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Vita di giovanni Pascoli, Appunti di Italiano

Vita e morta di Pascoli con ennese opere

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 13/01/2023

giulia-el-mechhouri
giulia-el-mechhouri 🇮🇹

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vita di giovanni Pascoli e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! PASCOLI -LA VITA Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della piccola borghesia rurale, di condizione abbastanza agiata: il padre era fattore della tenuta La Torre, di proprietà dei principi Torlonia. Pascoli, ancora in piena giovinezza, viene travolto dal lutto per la morte del padre, uno dei “taglia testa” di questa famiglia, ovvero colui che comunicava il licenziamento degli operai, il 10 agosto 1867, ucciso mentre tornava da una fiera da alcuni sconosciuti sicari. Da allora, Pascoli viene marchiato profondamente da questo evento che influirà in buona misura, negli anni a venire, sulla sua poetica e quindi sulle sue opere. Nella poesia “X Agosto” Pascoli assimila le stelle che cadono alle lacrime di San Lorenzo che piange la morte del padre. Pascoli resterà legatissimo alla sua casa e al suo paese, casa intesa come nido dove ci sono i suoi cari dove lui cerca sempre di ritornare. L’unico luogo che lui sente come suo, come luogo di protezione. Negli anni universitari a Bologna, Pascoli si avvicinò all’ideale socialista e partecipando a una manifestazione contro il governo si fece arrestare, così dovette scontare qualche mese in carcere, solo dopo venne assolto. Restò fedele anche in seguito all’ideale socialista, vagamente umanitario, che propugnava la bontà e la fraternità fra gli uomini. Ripresi gli studi, si laureò nel 1882 iniziando subito la carriera di insegnante liceale a Massa. Qui chiamò a vivere con sé le due sorelle ricostruendo quel “nido familiare”. CORRENTE CREPUSCOLARE: corrente del dopoguerra e che ha avuto molti autori caratterizzati dal parlare di cose semplici e quotidiane (considerata decadente) -IL NIDO FAMILIARE Questa sua chiusura nel nido e l’attaccamento alle sorelle rivelano una fragilità psicologica del poeta che, fissato dai traumi subiti, cerca entro le pareti del nido la protezione da un mondo esterno, che gli appare minaccioso. Durante tutta la sua vita non ci sono relazioni amorose apparendogli ai suoi occhi con un fascino torbido, qualcosa di proibito. In lui c’è il desiderio di un vero nido, in cui esercitare la funzione di padre. Infatti, il matrimonio di Ida fu sentito da Pascoli come un tradimento. Questa situazione affettiva è una premessa indispensabile per penetrare nel mondo della sua poesia, perché costituisce il punto d’avvio della sua esperienza fantastica. Ed è una chiave per cogliere il carattere turbato, tormentato, morboso della poesia di Pascoli. Dopo il matrimonio di Ida, con l’altra sorella Marlù, si traferisce a Castelvecchio di Barga, dove trascorre lunghi periodi. Lontano dalla vita cittadina che detestava e di cui aveva orrore, a contatto con il mondo della campagna che ai suoi occhi costituiva un Eden di serenità e pace. La sua vita era appartata, senza scosse e senza grandi avvenimenti esterni. Una vita esteriormente serena ma in realtà turbata nell’intimo da oscure angosce e paure, paure per l’addensarsi di incombenti cataclismi storici, angosce per la presenza ossessiva della morte. -LA VISIONE DEL MONDO La formazione di Pascoli fu positivistica (fiducia nel progresso tecnologico e scientifico), dato il clima culturale che dominava negli anni in cui egli compì i suoi studi liceali e universitari. Questo lo si può osservare nella precisione con cui usa la nomenclatura ornitologica (studio degli uccelli) e botanica (studio dei vegetali). Con la fine del positivismo e l’inizio del decadentismo, nasce in Pascoli la sfiducia nella scienza, la ragione è insufficiente per conoscere la realtà ed inizia la ricerca del mistero e dell’ignoto. Il mondo nella visione pascoliana appare frantumato. Non esistono gerarchie d’ordine fra gli oggetti: ciò che è piccolo si mescola a ciò che è grande, il minimo apparentemente trascurabile può essere ingigantito sino ad occupare tutto il quadro, e ciò che è grande può essere rimpicciolito. (Questa tensione si nota anche nella sua fede, infatti egli vede in positivo il cristianesimo grazie al messaggio morale di fraternità che manda. Questa tensione verso ciò che trascende il dato sensibile in Pascoli non si concreta in una fede religiosa positiva. Il fascino su di lui esercitato dal cristianesimo non attinge mai la sfera teologica, della verità rivelata, ma resta nei limiti del messaggio morale di fraternità e mansuetudine evangelica.) -I SIMBOLI Gli oggetti materiali sono protagonisti nella poesia di Pascoli, ma ciò non significa che nella poesia vi è un’adesione di tipo veristico all’oggettività del dato, anzi, gli oggetti vengono visti con soggettività dall’autore e portano messaggi misteriosi. L’indicare con precisione l’oggetto è come se lo osservasse per la prima volta, con occhi stupiti. Il simbolismo pascoliano si manifesta attraverso una serie di simboli ricorrenti che rimandano a significati di natura strettamente psicologica. I simboli più ricorrenti sono figure che appartengono al mondo campestre e contadino, il nido, l’orto, la siepe, gli uccelli, i fiori, esse sono i simboli delle angosce e ossessioni interiori del poeta. -LA POETICA IL FANCIULLO: Le concezioni di Pascoli sulla natura e sugli scopi della poesia sono espresse nel saggio Il fanciullino, pubblicato sul “Marzocco” nel 1897. “Se noi adulti ricordassimo che siamo stati bambini e riuscissimo a mantenere questo bambino vivo dentro di noi, il mondo sarebbe tutto diverso”. Pascoli come Carducci scrive poesie dedicate ai bambini, che osservano il loro mondo e il loro comportamento. Secondo Pascoli dentro ad ogni uomo sia nascosto un fanciullo, a livello di anima, il quale riesce a cogliere sfumature, emozioni, idee del tutto ignote all’essere umano adulto. Un fanciullo che vede tutte le cose “come per la prima volta”, con ingenuo stupore e meraviglia. Spesso tale fanciullino è soffocato e ignorato dal mondo esterno, degli adulti, ma se si risveglia fa sognare a occhi aperti, fa scoprire il lato attraente e misterioso di ogni cosa. Proprio come nel tempo dell’infanzia, tale fanciullino ha conservato la facoltà di parlare con gli alberi, i fiori, gli animali e in qualsiasi momento si può tornare ad ascoltare la voce. Il fanciullino osserva le piccole-grandi cose della campagna con una prospettiva rovesciata: -le cose grandi le vede piccole; -le cose piccole le ingrandisce. Nella metafora di Pascoli rappresenta quella natura innocente che, nella psicologia di un individuo, può conservarsi anche in età avanzata; l’individuo cresce e invecchia, ma il fanciullino rimane piccolo dentro di lui. Chiunque riesca a conservarsi fanciullo, dice Pascoli, può: -guardare la realtà circostante con stupore ed entusiasmo; -percepire il lato bello e commovente di ogni situazione; -oltrepassare, con la fantasia, le apparenze comuni e banali. In altre parole, il fanciullino è colui che sa osservare poeticamente il mondo: le sue facoltà sono le stesse del sentimento poetico. Infatti, nell’ottica di Pascoli, il poeta è precisamente colui che, come i fanciulli, ha mantenuto l’infantile capacità di meravigliarsi e d’intuire, piuttosto che di ragionare. Da lui non potrà che nascere una poesia fanciulla rinunciando all’eloquenza e ispirandosi allo stormire delle fronde, al canto dell’usignolo perché il fine della poesia è solo la poesia, la poesia pura. nido: un mondo illusorio, fatto soprattutto di ricordi, che serve a proteggerlo dal male al mondo. La poesia di D’Annunzio è all’opposto e rispecchia la poetica del superuomo: è una poesia elevata. Anche le donne e l’amore, in Pascoli sono sempre guardati da una certa distanza dove vi allude in modo indefinito. La figura femminile oscilla fra l’affetto familiare e un’incapacità di vivere serenamente il rapporto con la sessualità: Pascoli è un poeta/uomo che resta fanciullo, imprigionato in un’infanzia; mentre in D’Annunzio la donna è sempre al centro: seducente e misteriosa. È la nemica che impedisce all’eroe di elevarsi a superuomo, incatenandolo a sé con l’eros e la passione sfrenata. A Pascoli la realtà gli appare pervasa dal mistero e inconoscibile per via razionale, mentre a D’Annunzio la realtà gli appare pervasa da un’arcana armonia che solo l’individuo eccezionale può cogliere per via non razionale. Pascoli aveva una visione negativa della società moderna, industriale e capitalistica, cui si contrappone il mondo mitizzato della campagna, fedele ai valori piccolo borghesi della famiglia, della laboriosità, della solidarietà. Anche D’Annunzio aveva una visione negativa della società moderna borghese, alla cui mediocrità reagisce con il mito dell’esteta, che si isola nel culto della bellezza fine a se stessa, e quella con il superuomo, che domina tale realtà sia con l’arte sia con energia e aggressività. Entrambi gli autori cercano di sperimentare nuove strade: D’Annunzio si concentra più su uno stile altro, con un linguaggio aulico e prezioso, sulla possibilità cioè che la lingua esprima sensazione attraverso una musicalità spinta del verso; Pascoli, invece, mette in campo una sperimentazione più ampia che comprende una mescolanza di diversi registri lessicali (plurilinguismo); dall’altro le forme metriche e di verso, molto attento agli effetti fonici. -MERYCAE Pascoli cominciò a pubblicare le sue poesie nel corso degli anni 80, su riviste o in edizioni per nozze. La prima raccolta fu Merycae, uscita nel 1891, e contenente 22 poesie dedicate alle nozze di amici. Il volume si ampliò già dalla seconda edizione del 1892, che conteneva 72 componimenti. Il titolo è una citazione Virgiliana, che significa Tamerici, un cespuglio che cresce in natura spontaneo. Pascoli assume le umili piante proprio come simbolo delle piccole cose, che vuole porre al centro della poesia. Si tratta in prevalenza di componimenti molto brevi, che si presentano come quadretti di vita campestre. In realtà, i particolari su cui poeta fissa la sua attenzione si caricano di sensi misteriosi e suggestivi. Le atmosfere che avvolgono queste realtà evocano l’idea della morte: uno dei temi più presenti nella raccolta è il ritorno dei morti familiari. compaiono poi l’insistenza sulle onomatopee, il valore simbolico dei suoni, l’uso di un ardito linguaggio analogico, e la sintassi frantumata. -I POEMETTI Si tratta di componimenti più ampi di quelli di Myricae, che all’impianto lirico sostituiscono un taglio narrativo, divenendo dei veri e propri racconti in versi. Muta anche la struttura metrica: ai versi brevi subentrano le terzine dantesche, raggruppate in sezioni più o meno ampie. Anche qui assume rilievo dominante la vita della campagna. All’interno si viene a delineare un romanzo georgico cioè la descrizione di una famiglia rurale di Barga, colta in tutti i momenti caratteristici della vita contadina. Il poeta vuole quindi celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di tutta una serie di valori tradizionale e autentici. La vita del contadino appare quindi al poeta come un rifugio rassicurante, difatti Pascoli proietta il suo ideale nel passato. -I CANTI DI CASTELVECCHIO Sono definiti dal poeta stesso nella prefazione “myricae”, quindi si propongono di continuare la linea della prima raccolta. Anche qui ritornano immagini della vita di campagna, ricompare una misura più breve, lirica anziché narrativa. I componimenti si susseguono secondo al succedersi delle stagioni: il ciclo naturale si presenta come rifugio rassicurante e consolante dal dolore e dall’angoscia dell’esistenza. Ricorre con frequenza il motivo della tragedia familiare e dei cari morti. Non mancano anche in questa raccolta i temi più inquieti e morbosi, che danno corpo alle segrete ossessioni del poeta: l’eros e la morte, che a volte appare un rifugio dolce in cui sprofondare. -I POEMI CONVIVIALI, I CARMINA, LE ULTIME RACCOLTE, I SAGGI I poemi conviviali sono così intitolati perché gran parte di essere era comparsa, a partire dal 1895, su Il convito, diretto da Adolfo De Bosis. La rivista era una delle espressioni più significative del contemporaneo estetismo. Si tratta dunque di poesia dedicati a personaggi e fatti del mito e della storia antichi, dalla Grecia sino alla prima diffusione del cristianesimo. La costruzione del mondo antico si fonda su una preziosa erudizione, che si compiace di esplorare aspetti marginali e poco noti del mito e della storia, con un gusto vicino a quello dell’alessandrinismo. Anche il linguaggio è estetizzante e mira a riprodurre in italiano il clima e lo stile della poesia classica. Sotto queste vesti classiche compaiono tutti i temi consueti della poesia pascoliana. Il mondo antico non è dunque un mondo di immobile e gelida perfezione ma si carica delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna. AI poemi conviviali si possono accostare i Carmina latini, ovvero trenta poemetti e di settantuno componimenti più brevi, scritti da Pascoli per il concorso di poesia latino di Amsterdam, per i quali egli ottenne numerose volte la medaglia d’oro. Sono in genere dedicati agli aspetti più marginali della vita romana ed hanno per protagonista personaggi umili, gladiatori, schiavi. Il latino di Pascoli non è una lingua morta, ma intimamente rivissuta, che rivela profonde affinità col linguaggio delle poesie italiane, soprattutto nel suo ritmo spezzato che appare lontano dall’armonia del latino classico. Nelle ultime raccolti Pascoli assume le vesti di un poeta celebratore delle glorie nazionali e inteso a propagandare principi morali e civili, prendendo spunto dall’attualità ora della storia medievale. -X AGOSTO Questa poesia è stata scritta per la notte di san Lorenzo, in occasione della morte del padre e fa parte di una raccolta, le mirici per indicare le poesie umili. (proviene dal latino e significa Tamerici, già citate da virgilio.) Le stelle cadono e piangono per la morte di suo padre. Troviamo un’area tranquilla perché è estate, non è un pianto di pioggia come d’annunzio ma è un pianto di stelle. Quindi la caduta delle stelle corrisponde al pianto in onore di suo padre, facendo diventare la caduta delle stelle il pianto di san Lorenzo. Comincia la narrazione mettendo in corrispondenza l’animale con l’uomo, e le corrispondenze pervadono tutto il componimento poetico. PARAFRASI San Lorenzo, io so perché (oggi) così tante stelle splendono e cadono nel cielo tranquillo e perché un così grande pianto brilla nell’orizzonte concavo della notte. Una rondine stava tornando al tetto, la uccisero e cadde tra i rovi: nel becco aveva un insetto, la cena per i suoi piccoli. Adesso è lì, con le ali aperte come in croce, e dal becco porge ancora il verme al cielo lontano. I suoi piccoli, nel nido, continuano ad aspettarla nell’ombra e pigolano sempre più piano. Anche un uomo stava tornando a casa: quando lo uccisero disse “Perdono” e nei suoi occhi aperti rimase un grido; portava con sé due bambole, in regalo. Ora lì, nella casa solitaria, lo aspettano inutilmente: il suo corpo immobile e attonito mostra le bambole al cielo lontano. (Ecco perché piangi:) Tu Cielo, infinito e immortale, dall’alto dei mondi sereni in cui risiedi inondi di stelle questo nostro mondo, un atomo opaco fatto di dolore. -IL GELSOMINO NOTTURNO Fa parte dei Canti di Castelvecchio, un paesino dell’Emilia-Romagna. Sono sempre canti umili, scene di vita campagnola e quotidiana. Scrisse questa poesia, non proprio per bambini. Si è sposato quel giorno un suo amico (Gabriele Briganti), e questo amico con la sposa andò ad abitare nella casa di fronte alla sua, perciò scrisse questa poesia dedicandola agli sposi. È tutta una metafora di un amplesso sessuale, della loro prima volta, in cui addirittura nella prima notte di nozze hanno concepito un bambino. La poesia Il gelsomino notturno, a prima vista, potrebbe apparire una descrizione impressionistica e vivida di un paesaggio notturno, in cui si alternano immagini naturali e umane; la lirica comincia e si conclude con l’immagine dei «fiori notturni», i gelsomini, pertanto presenta una sorta di circolarità e unitarietà tematica che, a livello puramente denotativo, consiste nella narrazione di ciò che avviene durante una notte. PARAFRASI AFFIANCATA 1. E così si aprono i fiori notturni [i gelsomini indicati dal titolo], 2. durante quelle ore in cui io sono solito pensare ai miei cari (durante la notte, quando rivolge il pensiero ai suoi cari morti). 3. Sono comparse tra quei fiori bianchi (i viburni) 4. le farfalle notturne. 5. Da un bel po’ di tempo ormai i versi degli uccelli sono cessati: 6. solo in una casa in lontananza si sente ancora bisbigliare. 7. I piccoli uccelli (i nidi) dormono sotto le ali della madre 8. come gli occhi dormono sotto le ciglia. 9. Dai calici aperti dei fiori si spande nell’aria circostante 10. un odore simile a quello delle fragole rosse [mature]. 11. Lontano, nella sala è acceso un lume. 12. L’erba cresce sulle fosse dei morti. 13. Un’ape ritardataria continua a ronzare tornando all’alveare, 14. perché tutte le celle sono occupate dalle altre api. 15-16. La costellazione delle Pleiadi (la “Chioccetta”) splende nel cielo azzurro e, come una chioccia nell’aia con i suoi pulcini, si trascina dietro le sue stelle. 17. Per tutta la notte si spande 18. il profumo dei fiori trasportato dal vento. 19. Si vede la luce ch’era accesa nel salotto salire su per la scala, 20. risplende al primo piano della casa, si è spenta… 21. Giunge l’alba, si chiudono infine i petali [del gelsomino] 22. un po’ sgualciti [dal vento notturno]; germoglia, 23. dentro la parte interiore del fiore, molle e nascosta, dove stanno i semi, 24. una nuova felicità, perché è stata concepita una nuova vita.
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