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Vita e opere di Kant, Sintesi del corso di Storia Della Filosofia

Sintesi sugli elementi salienti del pensiero e delle opere di Kant

Tipologia: Sintesi del corso

2016/2017

Caricato il 20/11/2017

mariella_germano
mariella_germano 🇮🇹

4.5

(5)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vita e opere di Kant e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! KANT Appartiene alla seconda metà del ‘700 e rappresenta il limite fra la filosofia illuminista e quella romantica. Infatti, da una parte è considerato il filosofo dell’Illuminismo e dall’altra come precursore della cultura romantica. Kant è considerato come colui che ha effettuato una sintesi di tutta la filosofia moderna (razionalismo ed empirismo) riassumendo lo spirito della sua filosofia illuministica nel motto SAPERE AUDE: abbi il coraggio di sapere; non bisogna accettare mai niente per scontato, ma ricavarlo con la propria ragione. Il periodo precritico Come tutti i pensatori tedeschi dell’epoca, anche Kant è influenzato dal pensiero di Leibniz e Wolff, anche se si riveleranno in seguito solamente dei punti di partenza della sua filosofia. Le opere che Kant scrisse in questa sua prima fase si possono dividere in due gruppi 1. Opere scientifiche 2. Opere filosofiche Nel primo gruppo appare chiaro che Leibniz sia il punto di partenza della fisica Kantiana fino a quando abbandona quest’ultima per avvicinarsi, invece, alle teorie di Newton. Tra le opere più importanti appartenenti a questo primo gruppo troviamo “Storia universale della natura e teoria del Cielo” nella quale Kant si interroga sulla genesi e del modo in cui si è strutturato l’Universo. In quest’opera allude all’esistenza di Dio come creatore, è l’immagine di un Dio orologiaio. Kant ritiene che l’universo non è uscito dalle mani di Dio così come è strutturato adesso, ma che Dio abbia creato solo la materia e le leggi a cui tutta la creazione è stata subordinata. Nel secondo gruppo di scritti Kant dichiara la propria insofferenza per il metodo sillogistico di Wolff che pretendeva di costruire astrattamente l’intero edificio della metafisica connettendo le singole conoscenze sulla base della loro non contraddittorietà senza preoccuparsi di trovare un riscontro nell’esperienza. Questo metodo secondo Kant poteva andare bene per la matematica, ma non per la filosofia e la metafisica le quali si occupano non solo di ciò che è possibile, ma anche e soprattutto di ciò che è esistente. L’esistenza è per Kant qualcosa che non è costruibile con il pensiero, ma dev’essere dato per via extralogica, quindi necessariamente dall’esperienza. Tra le opere più importanti di questo gruppo troviamo “Sogni di un visionario” nel quale afferma che la conoscenza umana è possibile solo nei limiti dell’ESPERIENZA. Ciò che va al di la di questo ambito, come l’esistenza degli spiriti (racconto che da il nome all’opera) ma più in generale i problemi della metafisica tradizionale, non può essere oggetto di conoscenza da parte dell’uomo. La Dissertazione del 1770 La Dissertazione sul mondo sensibile e intellegibile può essere considerata sia come ultima opera del periodo precritico che come prima della fase critica. Qui Kant distingue due modi diversi di usare l’intelletto, o meglio distingue due generi di conoscenza (Conoscenza sensibile e conoscenza intellettuale). Al primo genere si riferiscono le rappresentazioni delle cose come appaiono, mentre al secondo genere si riferiscono le rappresentazioni delle cose come sono. • La conoscenza sensibile riguarda cioè la “dimensione fenomenica” delle cose • La conoscenza intellettuale riguarda le cose in se, nella loro “dimensione noumenica” Nella prima parte dell’opera – quella dedicata alla conoscenza sensibile – Kant abbraccia l’idea che noi non percepiamo le cose come sono in se, ma necessariamente le modifichiamo nel procedimento percettivo adattandole alle forme soggettive della nostra intuizione. Queste forme percettive sono lo SPAZIO e il TEMPO. Nella seconda parte dell’opera, relativa alla conoscenza intellettuale, Kant parla dei concetti dell’intelletto che chiama IDEE PURE e afferma che esse non dipendono dalle rappresentazioni sensibili, ma proprio in funzione di questa indipendenza del pensiero dalla sensibilità, le idee pure possono cogliere la realtà nella sua essenza noumenica. Il criticismo La filosofia di Kant è spiegabile attraverso il termine CRITICISMO = nel senso di GIUDICARE. Secondo Kant l’oggetto del giudizio è la “ragione” , a giudicare è sempre la ragione (giudica se stessa per scoprire quali sono le sue capacità). Questo primo assunto trova la sua realizzazione in una delle opere più famose di Kant: Critica alla ragion pura. La ragione umana, scrive Kant, ha il destino particolare di essere tormentata da problemi che non può evitare, perché le sono posti dalla sua stessa natura, ma dei quali non può trovare la soluzione perché oltrepassano ogni suo potere. L’ambito in cui la ragione dibatte questi problemi incorrendo in oscurità e contraddizioni è la METAFISICA. Ma anche lo statuto delle scienze certe (matematica e fisica) non è del tutto chiaro poiché se nel loro caso è indubitabile che siano possibili non è chiaro in che modo siano possibili. Occorre dunque instaurare un TRIBUNALE DELLA RAGIONE in cui quest’ultima, insieme giudice e imputato, determini i limiti e le possibilità della conoscenza umana. Il programma della filosofia critica si apre quindi con tre domande: 1. Com’ è possibile una matematica pura? 1. Quantità (Unità, Pluralità, Particolarità) 2. Qualità (Realtà,Negazione, Limitazione) 3. Relazione (inerenza e sussistenza, causalità e dipendenza, Comunanza) 4. Modalità (possibilità-impossibilità, esistenza-inesistenza, necessità- contingenza) La validità oggettiva di questi concetti è data dal fatto che noi non possiamo pensare i fenomeni dell’esperienza se non in termini di sostanza e di causa, poiché la sostanza e la causa rappresentano strutture necessarie del nostro pensiero intellettuale. Kant osserva che poiché ogni nostro pensiero comporta un’unificazione delle intuizioni, occorre che esista una “unità originaria” a cui vengano rapportate tutte le rappresentazioni in modo che esse trovino un unico punto di riferimento. A questa unità originaria Kant da il nome di IO PENSO, esprimendo con tale termine l’autocoscienza del soggetto cosciente. Affinché io possa rappresentarmi qualcosa, occorre che la rappresentazione sia presente alla mia autocoscienza; in caso contrario io non posso rappresentarmi nulla. Inoltre, poiché l’Io Penso è identico in tutti (ossia tutti hanno la stessa struttura unificante), il risultato dell’unificazione sarà valido universalmente e oggettivamente. L’Analitica trascendente dei principi corrisponde alla seconda parte dell’Analitica trascendente e si occupa di chiarire in che modo le singole categorie possono essere applicate concretamente alle intuizioni. Kant individua delle regole che consentono questo passaggio a cui da il nome di “principi puri dell’intelletto” che si dividono in quattro gruppi: 1. Gli Assiomi dell’intuizione – hanno come principio che tutte le intuizioni sono quantità estensive. Tutti gli oggetti che noi intuiamo nello spazio e nel tempo sono dati come quantità. Noi non possiamo intuire oggetti se non in forma quantitativa. 2. Le anticipazioni della percezione – hanno come principio che “tutte le percezioni hanno un determinato grado di intensità, è impossibile percepire senza avere l’impressione soggettiva dell’intensità”. 3. Le analogie dell’esperienza – hanno come principio generale che “l’esperienza del mondo naturale è possibile soltanto in quanto esso si configura come insieme di leggi necessarie”. Queste analogie sono tre: la permanenza (in ogni cambiamento di fenomeni l sostanza permane e la quantità di essa nella natura non aumenta ne diminuisce); la successione (tutti i fenomeni accadono secondo la legge della connessione della causa e dell’effetto); la simultaneità (questo principio consente di vedere l’intero mondo naturale come un insieme nel quale ciascun fenomeno è nello stesso tempo causa ed effetto di tutti gli altri). 4. I postulati del pensiero empirico in generale – si limitano a decidere se il contenuto di un oggetto è possibile (quando può essere dato nello spazio e nel tempo e può essere oggetto di sintesi categoriale); reale (quando è dato da una sensazione effettiva); necessario (quando è dimostrabile in base a una legge universale della natura). I principi puri dell’intelletto coincidono, per Kant, con le leggi universali della natura. La Dialettica trascendente affronta il problema della ragione e mette in evidenza gli errori in cui cade quando pretende di conoscere ciò che invece non sa. L’uomo attraverso la ragione fa un improprio delle categorie operando una sintesi puramente logica in modo da produrre concetti di totalità incondizionate di fenomeni che in quanto illimitate non possono essere date da nessuna esperienza reale. I concetti che la ragione produce sono le IDEE trascendentali. Kant individua tre tipi di idee: • L’idea dell’anima – è l’unità incondizionata del soggetto pensante • L’idea del mondo – è l’unità incondizionata di tutti i fenomeni esterni • L’idea di Dio – è l’unità incondizionata di tutti gli oggetti del pensiero in generale. Ma l’anima, il mondo e Dio sono temi fondamentali della metafisica tradizionale; la critica kantiana all’uso trascendente delle idee coincide dunque con la critica alla metafisica, la cui pretesa di conoscere l’essenza dell’anima e del mondo, nonché gli attributi di Dio, nasce appunto dall’illusione di poter estendere l’uso delle strutture formali del pensiero umano al di la dei limiti dell’esperienza. Kant sostiene che basta il mancato riferimento all’esperienza possibile (comune a tutte) per sottolineare la loro infondatezza. La ragione è limitata quindi esclude la possibilità che l’uomo possa essere certo dell’esistenza dell’anima. Intorno al mondo la metafisica ha preteso di dare risposte certe sull’esistenza di un mondo con determinate caratteristiche ( finito o infinito nello spazio e nel tempo; che possa essere divisibile all’infinito oppure no; che vi sia una casualità libera o leggi naturali che ne determinano il funzionamento), ma quando la ragione intraprende questa strada si imbatte in tesi e antitesi tra le quali la ragione non sa scegliere. Per quanto riguarda l’esistenza di Dio Kant cerca di opporsi e ribaltare le tre “prove”(ontologica, cosmologica e fisico-teologica) utilizzate per affermare l’esistenza di Dio da filosofi e correnti di pensiero opposte a Kant. Kant ricorre all’esempio dei 100 talleri per dimostrare nella maniere più semplice che il semplice fatto di credere in Dio non ne presuppone la sua reale esistenza: se penso di avere 100 talleri in tasca allora questi 100 talleri esistono davvero). Le ultime due prove rimandano necessariamente alla prima (il concetto di un essere necessario e quello di un ordine subordinato ad esso del mondo rimandano necessariamente al concetto dell’esistenza di un essere perfettissimo), per cui dimostrata l’inconcludenza della prima cade necessariamente anche la validità delle altre. La morale Kant affronta il tema della morale nella sua opera CRITICA ALLA RAGION PRATICA. Qui cerca nell’uomo le condizioni per una morale universale. Kant si pone questa domanda: Quali sono gli elementi presenti nell’uomo che possono portare a individuare una morale universale? Kant esclude da subito la sensibilità poiché essa dipende da soggetto a soggetto; punta allora sulla ragione: mentre, infatti, l’uomo tende a seguire spontaneamente le inclinazioni sensibili, i precetti razionali hanno sempre carattere imperativo (consistono, cioè, in comandi cui il soggetto si sottopone nel momento in cui si attiva la ragione). Gli imperativi della ragione si dividono in: • Imperativi ipotetici (se vuoi allora devi) – comandano un’azione in vista di un fine che non deve essere necessariamente condiviso da tutti, non hanno quindi validità universale. • L’imperativo categorico (tu devi) – l’azione che esso impone deve essere compiuta in ogni caso per il solo fatto che essa viene comandata direttamente dalla ragione. Essa esprime la legge “del dovere per il dovere” e vale quindi per tutti, è universale. L’imperativo categorico riveste un carattere puramente formale, esso non dice “che cosa” si deve fare, ma “come” si deve agire affinchè l’azione possa essere moralmente positiva. Esso bada non tanto al risultato quanto all’intenzione. La formula è la seguente: “comportati sempre in maniera tale che il tuo comportamento possa essere valido per tutta l’umanità”. I postulati della ragion pratica La legge morale è per Kant un fatto che l’uomo scopre nella propria coscienza razionale. Il filosofo introduce un altro elemento a cui da molta importanza ed è “la libertà” (primo postulato) che considera condizione sostanziale della moralità: una moralità priva di libertà non sarebbe possibile, perché verrebbe meno la capacità del soggetto di essere responsabile della propria azione. Accanto alla libertà Kant individua altri due postulati pratici: L’immortalità dell’anima – attraverso questo postulato viene garantito all’uomo la possibilità di progredire moralmente anche dopo la morte in modo da potersi avvicinare progressivamente alla santità. L’uomo deve raggiungere il
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