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Vita e poetica di Giovanni Pascoli, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Vita e poetica di Giovanni Pascoli

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 23/08/2023

Fiorella_dimitri
Fiorella_dimitri 🇮🇹

4.3

(3)

98 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vita e poetica di Giovanni Pascoli e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI 1855 -> San Mauro di Romagna da una famiglia della piccola borghesia rurale.Il nucleo familiare del poeta venne sconvolta da una tragedia: il 10 agosto 1867,il padre Ruggero Pascoli,fu ucciso a fucilate.Morirono anche la madre,la sorella maggiore,il fratello Luigi e Giacomo. Frequentò il collegio degli Scolopi ad Urbino,dove ricevette una rigorosa formazione classica.Proseguì gli studi a Firenze,dove terminò il liceo.Grazie ad un brillante esito di un esame(della commissione Carducci),ottenne una borsa di studio presso l’Università di Bologna. Pascoli subì il fascino dell’ideologia socialista.Partecipò a manifestazioni contro il governo,fu arrestato e dovette trascorrere alcuni mesi in carcere.L’esperienza fu per lui traumatica e determinò il suo definitivo distacco dalla politica militante. Intraprese la carriera di insegnante liceale,prima a Matera,poi a Massa.Qui chiamò a vivere con sé le due sorelle Ida e Mariù (che lo lascerà sposandosi),ricostituendo così quel “nido” familiare che i lutti avevano distrutto.Passò ad insegnare a Livorno. Nel 1895,dopo il matrimonio di Ida,Pascoli prese in affitto una casa a Castelvecchio di Barga,nella campagna lucchese.Qui con la fedele sorella Mariù,trascorreva lunghi periodi a contatto con il mondo della campagna,che ai suoi occhi costituiva un Eden di serenità e pace,di sentimenti semplici e puri.Vive una vita turbata nell’intimo da oscure angoscie e paura per la presenza ossessiva della morte. Ottenne la cattedra di Letteratura italiana a Bologna. -Myricae (1891) -> raccolta di liriche -I Poemetti (1897) -Canti di Castelvecchio (1903) -Poemi conviviali (1904) Pascoli negli ultimi anni volle gareggiare con maestro Carducci e con d’Annunzio nella funzione di poeta civile.Espletò questo suo compito con una serie di discorsi pubblici,tra i quali La grande proletaria si è mossa, tenuto per celebrare la guerra coloniale di Libia nel 1911. Si spense nel 1912 per un cancro allo stomaco. IL NIDO FAMILIARE Pascoli ci fa riflettere sul concetto di nido presentandocelo in senso metaforico.Pascoli ritiene che all’interno del nido famiglia l’uomo sia protetto da tutte le cose che provengano dal mondo esterno, le quali sono considerate malvage.Degna di nota è l’importanza che Pascoli attribuisce alla figura della famiglia. Essa viene infatti idealizzata e osannata come qualcosa di perfetto e pacifico, e ogni cosa, quindi, che interferisce sulla famiglia viene considerata nemica.Con questo atteggiamento in Pascoli nasce una vera e propria ossessione nei riguardi della famiglia ed è costretto, da se stesso, a una vita carente di ogni tipo di rapporti con persone,ambienti.Parlando di attaccamento a un unico nido, possiamo specificare che nel 1895 Pascoli si trasferì con la sorella Maria nel piccolo borgo arroccato di Caprona, presso Castelvecchio (comune di Barga) in una casa che divenne la sua residenza stabile quando poté acquistarla col ricavato della vendita di alcune medaglie d’oro vinte nei concorsi. Per preservare quello che pareva essere un nido familiare, Pascoli addirittura annullò l’imminente matrimonio con la cugina Imelde Morri, e mai accettò il matrimonio della sorella Ida, avvenuto nello stesso anno, che considerò come tradimento. IL FANCIULLINO Fu pubblicato sul “Marzocco” nel 1897.L’idea centrale è che il poeta coincide col fanciullo che sopravvive al fondo di ogni uomo:un fanciullo che vede tutte le cose come per la prima volta,con ingenuo stupore e meraviglia.Si scorge una concezione della poesia come conoscenza prerazionale e immaginosa.Il poeta- fanciullo ci fa sprofondare immediatamente nell’abisso della verità.L’atteggiamento irrazionale e intuitivo consente una conoscenza profonda della realtà,permette di cogliere direttamente l’essenza segreta delle cose.Il poeta appare come un “veggente”,dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni,colui che per un arcano privilegio può spingere lo sguardo oltre le apparenze sensibili.Si vede come anche la poetica pascoliana,al pari della visione del mondo,rientri in un ambito decadente. LA POESIA PURA Per Pascoli la poesia non deve avere fini pratici; il poeta canta solo per cantare,non vuole assumere il ruolo di consigliatore e di ammonitore,non si propone obiettivi civili,morali,pedagogici,propagandistici.Tuttavia,precisa Pascoli,la poesia,proprio in quanto poesia “senza aggettivi”,poesia “pura”,assolutamente spontanea e disinteressata,può ottenere “effetti di suprema utilità morale e sociale”.Nella poesia “pura” del fanciullino per Pascoli è implicito un messaggio sociale.Inoltre la poesia è anche nelle piccole cose: “poesia è trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima; e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente e serenamente di tra l’oscuro tumulto della nostra anima”. IL FANCIULLINO E IL SUPERUOMO Due miti diversi con le stesse radici Il «fanciullino» pascoliano e il «superuomo» dannunziano sono due miti che, pur nascendo negli stessi anni (il romanzo Le vergini delle rocce compare nel 1895, Il fanciullino nel 1897), appaiono antitetici. Essi hanno le radici nello stesso terreno, sono risposte diverse ma specularmente equivalenti e complementari agli stessi problemi e agli stessi traumi.Il «fanciullino» e il «superuomo» sono due risposte compensatorie, elaborate da due intellettuali provenienti dai ceti medi provinciali, a questi processi traumatizzanti. Creando il mito dell’infanzia Pascoli «coglie un tratto reale della psicologia e della condizione dell’uomo moderno» (Salinari), e propone quindi una soluzione destinata a suscitare echi profondi nell’anima collettiva: l’idea di un Eden innocente, che si sottragga alle brutture della società contemporanea, in cui non esistano violenze e conflitti laceranti, ma solo fraternità, amore, mitezza, in cui alla spietata logica produttiva si sostituisca la fantasia, la contemplazione incantata e ingenua del mondo. È un mito consolatorio, d’evasione, che esprime un rifiuto della società e della storia, il bisogno disperato di regredire in una condizione fuori del tempo, ignorando gli sviluppi più angosciosi della realtà moderna.Intimamente collegato col mito dell’infanzia è quello del «nido» familiare, che, chiudendo nel suo ambito geloso, tiepido e avvolgente, può preservare intatta la condizione edenica dell’infanzia, impedire all’uomo di venire a contatto traumatico con il mondo esterno. A questo scontro traumatico con la modernità D’Annunzio, col mito del «superuomo», reagisce in modo contrario, non fuggendo all’indietro ma, per così dire, "in avanti": invece di rimuovere, decide di celebrare proprio ciò che fa paura, l’espansione industriale, la macchina, la guerra, il conflitto sociale violento, il dominio dei più forti che schiacciano i più deboli. Da un lato, in Pascoli, a compensare l’impotenza e la sconfitta, si ha il ripiegamento entro il guscio protettivo delle piccole cose quotidiane e degli affetti più comuni e miti; dall’altro, in D’Annunzio, si ha il rovesciamento immaginario dell’impotenza in onnipotenza, attraverso atteggiamenti attivistici e aggressivi, attraverso l’esaltazione della lotta e del dominio imperiale, l’affermazione oltre ogni limite dell’io e di una sensibilità eccezionale. Alla base di atteggiamenti del genere si possono però ravvisare le stesse angosce, gli stessi traumi, lo stesso senso di impotenza e di sconfitta: difatti affiora costantemente nell’opera dannunziana, come si è potuto ampiamente verificare, l’attrazione per la morte, per il disfacimento, per il nulla, che esercitano un fascino morboso e voluttuoso. e violenti, dotati, oltre che di sensibilità eletta per la Bellezza, di una forza barbarica e ferina.
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