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"VITA" di Vittorio Alfieri, Sintesi del corso di Letteratura

Riassunto breve ma dettagliato dell'autobiografia di Alfieri.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 04/07/2021

claryshadow00
claryshadow00 🇮🇹

4.5

(2)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica "VITA" di Vittorio Alfieri e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! VITA Introduzione Alfieri inizia l’autobiografia spiegando le ragioni per cui vuole scriverla: l’amore per se stesso. Dice di non vuole scrivere falsità anche se forse ometterà qualche cosa (se la scrivesse un altro potrebbe cambiare i fatti) e vuole contribuire allo studio dell’uomo partendo dallo studio della sua esistenza che essendo da lui vissuta riesce a giudicare meglio. Decide di dividere l’autobiografia in 5 età dell’uomo: puerizia, adolescenza, giovinezza, virilità (divisa in due parti, la seconda ripresa dopo 13 anni), e vecchiaia (non realizzata anche se anticipa che sarebbe stata forse noiosa per via delle chiacchiere tipiche degli anziani). Parlerà solo di se stesso e di persone di rilevanza della sua esistenza. Dichiara di usare stile semplice essendo la scrittura istintiva e non pensata. Epoca prima – Puerizia (9 anni di vegetazione) Nato 17 gennaio 1749 ad Asti. Descrive la sua famiglia: il padre e la madre Monica che aveva già figli dal primo matrimonio. Risposata con suo padre ebbe una figlia e lui. Il padre muore e sua madre si risposa. Riflette sulla fortuna di essere nato da genitori nobili (perché così può conoscere davvero, e dunque criticare, la nobiltà), agiati e onesti (così non deve vergognarsi di essere nobile). Alfieri dichiara inoltre di avere 41 anni mentre scrive la biografia. Ritiene l’infanzia una stupida vegetazione infantile, in cui ci sono reminiscenze. Mostra come funzionano i ricordi: uno zio gli regala dei confetti ma lui ricorda solo le scarpe di quest’ultimo. Vedendo però successivamente delle scarpe simili a quelle dello zio, gli viene in mente anche il sapore dei confetti. Il secondo ricordo dell’infanzia è legato a una forte desiderio di morte causato dalla lontananza con la sorella. Alfieri riceve la sua istruzione in casa, da un sacerdote, Don Ivaldi, che lui stesso giudicherà ignorante. Descrive alcuni piccoli avvenimenti decisivi per la formazione del suo carattere. Prova sentimento di invidia e di competizione verso il suo fratellastro ma i due si arruolano insieme finchè il fratellastro muore e lo zio paterno porta Alfieri in Accademia a Torino. Ritiene che questa parte della vita è inutile per chi non crede che l’uomo è la continuazione del suo essere bambino e che l’infanzia è cruciale per la formazione del carattere e delle inclinazioni. Epoca seconda – Adolescenza (8 anni di ineducazione) Euforico per il primo viaggio, arriva a Torino e descrive la sua vita nell’Accademia. Alfieri spiega che non a tutti gli ospiti è riservato lo stesso trattamento: vi sono infatti quelli come lui che devono seguire un rigido codice, ma anche ospiti che hanno maggiori libertà, affermando la difficoltà nel vivere con gente che ha maggiori libertà di lui. I primi due anni nell’Accademia sono diseducativi e inutili. Appena arrivato viene assegnato alla quartana, ovvero la classe dei ragazzi di quarta. Alfieri si rende conto che sia lui, sia i compagni, sia l'insegnante sono ignoranti e quindi lui non trae nessun giovamento da quest'anno di studi. L'anno successivo viene promosso alla Umanità, ovvero l'anno dedicato agli studi umanistici. Alfieri racconta di aver passato lunghe ore intento nella traduzione di opere latine. Quello che lo sprona negli studi è la competitività con gli altri studenti. In particolare, c'è uno studente molto bravo con il quale si sente in gara. Tuttavia, questo ragazzo è bello e intelligente, e Alfieri in quanto amante del bello non può odiarlo: difatti il ragazzo diventa suo complice in alcune avventure giovanili. Alfieri racconta che il terzo anno è dedicato alla retorica: ma tuto si rivela insufficiente e inutile per la sua formazione. Vi è una critica alla tecnica narrativa dell'Ariosto, che lascia spesso storie in sospeso per riprendere con i capitoli più avanti. Secondo Alfieri questa tecnica non accende l'interesse del lettore. Vi è poi la descrizione di libri letti nella gioventù: alcune storie dell'Eneide e alcune opere di Goldoni. Alfieri descrive poi il suo fisico durante gli anni della scuola: era un ragazzino magro e talvolta minacciato dai compagni. Entra nella scuola di geometria e filosofia ma anche questa è inutile. A 13 anni abbiamo le prime esperienze di Alfieri con il teatro comico e con la poesia: c'è il racconto della prima poesia scritta da lui in onore di una dama di cui suo zio si era invaghito e che affascinava anche lui; lo zio però ha condannato questo fatto poetico e lui stesso spiega che fino ai venticinque anni non ha scritto più versi. Vi è poi il racconto dell'ultimo anno di scuola. Ultimi anni di studi sono dedicati alla preparazione alla professione di avvocato. Segue la descrizione delle sue lezioni di musica e ballo. Nella musica ha un certo talento, ma non riesce bene come vorrebbe. Muore suo zio, suo tutore economico e per questo a 14 anni diventa padrone delle sue ricchezze, e si dedica all'ozio. Afferma di non voler più studiare e viene trasferito nel Primo Appartamento, la parte dell'Accademia dove vi sono ragazzi che si dedicano solo minimamente allo studio. Trascorre le sue giornate in attività poco formative. A 15 anni Alfieri si sente indipendente visto la sua ricchezza, e chiede al direttore dell'Istituto di poter uscire da solo. Negatogli ciò, prova più volte a uscire senza permesso e viene messo in castigo. La sorella Giulia si sposa nel 1764 e Alfieri si trasferisce da lei per un mese. 1765: primo innamoramento non corrisposto. A Genova è colpito dal mare. Rimane dal viaggio ma poi invidioso torna in Accademia perché i suoi compagni erano stati in paese lontani e da qui nasce la frenetica voglia di viaggiare. Roma. Alfieri nel frattempo decide di intraprendere dei nuovi viaggi: in primis a Napoli così può passare prima da Roma per vedere l’amata. A Roma porta a compimento 14 tragedie. Nel 1783 mette in scena una delle sue opere: l'Antigone, interpretandone lui stesso una parte. Nel frattempo, l’amata è costretta a restare a Roma e Alfieri decide di intraprendere altri viaggi. Successivamente l’amata può tornare presso di lui e l’incontro con lei è il pretesto per scrivere tre nuove tragedie. Tornato in Toscana decide di trasferirsi a Pisa. Nello stesso periodo vengono date in stampa altre tragedie. Successivamente termina il terzo libro di Del Principe e delle Lettere e inizia un nuovo testo, il Della Virtù sconosciuta, e inizia l'Abele. Stende di getto il Bruto Primo e Secondo. Alfieri a Strasburgo visita una tipografia e decide di farvi stampare tutte le sue opere che non siano tragedie. Alfieri vive un periodo difficile e di tensione, in quanto con la Rivoluzione francese vede in pericolo sia i privilegi dei nobili. Nel frattempo, le tragedie vengono distribuite in Italia, dove hanno un certo successo. Siamo nel 1790 e Alfieri ha 41 anni. È arrivato con la sua autobiografia al presente, e spiega che la rileggerà solo dopo circa quindici anni, o per raccontare dei nuovi generi letterari o per iniziare una quinta epoca, quella del "rimbambimento". Lascia poi istruzioni nel caso in cui muoia senza poter continuare e rivedere l'opera. Chiede che l'opera venga tagliata e rifinita stilisticamente, ma che non vengano né aggiunti, né tolti eventi. Quest'opera infatti è l'unica in cui Alfieri dice di aver scritto facendo operare prevalentemente il suo cuore, e quindi l'opera più personale e spontanea. PARTE SECONDA CONTINUAZIONE DELLA QUARTA EPOCA Alfieri spiega che sono passati 13 anni da quando aveva terminato di scrivere le sue memorie. Ora ha 55 anni e decide di raccontare quanto successo negli anni successivi al 1790. Alfieri si dedica alla traduzione di Virgilio e di Terenzio. Ma il suo obiettivo sarebbe iniziare a scrivere delle commedie. Gli unici risultati sono però l'Abele (finito) e la stesura di un Conte Ugolino che però non vedrà mai luce. Visto il continuare delle tensioni in Francia, Alfieri e la contessa d'Albany vanno prima in Bretagna e poi in Inghilterra. Costretti a fare rientro in Francia capiscono che è meglio fuggire dalla città, ormai governata dai rivoluzionari. Con fatica Alfieri riesce a procurarsi dei documenti di uscita dalla città, riuscendo a trasferirsi a Firenze. Qui Alfieri riprende con l'attività di traduzione, ma non ha più stimolo per scrivere altre opere. L'unico testo che scrive è una prosa satirica sulla Francia, e che diventa poi la prefazione del Misogallo. Alfieri si dedica alla lettura dei grandi classici greci: Omero, Esiodo e Pindaro. Nel frattempo, entro il 1797 è arrivato a scrivere ben sette satire e allunga ancora il Misogallo. Decide di dedicarsi allo studio della lingua greca: inizialmente faticoso ma poi Alfieri si entusiasma. Arriva così a 17 satire, che mette in stampa assieme a molte rime. Alfieri si dedica a scrivere due versioni dell'Alceste. La prima è classicheggiante e l'autore la legge riuscendo a farla passare per una traduzione dell'originale greco. Nel frattempo, i francesi sono scesi in Toscana e hanno conquistato Lucca e prima che arrivino a Firenze, Alfieri e la compagna fuggono in una villa in campagna. Qui progetta sei commedie, che stende nei mesi successivi. Sopraggiunti problemi di salute, Alfieri si affretta a concludere l’opera per dedicarsi solo allo studio del latino e del greco. Sceglie inoltre di tenere la Vecchiaia di Cicerone come opera da tradurre se supererà i sessant'anni. Sappiamo però che ciò non avverrà mai. LETTERA DELL'ABATE DI CALUSO La lettera viene messa in fondo all'opera per completarla con il racconto della morte dell'autore. Caluso scrive alla contessa D'Albany e allega un racconto della rapida morte di Alfieri, che in pochi giorni perde conoscenza e muore. Segue ovviamente la lode all'autore del quale restano le opere, e viene citato Canova, che sta già preparando il monumento funebre per la chiesa di Santa Croce a Firenze.
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