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Giovanni Pascoli: La Vita e la Poesia di un Poeta Decadente, Appunti di Lingue e letterature classiche

Biografia e analisi della vita e della poesia di giovanni pascoli, uno dei più importanti poeti decadenti italiani. La perdita precoce di genitori e fratelli, l'attività socialista e l'incarcerazione, l'influenza della crisi del positivismo e la concezione dolorosa della vita, il simbolismo e la ricerca di consolazione nella natura e nelle piccole cose. La prima raccolta poetica myricae e le successive raccolte canti di castelvecchio e poemi conviviali.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 19/07/2019

valentina_morini
valentina_morini 🇮🇹

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Scarica Giovanni Pascoli: La Vita e la Poesia di un Poeta Decadente e più Appunti in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! Giovanni Pascoli Giovanni Pascoli è considerato uno dei più importanti poeti decadenti italiani. Biografia ■ Nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. ■ La crescita e la formazione sono state fortemente segnate dalle difficili vicende vissute durante la sua prima giovinezza. Il 10 agosto 1867, quando ha solo 12 anni, Pascoli perde il padre in circostanza misteriose. L’uomo viene assassinato mentre torna a casa in calesse e il delitto rimarrà sempre impunito. L’episodio, a cui seguono a breve distanza di tempo la morte della madre (1868), poi la scomparsa della sorella maggiore Margherita e dei fratelli Luigi e Giacomo, porta nella vita del poeta profonda disperazione e dolore. ■ Nel 1882 si laura in greco alla Facoltà di Lettere di Bologna. A quegli anni va fatta risalire la fase cruciale della sua formazione letteraria. Allievo di Carducci, Pascoli vive, nella cerchia ristretta dell'ambiente creatosi attorno al grande poeta, gli anni più movimentati della sua vita. Nel '75 perde la borsa di studio e con essa l'unico mezzo di sostentamento su cui può contare. La frustrazione e i disagi materiali lo spingono verso il movimento socialista, in quella che è stata l'unica breve parentesi politica della sua vita. Ad instradarlo verso questa attività è Andrea Costa, anche lui allievo di Carducci all’Università di Bologna, divenuto successivamente il primo deputato socialista del Regno d’Italia. Questa attività socialista mette a rischio non solo gli studi di Pascoli (impiega molto tempo per laurearsi, dal 1873 al 1882), ma anche la sua vita, perché nel 1879 viene incarcerato per aver partecipato ad alcune attività di protesta contro l’attentatore anarchico del re Umberto, Giovanni Passannante. Il socialismo pascoliano andrà progressivamente modificandosi, abbandonando la portata rivoluzionaria del verbo anarchico, che non disdegna l’idea di una protesta violenta, fino ad un socialismo che è stato definito “umanitario e patriottico” (patria come famiglia, patria come nido), non più in contrasto con l’idea cristiana della vita, della carità e della discordia, che non rinuncia a tingersi di sfumature addirittura nazionalistiche. Questa nuova sensibilità di Pascoli si ritrova bene evidente in una 1 prosa del 1901, intitolata significativamente L’Avvento. Così Pascoli conclude l’Avvento: «E soprattutto, io credo non s’abbia a parlare di Lotta, se non di quella che ognuno ha da combattere con sé stesso. Il più e il meglio che possa fare un animoso combattente in pro’ dell’ideale umano è di ridurre se stesso più che può simile a quello ch’egli afferma dover essere gli uomini futuri. E in queste parole non è nessuna intenzione d’offesa per quelli che, per tanta parte della mia vita, chiamai i miei compagni, è chiamerei ancora così, se loro non dispiacesse… » ■ Dopo la laurea, conseguita a Bologna nel 1882, ha inizio la sua carriera di professore di latino e greco nei licei di Matera, Massa e Livorno. Qui vuole vicino a sé le due sorelle minori Ida e Maria, con le quali tenta di ricostituire il primitivo nucleo famigliare. ■ Nel 1891 pubblica la sua prima raccolta poetica, intitolata Myricae, che significa piccoli arbusti, un titolo umile scelto di proposito per indicare l'attenzione dell'autore rivolta alle piccole cose. ■ Nel 1895 il matrimonio della sorella Ida lo sconvolge. Da Roma, dove si è recato l’anno precedente per collaborare col Ministero della pubblica istruzione, scrive alla sorella Maria: «Questo è l’anno terribile, dell’anno terribile questo è il mese più terribile. Non sono sereno: sono disperato. Io amo disperatamente angosciosamente la mia famiglia che da tredici anni, virtualmente, mi sono fatta e che ora si disfà, per sempre. Io resto attaccato a voi, a voi due, a tutte e due: a volte sono preso da accesi furori d’ira, nel pensare che una freddamente se ne va strappandomi il cuore, se ne va lasciandomi mezzo morto in mezzo alla distruzione de’ miei interessi, della mia gloria, del mio avvenire, di tutto!». Nell’estate dello stesso anno si stabilisce con la sorella Maria nella casa di Castelvecchio (nel comune di Barga). ■ Nel 1903 pubblica i Canti di Castelvecchio. 2 Per Pascoli il fanciullino è la parte di noi che conserva intatti i caratteri di curiosità e di stupore rispetto a ogni cosa, propri dell’infanzia. E’ la capacità di guardare con stupore a quanto lo circonda. In tutti si fa sentire nell’età infantile, quando confonde la sua voce con la nostra; una volta cresciuti, distratti dalle vicende della vita, non siamo nostro malgrado capaci di ascoltare la “vocina”. Il fanciullo rappresenta la capacità di cogliere l’irrazionale, ciò che di bello e di poetico è contenuto in ogni cosa , egli è l’equivalente del sentimento poetico in genere (del modo di intendere la poesia di Pascoli). Concezione del poeta: Ecco come Pascoli parla del poeta in un brano del Fanciullino: «Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra. Egli, anzi, quando li trasmette, pur essendo in cospetto d'un pubblico, parla piuttosto tra sé, che a quello. Del pubblico, non pare che si accorga. Parla forte (ma non tanto!) più per udir meglio esso, che per farsi intendere da altrui. […]» (da Il Fanciullino, cap. XI). Il poeta, in sintesi, è un fanciullo divino, che vede tutto con meraviglia e percepisce il mondo circostante attraverso i propri sensi, non offuscati dall’attività pratica, dal guadagno, dalla ragione, dal progresso. Libero da ogni ottusità moderna, sente in modo autentico e totale la realtà, il suo mondo puro. Nella sua purezza gode delle piccole cose, sa riconoscerle, apprezzarle. Il poeta-fanciullo proprio perché ha in sé questi caratteri di superiorità che gli vengono dal dono poetico, può ricoprire anche il ruolo di poeta-vate: non nel senso di voce nazionale unificante, come lo era Carducci, ma nell’intento di attribuire alla poesia una funzione consolatoria. Simbolismo: nella poesia Corrispondenze Baudelaire fa proprio una sintesi perfetta del simbolismo: ciò che vediamo non è che un simbolo, gli oggetti, la natura, sono simboli che parlano all’uomo, risvegliano in lui sentimenti, sensazioni, ricordi. 5 «La natura è un tempio dove pilastri viventi lasciano talvolta sfuggire confuse parole - l'uomo vi passa lungo foreste di simboli, che lo fissano con sguardi familiari» (da Corrispondenze, Les Fleurs du Mal). Per risolvere il rapporto tra il poeta e la realtà esterna anche Pascoli ricorre al simbolismo; se la realtà è avvolta nel mistero, diventa inutile ogni tentativo di conoscenza razionale. Il discorso poetico invece non si ferma alla superficie, va oltre, si richiama ad un'altra realtà, di cui tutti gli elementi apparentemente realistici e oggettivi sono, in vario modo e in diversa misura, ora consapevolmente ora inconsciamente, i simboli. In altre parole sotto la realtà apparente, percepibile, si cela una realtà più profonda, misteriosa che solo la poesia può svelare. Pascoli scopre il valore segreto delle piccole cose, viste come simboli della realtà che si cela al di là delle apparenze sensibili. Ecco dunque che emerge la concezione della poesia come rivelazione dell’ignoto. Si spiega così il motivo per cui le parole che formano il tessuto espressivo della poesia pascoliana finiscono per perdere la loro funzione denotativa, cioè quella di esprimere un significato letterale, per assumere un valore connotativo, cioè un significato diverso e nascosto, legato alla valenza simbolica delle figure. Quali sono le figure simboliche più ricorrenti nella poesia di Pascoli? ■ Il nido-casa. La figura simbolica centrale è quella del nido, cui viene attribuito un profondo e ricco significato. Il nido è simbolo di casa, sinonimo di amore, unione, calore, difesa, protezione, vero e unico microcosmo degli affetti domestici. Al tema del nido si lega anche il simbolo della siepe che è espressione di ciò che circonda, delimita, difende la casa-nido; ■ La presenza dei morti, collegata con l'immagine della casa-nido, è frequente non solo nel ricordo, ma viva nel presente, perché i morti nella casa piangono, sussurrano, amano, toccano, parlano; ■ La strada che rappresenta il cordone ombelicale che unisce la casa al cimitero, ovvero il collegamento tra il mondo dei vivi a quello dei morti; ■ La culla-infanzia. Il nido è anche richiamo costante all'infanzia, di cui la culla è la figura dominante, perché meglio di ogni altra esprime il rapporto madre-figlio, con aspetti di regressione verso il grembo materno, così che la fuga verso la condizione infantile si traduce quasi sempre nell'incapacità di vivere o nel rifiuto di vivere. Una 6 componente, questa della "regressione", che, come si è già sottolineato, investe tutta la concezione pascoliana della vita, del mondo e della storia; ■ Microcosmo-macrocosmo. Il nido è collegato alla dialettica del dentro-fuori, del microcosmo-macrocosmo (dentro, nel nido, c’è la sicurezza, fuori, invece, la minaccia, il mondo della violenza, della crudeltà, che ha distrutto per sempre la famiglia del poeta); ■ La tempesta. In questa sfera si collocano anche i valori simbolici degli oggetti, delle cose, dei fenomeni che vengono poeticamente descritti: sono soprattutto la tempesta, il tuono, il lampo, la procella, che rappresentano la violenza del mondo esterno, in antitesi al calore, alla pace, alla protezione del nido; ■ Le campane, gli uccelli, i fiori, la nebbia, le costellazioni. Sono oggetti o fenomeni che assumono, in contesti diversi, doppia valenza simbolica, positiva e negativa. Le campane indicano sovente un’atmosfera di sogno, di evasione verso l'infanzia, ma sono anche il simbolo di evocazione di morte, di pensieri dolorosi, di angoscia. Gli uccelli ricordano il nido, sono abitatori di una regione superiore, fuori del tempo e dello spazio, dove è possibile l'estasi, il rapimento; ma alcuni di essi sono pure simbolo di angoscia, di morte, di pericolo di morte (come la civetta, l'assiuolo). I fiori simboleggiano spesso il fascino e l’attrazione della sessualità, ma non sempre compongono uno spettacolo sereno, di bellezza; esprimono anche solitudine e incomunicabilità, o sono il funebre ornamento dei morti (G. Bàrberi Squarotti). Altro elemento con doppia valenza simbolica è la nebbia, che, se riferita al microcosmo che è da essa avvolto, è simbolo di rifugio, di protezione, di rinuncia, di oblio, mentre, riferita al macrocosmo da essa nascosto, è simbolo di mistero della vita, dell'universo, fonte quindi di timore e di angoscia. Infine le costellazioni simboleggiano il mistero della vita ed esprimono anche l'ansia dell'infinito. Scelte espressive Pascoli è un «rivoluzionario nella tradizione», come lo ha definito Gianfranco Contini. ■ Al linguaggio generico e dotto della tradizione letteraria sostituisce un lessico preciso e tecnico, aperto al dialetto e ai termini stranieri; 7 ▲ Onomatopea: imitazione di un suono naturale, come coccodè per indicare il verso della gallina. ▲ Allitterazione: ripetizione di uno stesso suono o di un gruppo di suoni all’inizio o all’interno di parole vicine ([…] sentivo il cullare del mare, / sentivo un fru fru tra le fratte, Pascoli) ▲ Altri procedimenti fonosimbolici: procedimento linguistico che consiste nella ricerca di effetti sonori interni a una determinata sequenza di parole. L’Assiuolo Dov’era la luna? ché il cielo notava in un alba di perla2, ed ergersi il mandorlo e il melo parevano a meglio vederla. Venivano soffi di lampi3 da un nero di nubi laggiù; 10 2 alba di perla: era come immerso in un chiarore perlaceo, simile a quello dell’alba. 3 soffi di lampi: è una sinestesia, ovvero una figura retorica che prevede l’accostamento di due piani sensoriali diversi. veniva una voce dai campi: chiù…4 Le stelle lucevano rare5 tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo6 il cullare del mare, sentivo un fru fru7 tra le fratte8; sentivo nel cuore un sussulto9, com’eco d’un grido che fu. Sonava lontano il singulto: chiù… Su tutte le lucide vette Tremava un sospiro di vento; squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento (tintinni10 a invisibili porte Che forse non s’aprono più?...); e c’era quel pianto di morte… chiù… Struttura metrica: 11 4 chiù…: una novità importante, che Pascoli introduce nel linguaggio poetico, è una particolare attenzione ai suoni, non allo scopo di ricreare realisticamente i rumori della natura, ma per scoprire attraverso di essi l’aspetto segreto delle cose. 5 lucevano rare: è una enallage, una figura retorica che consiste nello scambio di una parte del discorso con un’altra (ad esempio l’aggettivo al posto dell’avverbio). 6 sentivo… sentivo… sentivo…: si tratta di un’anafora, consistente nella ripetizione di una o più parole all’inizio di versi o proposizioni successive, per assegnare una particolare evidenza all’elemento ripetuto. 7 fru fru: onomatopea 8 sentivo un fru fru tra le fratte: allitterazione, ovvero ripetizione di uno stesso suono o di un gruppo di suoni all’inizio o all’interno di parole vicine: sentivo un fru fru tra le fratte. 9 sentivo nel cuore un sussulto: si tratta di un chiasmo, un tipo particolare d’inversione che dispone gli elementi di una frase in ordine inverso rispetto a quello della frase successiva. 10 (tintinni… più?...): il suono prodotto dalle cavallette ricorda il tintinnare dei campanelli posti su invisibili porte, che forse non si aprono piiù. Doppie quartine di novenari a rima alternata, chiuse dall’espressione onomatopeica che riproduce il suono dell’assiuolo. Analisi testuale Il poeta ricorda un paesaggio notturno, in cui la luna è seminascosta dalla nebbia. Il componimento inizia con una proposizione interrogativa “Dov’era la luna?” che fa venire in mente Il canto del pastore errante dell’Asia di Leopardi: «Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Silenziosa luna? Sorgi la sera, e vai, Contemplando i deserti; indi ti posi.» Abbiamo poi una novità sintattica nella proposizione successiva, che inizia con una proposizione causale sospesa, ovvero non è agganciata ad alcuna proposizione principale. Sospesa come il paesaggio che sta descrivendo Pascoli, in cui il cielo nuota in un alba di perla. In realtà non è l’alba, ma una sensazione visiva, la stessa che Leopardi descrive nello Zibaldone, in cui il filtrare della luce lunare o solare nella nebbia, in modo che non si riesca ad individuarne la fonte e tale da rivelare il paesaggio e di velarlo allo stesso tempo, viene descritto come fonte di sensazioni che danno piacere e che sono dunque poetiche. Possiamo dunque affermare che l’incipit del componimento si caratterizza per un’atmosfera leopardiana, anche se i paesaggi pascoliani hanno in sé altre novità: ■ Intanto il poeta non appare mai in scena, è soltanto colui che guarda e ascolta; ■ Al centro della scena c’è la natura, che talvolta viene antropomorfizzata, infatti si muove e interagisce, come avviene nei versi successivi, in cui il mandorlo e il melo sembrano ergersi per meglio vedere la luna; ■ Il testo è percorso da effetti sonori e fono-espressivi. Ognuna delle tre strofe di questo componimento alterna sensazioni visive a sensazioni sonore. Dunque vedere e ascoltare; il vedere viene reso in maniera sfumata attraverso quelli che Gianfranco Contini ha chiamato sintagmi impressionistici, cioè dei costrutti sintattici che già nella poesia francese si ispiravano all’impressionismo pittorico, dunque a queste 12 Analisi testuale La poesia prende spunto da un’osservazione astronomica: il fenomeno delle stelle cadenti, visibile nella notte di san Lorenzo, il 10 di agosto. Il poeta ne dà una spiegazione psicologica e intimistica mettendo in relazione il “pianto” di stelle, che il cielo sembra riversare sulla Terra, con la triste vicenda autobiografica dell’assassinio del padre, ucciso da mano ignota sulla via di casa proprio la sera del 10 agosto 1867. A distanza di quasi trent’anni da quel lutto, il 9 agosto 1896, il poeta pubblica sulla rivista «Il Marzocco» questa lirica, inserita l’anno successivo nella quarta edizione di Myricae, nella sezione Elegia. Il poeta poi racconta una sorta di apologo (favoletta), attraverso il quale istituisce un parallelismo tra l’uccisione di una rondine, che tornava al suo nido, con l’assassinio di un uomo innocente, colto di sorpresa sulla via del ritorno a casa. La rondine abbattuta ha le ali aperte, come a formare una croce, e tende il povero verme (l’insetto) a un cielo lontano, indifferente. Ancora più dolorosa è l’immagine del pigolio dei rondinini che si smorza lentamente nel languore dell’agonia. L’immagine della terra vista dall’alto, che Seneca introduce nella Prefazione al libro I delle Naturales quaestiones, è stata ampiamente recepita dalla letteratura europea: nella strofa finale della poesia X Agosto la terra appare, dall’alto del cielo, come un “atomo opaco del Male”, una piccola entità malvagia in contrasto con l’immensità del cielo, che pietosamente la “inonda” di stelle. Il finale sintetizza il pessimismo del poeta: la terra è un luogo oscuro, dominato dalla violenza e dalla ingiustizia. Canti di Castelvecchio I Canti di Castelvecchio, dedicati da Pascoli alla madre, furono pubblicati per la prima volta a Bologna nel 1903, con aggiunta di testi nelle successive edizioni. In seguito ne verranno pubblicate altre cinque, riviste e rielaborate, l’ultima delle quali, la sesta, uscita postuma nel 1912. Il titolo rimanda al mondo appartato di Castelvecchio di Barga, dove il poeta aveva ricostituito il «nido» familiare insieme alla sorella Maria. La raccolta si colloca, per i temi e per lo stile, nella scia di Myricae (Pascoli ripropone l’epigrafe del poeta Virgilio già adoperata per spiegare il titolo di Myricae: «Arbusta iuvant 15 humilesque myricae»), tanto che lo stesso autore la definisce un insieme di «myricae autunnali», dal momento che riprende i temi della prima raccolta, ovvero: ■ Le tragiche vicende familiari; ■ La rappresentazione della natura. Tuttavia i Canti presentano una maggiore complessità, evidente già nell’estensione dei singoli testi, più articolata e vicina all’esperienza dei Canti leopardiani. Anche sul piano tematico, accanto ai consueti motivi se ne affacciano di nuovi, come: ■ La memoria; ■ L’eros; ■ La sessualità negata (Il gelsomino notturno) ■ Il desiderio di regressione che sfocia nel vagheggiamento della morte, unica via per congiungersi ai «cari defunti». Dal punto di vista della metrica, i Canti di Castelvecchio presentano lo stesso sperimentalismo di Myricae e quindi una grande varietà di metri e strofe, mentre viene meno il frammentismo, poiché le liriche sono più ampie, con una audace sperimentazione linguistica e una musicalità più complessa. Fra i tanti versi spiccano il novenario e il senario, usati in modo del tutto nuovo rispetto alla tradizione. Anche in questa raccolta Pascoli fa ricorso ad un linguaggio esatto, costituito da termini definitori e assoluti, ricercati nelle lingue speciali e all’impiego di metafore e sinestesie (es. l’odorino amaro in Novembre) Gelsomino notturno E16 s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso a’ miei cari17. Sono apparse in mezzo ai viburni18 le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi19: 16 16 E: la lirica si cara�erizza per l’a�acco sulla congiunzione «e», che sembra collegarla ad una riflessione precedente che rimane so�ntesa. 17 nell’ora … cari: al tramonto, quando il poeta ripensa ai familiari ormai morti. 18 viburni: sono arbusti con grandi fiori bianchi. 19 gridi: sono le voci della vita del giorno. là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi20, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse21. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse22. Un’ape tardiva sussurra trovando già prese23 le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle24. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento . . . È l’alba: si chiudono i petali 17 20 nidi: gli uccellini. Si tratta di una metonimia (dal greco metonymia “scambio di nome”), una figura retorica che consiste nel sostituire un termine con un latro che ha con il primo un rapporto di contiguità. L’immagine degli uccelli che dormono con il capo sotto l’ala, come un occhio sotto le ciglia, serve ad accentuare la fusione tra uomo e natura. 21 Dai calici … rosse: dalle corolle aperte dei gelsomini si diffonde un profumo simile a quello delle fragole mature (sinestesia). La sinestesia comunica una forte carica sensuale, preparando l’identificazione finale tra il gelsomino e il grembo femminile. Lo scambio di sensazioni, una vivida sensazione visiva che suggerisce una forte sensazione olfattiva, è frequente nella lirica pascoliana. 22 Splende … fosse: la luce nella sala e il pensiero delle tombe, sulle quali nasce l’erba, suggeriscono il senso della compenetrazione tra la vita e la morte. 23 Un’ape … celle: un’ape, giunta in ritardo all’alveare, trova le celle già piene, occupate. 24 La Chioccetta … stelle: la Chioccetta è uno degli astri della costellazione delle Pleiadi, chiamate anche Gallinelle. Si ha qui un’analogia. Il nome suscita un’immagine, la metamorfosi del cielo in una grande aia azzurra e delle stelle in pulcini. Non è una similitudine, perché Pascoli non dice il cielo è come un’aia azzurra, ma una libera associazione. Pogolio di stelle è una sinestesia che accosta una sensazione uditiva ad una sensazione visiva, quella delle stelle luccicanti.
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