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Giovanni Pascoli: La vita e l'opera, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Una panoramica della vita e dell'opera del poeta italiano giovanni pascoli, con un particolare focus sulle sue raccolte poetiche e sulle sue influenze culturali e politiche. La tragedia familiare che segnò la sua infanzia, la sua attività universitaria e la sua adesione all'ideologia socialista, la sua vita privata e la sua relazione con le sorelle, la sua carriera letteraria e le sue opere più importanti, il suo rapporto con la modernità e la sua opposizione a d'annunzio, e le sue soluzioni formali innovative nella poesia. Inoltre una analisi dei temi ricorrenti nella poesia pascoliana, come l'immagine del piccolo proprietario rurale, l'idillio campestre, l'immagine mostruosa di una pianta parassita, l'emigrazione, e la morte.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2023/2024

Caricato il 10/03/2024

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mariapia-celentano 🇮🇹

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Scarica Giovanni Pascoli: La vita e l'opera e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! Giovanni Pascoli La giovinezza travagliata Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia di condizione abbastanza agiata. Era una tipica famiglia patriarcale, molto numerosa: Giovanni era il quarto di ben dieci figli. La vita abbastanza serena di questo nucleo familiare venne però sconvolta da una tragedia, destinata a segnare l’esistenza del poeta: il 10 agosto 1867, mentre tornava a casa dal mercato di Cesena, Ruggero Pascoli, il padre, fu ucciso a fucilate, probabilmente da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di amministratore. Sicari e mandanti non furono mai individuati, sia per l’omertà della gente sia per l’inerzia delle indagini. La morte del padre creò difficoltà economiche alla famiglia che dovette lasciare la tenuta, trasferirsi a San Mauro e in seguito a Rimini, dove il figlio maggiore Giacomo aveva trovato lavoro. Al primo lutto in un breve giro di anni ne seguirono altri: nel 1868 morirono la madre e la sorella maggiore, nel ‘71 il fratello Luigi, nel ’76 Giacomo. Gli studi ∼Giovanni sin dal 1862 era entrato con i fratelli Giacomo e Luigi nel collegio degli Scolopi ad Urbino, dove ricevette una rigorosa formazione classica. ∼Nel 1871, per le ristrettezze della famiglia, dovette lasciare il collegio, ma grazie alla generosità di uno dei suoi professori, potè proseguire gli studi a Firenze, dove terminò il liceo. ∼Negli anni universitari Pascoli subì il fascino dell’ideologia socialista. Partecipò a manifestazioni contro il governo, fu arrestato e dovette trascorrere alcuni mesi in carcere. L’esperienza fu per lui traumatica e determinò il suo distacco dalla politica militante. Si laureò nel 1882. ∼Iniziò la carriera di insegnante prima a Matera e poi a Massa. Qui chiamò a vivere con sé le due sorelle, Ida e Mariù, ricostituendo così quel «nido» familiare che i lutti avevano distrutto. Il «nido» familiare La chiusura gelosa del «nido» familiare e l’attaccamento morboso alle sorelle rivelano le fragilità della struttura psicologica del poeta, che a causa dei traumi infantili, cerca entro le pareti del «nido» la protezione da un mondo esterno, quello degli adulti, che gli appare minaccioso e pieno di insidie. A questo si unisce il ricordo ossessivo dei suoi morti che condiziona il poeta nel rapporto con la realtà esterna: ogni relazione viene sentita come un tradimento nei confronti del «nido». Non vi sono neanche relazioni amorose nell’esperienza del poeta, che conduce una vita casta. La vita amorosa è qualcosa di proibito e di misterioso, da contemplare da lontano. Le esigenze affettive del poeta sono soddisfatte dal rapporto con le sorelle, che rivestono una funzione materna (mentre lui una funzione «paterna» verso le due donne). Si può capire anche perché il matrimonio di Ida fu sentito da Pascoli come un tradimento e determinò in lui una reazione spropositata con vere manifestazioni depressive. Il «nido» ricostituito a Castelvecchio Dopo il matrimonio di Ida, Pascoli prese in affitto una casa a Castelvecchio. Qui con la fedele Mariù trascorreva lunghi periodi, lontano dalla vita cittadina che detestava e di cui aveva orrore, a contatto con il mondo della campagna che ai suoi occhi costituiva un Eden di serenità e di pace, di sentimenti semplici e puri. La sua vita era appartata, tutto chiuso nella cerchia della sua poesia, degli affetti familiari. Una vita esteriormente serena, ma in realtà turbata nell’intimo da oscure angosce e paure, paure per l’addensarsi di incombenti cataclismi storici (difatti, due anni dopo la sua morte ci sarà lo scoppio della Prima guerra mondiale), angosce per la presenza ossessiva della morte. Le poesie All’inizio degli anni Novanta aveva pubblicato una prima raccolta di liriche, Myricae (1891), poi negli anni seguenti diverse poesie in varie e importanti riviste. ∼Nel 1897 uscirono i Poemetti ∼Nel 1903 i Canti di Castelvecchio ∼Nel 1904 i Poemi conviviali ∼Negli ultimi anni volle gareggiare col maestro Carducci e con D’Annunzio nella funzione di poeta civile, «vate» dei destini della patria e celebratore delle sue glorie, con una serie di componimenti raccolti in: Odi ed inni, Poemi del Risorgimento, Poemi italici, Canzoni di re Enzio. Al poeta chiuso nel suo limitato ambito domestico e provinciale, si affiancò il letterato ufficiale. Morì a causa di un cancro allo stomaco il 6 aprile 1912. La poetica del fanciullino La poetica pascoliana trova la sua formazione più compiuta nel saggio Il fanciullino, pubblicato sul «Marzocco» nel 1897. L’idea centrale è che il poeta coincide col fanciullo che sopravvive al fondo di ogni uomo: un fanciullo che vede tutte le cose «come la prima volta», con stupore e meraviglia, come dovette vederle il primo uomo all’alba della creazione. Al pari di Adamo, anche il poeta «fanciullino» dà il nome alle cose e deve usare una «novella parola», un linguaggio diverso da quello abituale. Grazie al suo modo di vedere le cose, il poeta-fanciullo ci fa sprofondare nella verità. Appare come un veggente, dotato di una vista più acuta di quella degli uomini, colui che può spingere lo sguardo oltre le apparenze, attingere all’ignoto, esplorare il mistero. Il fanciullino e il superuomo Il fanciullino pascoliano e il superuomo dannunziano sono due miti che appaiono antitetici: da un lato l’innocenza e dall’altro la lussuria, da una parte la mansuetudine e dall’altra la violenza, da un lato il torno smorzato e dall’altro esaltato. In realtà, a bene vedere, essi sono risposte diverse ma equivalenti agli stessi problemi e agli stessi traumi . Arano da Myricae Al campo, dove roggio nel filare qualche pampano brilla, e dalle fratte sembra la nebbia mattinal fumare, arano: a lente grida, uno le lente vacche spinge; altri semina; un ribatte le porche con sua marra paziente; ché il passero saputo in cor già gode, e il tutto spia dai rami irti del moro; e il pettirosso: nelle siepi s’ode il suo sottil tintinno come d’oro. I Poemetti e I Canti di Castelvecchio I Poemetti Raccolti una prima volta nel 1897, poi ripubblicati con aggiunte nel 1900, ed infine divisi in due raccolte distinte: Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909). Si tratta di componimenti più ampi di quelli di Myricae, divenendo spesso dei veri e propri racconti in versi. Muta anche la struttura metrica: ai versi brevi subentrano le terzine dantesche. Anche qui assume rilievo dominante la vita della campagna. All’interno delle due raccolte si viene a delineare (sottolineare) la descrizione di una famiglia rurale colta in tutti i momenti caratteristici della vita contadina. La narrazione è articolata in veri e propri cicli, che traggono il titolo dalle varie operazioni del lavoro dei campi, La sementa, La fiorita, La mietitura. Un’utopia regressiva Il poeta vuole celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di tutta una serie di valori tradizionali e autentici, solidarietà familiare e affetti, laboriosità, bontà, purezza morale, schiettezza, semplicità, saggezza, in contrapposizione alla negatività della realtà contemporanea. La vita del contadino appare al poeta come un rifugio rassicurante contro una realtà minacciosa. La rappresentazione della vita contadina assume la fisionomia di un’utopia regressiva, nel senso che Pascoli proietta il suo ideale nel passato, in forme di vita che stanno scomparendo, travolte dallo sviluppo della realtà sociale ed economica moderna. Pascoli e Verga Questa raffigurazione della campagna non ha punti di contatto con quella offerta dal Verismo, in particolare da Verga: il mondo rurale pascoliano è idealizzato e idillico, ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare, il bisogno, la miseria, la degradazione e l’abbrutimento della natura umana, ignora i conflitti sociali, la violenza della lotta per la vita. Pascoli si sofferma sugli aspetti più quotidiani, umili e dimessi di quel mondo, designando con minuziosa precisione gli oggetti e le operazioni del lavoro dei campi. Gli altri temi Ci sono numerosi poemetti che presentano temi più inquietanti e torbidi. ∼Il vischio, insiste sull’immagine mostruosa di una pianta parassita e «vampira», che succhia la vita di un albero da frutto, dando origine ad un ibrido ripugnante; ∼Digitale purpurea, con al centro un «fiore di morte» che emana un profumo inebriante e insidioso e turba l’innocenza delle educande di un convento; ∼Suor Virginia, che crea un’atmosfera notturna, sospesa e visionaria, in cui aleggia un presagio di morte; ∼Italy che affronta un tema sociale, quello dell’emigrazione che tanto sta a cuore a Pascoli, descrivendo il ritorno temporaneo di una famiglia di emigrati al paese natale e il conflitto fra due mondi, quello moderno e industriale della nuova patria, l’America, e quello arcaico della campagna lucchese. I Canti di Castelvecchio Sono definiti dal poeta stesso, nella prefazione, «myricae», quindi si propongono di continuare la linea della prima raccolta. Anche qui ritornano immagini della vita di campagna, canti d’uccelli, alberi, fiori, suoni di campane e ricompare una misura più breve, lirica anziché narrativa. Ricorre con frequenza ossessiva il motivo della tragedia familiare e dei cari morti. Vi è anche il rimando continuo del nuovo paesaggio di Castelvecchio a quello antico dell’infanzia in Romagna, quasi ad intuire un legame ideale tra il nuovo «nido» costruito dal poeta e quello spazzato via dalla tragedia. Non mancano però anche in questa raccolta i temi più inquieti e morbosi, che danno corpo alle ossessioni del poeta: l’eros, contemplato col turbamento del fanciullo per il quale il rapporto adulto è qualcosa di ignoto, affascinante e ripugnante insieme, e la morte, che a volte appare un rifugio dolce in cui sprofondare, come nel grembo materno. Poemi conviviali, Carmina, le ultime raccolte, i saggi Poemi conviviali Presentano un carattere diverso dai Canti di Castelvecchio. Così intitolati perché gran parte di essi era comparsa, a partire dal 1895, su «il Convito» diretto da Adolfo De Bosis. La rivista era una delle espressioni più significative del contemporaneo estetismo, tant’è vero che D’Annunzio vi pubblicò Le vergini delle rocce. La raccolta comprende poemetti dedicati a personaggi e fatti del mito e della storia antichi, dalla Grecia sino alla prima diffusione del cristianesimo: vi compaiono così Achille, Ulisse, Elena di Troia, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio è raffinato e spesso mira a riprodurre in italiano il clima e lo stile della poesia classica. Sotto le vesti classiche, in questi poemetti compaiono tutti i temi consueti della poesia pascoliana. Il mondo antico, rappresentato da Pascoli, non è dunque immobile e perfetto, ma si carica di inquietudini e angosce proprie della sensibilità moderna. I Carmina e le ultime raccolte I Carmina latini sono trenta poemetti e settantuno componimenti brevi, scritti da Pascoli per il concorso di poesia latina di Amsterdam, per i quali ottenne numerose volte la medaglia d’oro. Non furono raccolti dal poeta e videro la luce solo postumi, nel 1915. Sono dedicati agli aspetti più marginali della vita romana e hanno per protagonisti personaggi umili, gladiatori, schiavi, ecc. Emerge l’ideologia umanitaria di Pascoli, che della civiltà romana respinge il crudele costume della schiavitù, e vi si delinea l’attenzione affascinata per il messaggio cristiano di riscatto spirituale degli umili e degli oppressi. Nelle ultime raccolte, Odi e inni, Canzoni di re Enzio, Poemi italici, Poemi del Risorgimento, Pascoli assume le vesti del poeta ufficiale, celebratore delle glorie nazionali e inteso a propagandare principi morali e civili.
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