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Vita e opere di Francesco Petrarca, Appunti di Italiano

La vita e le opere di Francesco Petrarca, uno scrittore moderno del pre umanesimo. Petrarca è un filologo, un filosofo etico e un poeta italiano contemporaneamente. la sua visione opposta a quella di Dante, che fa girare tutto attorno a Dio come giudice. la sua infanzia, adolescenza, giovinezza e la sua passione per la rinnovazione delle lettere. Petrarca è stato un grande credente ma era laico nella scrittura, dimostra che l’uomo non è peccatore ma può cadere in errore.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 05/03/2023

francescamanzelli
francescamanzelli 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Vita e opere di Francesco Petrarca e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! PETRARCA – IL PRE UMANESIMO 1304-1374 Francesco Petrarca fu uno scrittore moderno e un grande amico di Boccaccio. Un Giotto ci mostra il suo profilo, mentre l’affresco di Sant’Antonio da Padova di Altichiero da Zelio rappresenta lui e alcuni suoi coetanei. Fu un apolide, ossia un senza patria, prese come sua patria l’intera Europa. La lingua di Petrarca è il latino classico, che non risente della grammatica medievale a differenza del latino di Dante. È un filologo, un filosofo etico e un poeta italiano contemporaneamente. Petrarca mette al centro la coscienza dell’individuo senza giudicarla, analizzando lati buoni e cattivi amati da Dio. La sua visione è opposta a quella di Dante, che fa girare tutto attorno a Dio come giudice. Il nome è l’unione tra la pietra della sapienza e l’arca dell’alleanza, cioè si fa custode del sapere per i posteri; salva il passato per proiettarlo al futuro. Vive un dualismo interiore, poiché cerca la fama, la gloria e il consenso dei popoli, apprezza che lo si nomini come il nuovo Virgilio e vuole essere un modello per i posteri; allo stesso tempo però ha una parte oscura, che ricerca fortemente la solitudine e un dialogo con Dio nella quiete monastica, prova angoscia al pensiero di avere figli mentre ha preso i voti. Non raggiunge la felicità piena, poiché le sue due indoli collidono e non riescono a pacificarsi. Mentre Dante non critica il volere di Dio ma lo accetta, Petrarca vive il rapporto con dialogo angosciante. LA VITA E LE OPERE Infanzia e adolescenza: Nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, poiché la famiglia composta da Ser Petracco, un notaio, e sua moglie Elena Caniggiani, era guelfa bianca di Firenze che, dopo l’esilio, si dovette trasferire. Petrarca da bambino vide Dante e lo descrisse come riservato. Due anni dopo la nascita di Francesco, nasce il fratellino Gherardo e Petracco decide di lasciare l’Italia. Si trasferiscono ad Avignone, sede della nuova curia papale. La Francia è un luogo importante per Petrarca: è il luogo dei primi studi scolastici (a Carpentras) presso Dionigi di Borgo San Sepolcro e Convenevole da Prato, da cui impararono il latino e la retorica. Quando il padre vuole mandarli a Bologna per far studiare loro come avvocati e notai, Petracco regala a Francesco le confessioni di Sant’Agostino, nelle quali si rivide (Convenevole aveva visto in lui qualcosa che era ancora nascosto). Giovinezza: A Bologna i due fratelli, molto legati, non studiano come pretendeva il padre. Attorno al 1325 tornano ad Avignone e il padre, rimasto vedovo, cerca spiegazioni. Gherardo manifesta una tendenza alla vita contemplativa, cioè religiosa, ma ancora non riesce ad esternarla. Francesco invece dice di volersi dedicare alla rinnovazione delle lettere, chiede quindi del denaro per dimostrare la passione andando a cercare i testi censurati dalla chiesa. Vuole ricreare il patrimonio letterario senza interpretazioni etiche e religiose, il metodo allegorico andava abolito nella sua visione. La fedeltà storica è importantissima, nasce la filologia in cui si fa l’Editio, cioè la comparazione di stili per riconoscere l’originalità. La filologia è l’amore per la parola contestualizzata, veritiera e non corretta. Fu un grande credente ma era laico nella scrittura, dimostra che l’uomo non è peccatore ma può cadere in errore. Mentre il dio di dante è giudice e biblico, quello di Petrarca è padre e ascoltatore. Il padre gli dà il permesso di cercare le opere mancanti, così si reca a Verona nella biblioteca capitolare e scoprì moltissimi testi, come tutta l’Eneide, le Bucoliche e le Georgiche. Cercando Tito Livio trovò l’originale, prima di allora conosciuto solo tramite riassunti (Epitomi o Perioche), l’Ab Urbe Condita “dalla fondazione di Roma” 135 libri, di cui ne trascrisse 42 nel codice di Livio. Il padre prima di morire nel 1326 riuscì a vedere le opere del figlio e ne fu molto felice. Alla morte del padre i due rimangono quasi senza averi. Anni 20-30: Ad Avignone viveva la famiglia Colonna, servitrice del re di Francia. Il cardinale Giovanni e il fratello Giacomo Colonna stimano molto Francesco come filologo, quindi lo invitano a prendere i voti minori (sacerdotali, ma senza l’obbligo di rimanere in una diocesi) per prendere uno stipendio fisso detto prebenda. Viene nominato quindi cappellano di corte dei Colonna, cioè una carriera ecclesiastica fittizia e d’immagine. Nonostante questo, ebbe due figli (Giovanni nel 1337 e Francesca nel 1341) da due donne diverse, tutt’ora sconosciute. Probabilmente Giovanni era figlio di una donna del popolo mentre la sorella da una nobildonna. Il primo non volle mai studiare. Nel 1327, il venerdì santo, andò nella chiesa di Santa Chiara e incontrò la donna che amò per tutta la vita: Laura. Non è una figura retorica ma reale, lei era sposata e non ricambiò mai. Da quella data fino al 1362 le vennero dedicate canzoni e sonetti raccolti nel Canzoniere, ossia frammenti di cose volgari. Viene scritto contemporaneamente alle opere latine (Livio, Virgilio, Seneca, Cicerone). Nel 1337, dopo la visita a Roma (guidata da Egidio Albornoz, cardinale che si occupava delle terre pontificie per conto del papa avignonese) decide di studiare in Francia, a Valchiusa in aperta campagna e in solitudine. AFRICA: poema epico scritto dal 37 al 39 ma non ultimato poiché Petrarca venne chiamato agli onori poetici di Roberto D’Angiò. Si tratta della storia di Scipione L’Africano, che racconta di Annibale e Magone per esempio, trasforma la storia reale in letteratura. DE VIRIS ILLUSTRIBUS: biografie di grandi condottieri e filosofi illustri, trattati come modelli per l’uomo del suo tempo, senza snaturare le loro contestualizzazioni e dare interpretazioni religiose. 1340-1345: Ottenne la laurea poetica nel 41 nel Campidoglio, tuttavia non era felice. Fu l’anno della crisi spirituale e della conversione (mutatio animi). Appena dopo nasce Francesca e il poeta incontra il suo momento di maggiore crisi, poiché si sente responsabile della nuova nata. Nel 43 il fratello diventa monaco certosino in Francia così Francesco analizza la sua interiorità. Ciò lo porta a scrivere tre opere in latino: due trattati di filosofia classicista rivisitata dall’autore e il Secretum, un diario degli errori e un libro di confessioni. Amò particolarmente il Tusculanae Dispotationes di Cicerone (45 a.C.), ossia un dialogo platonico nell’anno della morte della figlia Tullia; il tema è quello del superamento del lutto e della separazione, è un’opera morale. Si ritira a Valchiusa e manifesta la crisi nelle opere latine così come nel canzoniere, doppia realizzazione di sé stesso (latina e volgare). Lì meditò sui suoi errori e sulla sua vita, come se il periodo senza direzioni fosse finito. La scelta del fratello lo faceva sentire debole, poiché non aveva il coraggio di perseguire la stessa strada mentre prima di allora erano sempre stati molto simili. Petrarca sa di essere al servizio del sapere. DE VITA SOLITARIA: scritto verso il 42-43, è l’elenco di episodi e di personaggi che nella storia e nella tradizione letteraria hanno incontrato momenti di crescita personale dopo aver trascorso tempo in solitudine. Per conoscere il mondo prima dobbiamo conoscere noi stessi, la solitudine è rinnovamento e rigenerazione, non isolamento, è necessaria per meditare e riflettere sull’esistenza. L’opera parla di uomini, non di santi. DE OTIO RELIGIOSO (la quiete religiosa): Nel 1343 va a trovare suo fratello per due mesi nel monastero di Montreux, rimase nella foresteria e appena tornato raccontò com’è la vita del monaco e la bellezza di stare col fratello, ringraziando chi lo aveva ospitato. Nel frattempo trascrive anche Virgilio e ammette a Gherardo il suo bisogno costante di far conoscere al mondo ciò che fa, quindi si rafforza il dualismo dentro di lui. 1345-1350: La sua missione di trasmissione della conoscenza è volta a rendere chiunque consapevole delle sue scelte. Va a Verona dove nel 45 lo aspettano nella biblioteca capitolare, dove erano conservate le lettere perdute di Cicerone ad Atticum (amico vissuto tanto ad Atene). Petrarca le trascrive rimanendo in città per molto tempo. I figli nel frattempo stanno con la madre, a 11 anni il maschio muore di peste. Consigliò a Carlo IV di scrivere la Bolla D’Oro, che stabilisce la votazione per l’imperatore da parte di sette principi, quattro laici e tre ecclesiastici. È quindi un uomo ascoltato ed apprezzato. Vive tra Parma e Milano negli anni 50 ed entra nei conflitti fra signorie, sedati poi da Lorenzo de’ Medici. Le riflessioni di Petrarca vengono trasferite nei suoi scritti. Mutatio Animi: consapevolezza degli errori giovanili e delle scelte che non lo rendono felice, causata anche dalla peste. Mentre Boccaccio distoglie l’uomo dalle preoccupazioni col Decameron, Petrarca scrive il Secretum. Da ciò si intuisce che il dolore viaggia con la persona ovunque, non c’è luogo né solitudine che possa aiutare. La gioia viene incontrata in dio e nella vergine, indicata nel penultimo e nell’ultimo componimento. Dante fa l’opposto, c’è un rovesciamento: parla prima con dio poiché l’uomo è immagine e somiglianza di lui. Maria era invece mortale e ha preso su di sé la responsabilità del divino, spera di essere perdonato da lei, la ammira. Era anziano e chiede a dio di perdonarlo e di accettarlo con tutte le sue mancanze e fragilità. Laura: secondo la nota obituaria è una donna reale, chiamata Laura de Noves e sepolta nella chiesa avignonese. Il suo nome però suggerisce la laurea e l’alloro, simbolo della sua passione per la poesia e per la fama. SONETTO PROEMIALE (1350) - Voi c’ascoltaste in rime sparse il suono Vedendo tanti suoi scritti sparsi decide di farne un codice e di dargli un inizio. Nelle quartine avverte il lettore che nell’opera si parla di errori ed amore non contemplativo, che porta al dolore. È molto presente il dissidio dell’io. Il tema della vergogna non è dantesco, in questo caso è frutto di un esame di coscienza: non ha saputo essere forte e decidere per la sua felicità. Ha sbagliato ma continua a farlo. È il sonetto della mutatio animi Voi c’ascoltaste in rime sparse il suono di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core di quelle sofferenze con cui nutrivo il cuore in sul mio primo giovenile errore durante il mio primo errore quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono (è cambiato con la mutatio animi) del vario stile in ch’io piango et ragiono mi esprimo in modo vario piangendo e scrivendo fra le vane speranze e ‘l van dolore, tra la fama e il dolore amoroso non rivolto a dio ove sia chi per prova intenda amore, presso chi capisce il valore dell’amore perché lo spero trovar pietà, nonché perdono. ha provato cerco pietà Ma ben veggio or sì come al popolo tutto vedo ora come per la gente il mio amore è stato favola fui gran tempo, onde sovente una chiacchiera, per cui spesso mi vergogno di me medesimo meco mi vergogno; allitterazione come il testo liturgico (mea culpa) et del mio vaneggiar vergogna è ‘l frutto, la vergogna è il frutto del mio temporeggiare e ‘l pentersi, e ‘l conoscer chiaramente come anche il pentirmi e il riconoscere che ogni che quanto piace al mondo è breve sogno. cosa mondana inizia e finisce, è breve, è illusione SONETTO 3 – Era il giorno ch’al sol si scoloraro Scritto dopo il 48. In realtà il 6 aprile 1327 era un martedì, ma sceglie di dire venerdì santo poiché per i cristiani è espressione della fine della speranza e della morte, il sole impallidisce, l’animo del credente si rivolge all’amore spirituale, quindi era un giorno non adatto all’innamoramento. È un focus il tempo inadatto. Era il giorno ch’al sol si scoloraro al sole impallidirono i raggi per la pietà del suo Factore i rai, per il dolore del suo creatore quando i’ fui preso, et non me ne guardai, quando fui catturato da indifeso (in preghiera) chè i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro. I vostri occhi mi avvinsero Tempo non mi parea di far riparo non mi sembrava il momento opportuno per conta ‘ colpi d’Amor: però m’andai ripararsi dall’amore, non sospettavo secur, senza sospetto; onde i miei guai da lì i miei lamenti iniziarono, nella condivisione nel commune dolor s’incominciaro. del bene comune (venerdì) Trovommi Amor del tutto disarmato amore mi trovò disarmato, aperta la via et aperta la via per gli occhi al core, degli occhi al cuore (riferimento a Cavalcanti) che di lagrime son fatti uscio et varco: che sono la porta delle lacrime (soffre per il però al mio parer non li fu honore tempismo sbagliato) ferirmi da indifeso non dà ferir me de saetta in quello stato, onore ad amore, e voi Laura, che vi siete mostrata a voi armata non mostrar pur l’arco. nascondendo le armi dell’amore (bellezza) Inizio: Amor Sacro, legato alla santità del tempo e del luogo (factore e sole rappresentano cristo e la salvezza. Fine: è apparso il sole dell’Amor Profano, legato al mondo mortale e agli occhi di lei. Porta alla confusione, al dissidio dell’io e alla sofferenza non perché lei non lo ricambia, ma a causa del turbamento, un po’ come cavalcanti, lo distoglie da dio e dalla pace dell’anima, dalla serenità. Non conta che qui si parli di Laura come donna o come fama, non voleva farlo innamorare. Senza sospetto: chiaro riferimento a Paolo e Francesca SONETTO 35 – Solo et pensoso i più deserti campi Lo scrive nel 37, si lega al tema della solitudine e dello stare bene con sé stessi. È a Valchiusa quando lo scrive, dichiara il suo bisogno di pace e di non vedere nessuno, prova la vergogna del sonetto proemiale. La natura è sorella e ascoltatrice. Pur viaggiando nella massima solitudine il dolore lo segue come dice Socrate, non riesce a trovare la pace. La fuga dal mondo è inutile finché rimane con sé stesso, se è consapevole del suo dolore nulla potrà aiutarlo. Dal de vita solitaria: “a che serve il solitario ingresso in questi luoghi, quale vantaggio mi deriva dai corsi d’acqua, quale dalle foreste percorse in lungo e in largo o dai monti che ho scalato, se dovunque andrò mi seguirà il mio animo immutato?” il vero sapiente per Seneca non è colui che fugge da sé stesso evitando gli altri ma colui che sa coltivare la ricerca interiore (maturità e lucidità) e cerca persone affini alla sua anima. In questo sonetto i luoghi sono proiezione di una ricerca di pace interiore che non ha successo. Laura è per lui accettazione dei suoi limiti. Solo et pensoso i più deserti campi in solitudine percorro i luoghi più deserti vo mesurando a passi tardi et lenti, con estrema lentezza et gli occhi porto per fuggire intenti ho lo sguardo attento a fuggire la terra ove vestigio human l’arena stampi. in cui ci siano segni di passaggio umano Altro schermo non trovo che mi scampi non trovo nessun riparo che mi difenda dal manifesto accorrer de le genti, dall’accorgersi della gente di come sto perché negli atti d’allegrezza spenti perché nei gesti vuoti e spenti di vita di fuor si legge com’io dentro avampi: si vede quanto soffro sì ch’io mi credo ormai che monti et piagge polisindeto (elenco) monti, spiagge... et fiumi et selve sappian di che tempre la natura sa la condizione in cui vivo sia la mia vita, ch’è celata altrui. che è nascosta agli altri Ma pur sì aspre vie né si selvagge ma non so trovare nessun luogo abbastanza cercar non so ch’Amor non venga sempre selvaggio da impedire ad Amore di seguirmi ragionando con meco, et io collui per ragionare insieme. SONETTO 234 – O cameretta che già fosti un porto Ha paura a stare da solo, la datazione è incerta. Torna il tema della vergogna nei confronti della conflittualità interiore a cui si rivolge con la parola “segreto”, fugge il guardarsi dentro. Le prime due quartine sono narrative, le terzine sono di confessione. La sua paura di trovarsi solo lo porta a fuggire anche ciò che bramava, è al culmine della disperazione e ha paura di arrivare all’atto estremo del suicidio. La vita è una sola e se ne va in pochissimo, la consapevolezza dello scorrere del tempo lo distrugge. Quando si pensa troppo al tempo, come dice il filoso rumeno Emil Cioran, si diventa infelici e si constata che siamo solo di passaggio e questo porta sofferenza e amarezza. Se invece l’uomo sta “nescius” cioè attivo, non pensa al tempo, sta bene ed è l’unica soluzione. Quando l’uomo si ferma scatta il pensiero che porta all’infelicità. O cameretta che già fosti un porto o cameretta che fosti un luogo sicuro a le gravi tempeste mie dïurne, rispetto alle angosce della giornata fonte se’ or di lagrime nocturne, ora da solo non sono più sereno, piango lacrime che ‘l dì celate per vergogna porto. Che durante il giorno nascondo O letticciuol che requie eri et conforto letto che offrivi pace e conforto da tante angosce in tanti affanni, di che dogliose urne per le quali amore ti bagna di dolorose lacrime, ti bagna Amor, con quelle mani eburne per colpa di Laura (mani bianche avorio) che solo ver’ me crudeli a sì gran torto! soltanto verso di me fu ingiustamente crudele Né pur il mio secreto e ‘l mio riposo non fuggo solo dal mio segreto e dal riposo, ma
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