie. Riprende Nevio, Ennio, i poemi omerici (di cui si pone come ripresa, integrazione e ideale continuazione). La succesione degli eventi è suddivisa in due èsadi, nei libri I-VI vi sono i viaggi e le peripezie di Enea (parte odissiaca), nei libri VII-XII vi è la guerra tra troiani e latini come preludio alla fondazione (parte iliadica) la distruzione di Troia, risulta rievocata dal punto di vista dei troiani sconfitti (in un flashback che ricorda Odisseo alla corte dei Feaci). Riprende la dottrina di Apollonio Rodio, Nevio, Ennio, il poema didascalico di Lucrezio, tragedia attica di Euripide, la lirica neoterica e catulliana, con un risultato di un’opera profondamente innovativa fondata sull’approccio soggettivo e un recupero dei modelli largamente reinterpretati come invito dei lettori colti a misurare le distanze tra il testo originale e il libero rifacimento. Il compito di conferire unità al poema è di Enea (personaggio che molti hanno voluto vedere come controfigura di Augusto). L’eroe si propone come archetipo etico in cui sono sintetizzati i valori fondanti del mos maiorum. Soprattutto la sua profonda pietas che lo induce a farsi strumento del fato, sacrificando ogni aspirazione e affetto personale per il compimento della sua missione. Inedita è la dimensione di solitudine e di sofferenza con cui l’eroe porta avanti il suo compito accettando di anteporre ai propri desideri l’interesse collettivo. Al di là dell’intento celebrativo vi è un’attenzione particolare per i personaggi destinati a cadere vittime della storia, come il dramma di Didone, travolta da un amore impossibile, come pure la compassione verso giovani eroi che trovano la morte nel corso delle guerre del Lazio dimostrano la capacità di comprendere e compiangere le ragioni dei vinti. Quindi sottolineando che la grandiosa affermazione di Roma non elimina male e sofferenza. Mantiene un doppio livello di lettura, da un lato celebra il cammino verso la nascita di Roma, dall’altro insinua un pensoso pessimismo sui moventi e gli esiti della storia. Questa ambiguità nulla toglie all’adesione di Virgilio all’ideologia augustea, semmai dimostra una posizione critica nei confronti del potere.Virgilio interviene nella narrazione per suggerire interpretazioni e sottolineare la propria partecipazione emotiva ai fatti, inoltre presenta la tendenza a narrare attraverso una focalizzazione interna con lo sguardo del personaggio sconfitto, analizzandone i suoi moventi psicologici e seguito da una profonda compassione. Aggettivazione pregnante da cui traspare il giudizio dell’autore sui personaggi, questa ambiguità chiama il lettore a collaborare all’interpretazione del significato dell’opera. Lingua e stile. le scelte stilistico espressive variano a seconda delle diverse opere ma se ne possono individuare alcune di fondo: la tendenza alla semplicità e alla equilibrata armonia delle scelte formali, risultato di un lungo travaglio di stile (labor limae) possibile grazie a una cultura elevata. Questa ricerca di classicità si ritrova anche a livello lessicale: Virgilio predilige un linguaggio in apparenza comune, depurato dai colloquialismi. Virgilio predilige il termine consueto che recupera un valore di polisemia attraverso l’attenta disposizione delle parole nel verso. Sono frequenti anche gli aggettivi soprattutto di senso indefinito e vago (vagus, ingens..) e quelli con suffisso in –bilis, specie di senso negativo. Anche nella morfologia Virgilio segue perlopiù l’uso classico, limitando le particolarità a usi poetici consolidati. La sintassi è in genere limpida e lineare: nelle Bucoliche prevalgono le strutture paratattiche, con frasi brevi talora accostate per asindeto. Virgilio usa artifici retorici senza però fare sfoggio di virtuosismi puramente ornamentali. Molto frequenti iperbati e anastrofi, anche intrecciati tra loro a creare chiasmi o parallelismi. È molto curata la disposizione dei termini nella frase. Particolare cura è riservata alla figure di suono: allitterazioni, onomatopee, assonanze e consonanze utilizzate per evocare stati d’animo. Caratteristica peculiare è la partecipazione affettiva del poeta alla narrazione, nonché la tendenza a narrare le vicende in prospettica soggettiva. Ne è spia la tendenza all’antropomorfizzazione della natura e degli animali attraverso l’uso di verbi e aggettivi normalmente riferiti a umani. Virgilio, come tutti i poeti augustei, tende a riprendere nelle proprie opere brani episodi della precedente tradizione letteraria, soprattutto greca, rielaborando i testi in modo originale ma lasciando che traspaia la presenza di un richiamo letterario, in modo da stabilire un rapporto di particolare sintonia con il lettore colto. Questo è presente nelle bucoliche con richiami a Teocrito.
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