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Vita nello spazio - riassunto, Sintesi del corso di Estetica

Riassunto del libro Vita nello Spazio, Federico de Matteis. Libro a scelta per l'esame di Estetica, Architettura.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 26/04/2022

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Scarica Vita nello spazio - riassunto e più Sintesi del corso in PDF di Estetica solo su Docsity! VITA NELLO SPAZIO DI CHE COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DI SPAZIO? Sappiamo che l’architettura è l’arte di costruire lo spazio, ma sembra che ancora non ci sia stato un chiarimento su cosa lo spazio sia. Questo, infatti, non si riferisce puramente a caratteri tecnici, dimensionali, che comunemente chiameremmo oggettivi, non è fatto soltanto di cose, di oggetti che contiene, ma ha una valenza molto più ampia. Indispensabile, infatti, in questo senso è l’esperienza che fa il soggetto che si trova nello spazio. Pensiamo ad una persona che si trova in uno stadio quando è pieno e quando vuoto: la persona fa un’esperienza nei due casi completamente diversa, per fattori che non dipendono dall’edificio in sé, ma che dipendono da fattori anche esterni. Infatti, è sbagliato considerare le persone che vivranno un edificio, un’architettura come meri occupanti, fruitori, perché in realtà sono la parte fondamentale di vivibilità e percezione di uno spazio. Le stesse esperienze fatte dalle persone, possono essere in alcuni casi uguali tra loro o diverse: domandarsi chi è il soggetto, quindi, è una questione centrale proprio perché uno stesso ambiente può offrire ai vari soggetti esperienze diverse. Pensiamo a mettere un anziano all’interno di un’aula scolastica: questo si sentirà molto più fuori luogo rispetto ad uno studente delle medie. Dunque, lo spazio è un’entità dinamica, che cambia seguendo lo svolgersi di eventi e secondo l’azione dei soggetti che lo vivono. LO SPAZIO OLTRE LE COSE È difficile immaginare la descrizione di uno spazio che non parta dagli oggetti che questo contiene, eppure questo non può considerarsi qualcosa di universale, perché, come abbiamo detto, dipende da tanti altri fattori, ad esempio anche dalle geografie culturali. Intanto, possiamo dire che, descrivendo gli oggetti presenti in uno spazio, ci viene naturale soffermarci so quelli che noi definiamo oggetti perché hanno una materialità, che sappiamo descrivere grazie all’osservazioni di alcune caratteristiche, come forma, dimensione e colore. Ma non tutte le cose hanno queste caratteristiche, pensiamo all’acqua, al vento o all’aria. Sono cose difficilmente considerabili materiali e la differenza sta anche nel fatto che sulle cose materiali riusciamo a fare dei confronti (confronti appunto su dimensioni, forma e colore), ma per queste altre cose che non hanno queste caratteristiche diventa complicato. Infatti, il confronto tra queste è possibile solo in relazione a un termine intermedio, che è il soggetto che valuta l’una e l’altra situazione in base alla propria esperienza (per esempio per descrivere un ambiente più ventilato di un altro); in quanto esperienza individuale, questa non sarà direttamente quantificabile e trasmissibile, se non attraverso una strumentazione tecnica che non restituisce la realtà dei fenomeni, ma solo una sua rappresentazione astratta. Lo spazio, quindi, non è un neutrale contenitore di cose, ma un’entità che emerge solo quando è abitata da un soggetto che con gli oggetti e i non oggetti stabilisce una relazione. Questa dipendenza dall’azione del soggettivo si manifesta anche semplicemente nel concetto di prospettiva, del diverso punto di vista assunto da un osservatore. La diversità dell’esperienza degli oggetti in base al movimento compiuto dal soggetto in relazione ad essi può comprendersi nel processo di avvicinamento ad un’architettura. Lo sviluppo della geometria, fin dall’antichità, è diventata una forma di misurazione della realtà visibile, che rafforza la capacità di descrivere con accuratezza le forme materiali delle cose, aprendo così infinite possibilità di controllo del mondo. Questo vale a tal punto che si rispecchia nell’associazione di alcune forme addirittura determinanti di caratteri morali, come quando diciamo che un uomo è quadrato, o che ha una personalità a tutto tondo. Siamo stati abituati, quindi, anche ad associare determinate caratteristiche caratteriali alle forme; ad esempio, anche nei cartoni animati, i personaggi più buoni di solito sono rappresentati con forme tonde. Questo ha portato a diverse situazioni. La rappresentazione fotografica dell’architettura, per esempio, tende a sottolineare la valenza geometrica degli oggetti, inquadrandola in punti di vista che raramente emergono dal vivere quotidianamente lo spazio. Inoltre, la stessa parola composizione, legata alla questione della geometria, indica il proce4sso in cui si definiscono le qualità geometriche di un edificio. Tornando alla questione dele culture geografiche, capiamo che nel campo percepito, alcune presenza diventano più rilevanti di altre. L’esempio è emblematico è quello delle tazze giapponesi rispetto a quelle inglesi del XVIII secolo, due oggetti considerati capolavori, di forme molto diverse e di perfezioni tecniche molto diverse, ma di fondamentale importanza percettiva per le due culture. si può concludere, quindi, che le cose in quanto tali emergono quando, attraverso la sua presenza, il soggetto che le incontra stabilisce con esse una relazione. Dalla relazione tra questi due elementi emerge l’esperienza dello spazio. Le condizioni di dimensione materialità degli oggetti diventano efficaci solo in relazione alle azioni che il soggetto compie nello spazio. IL CORPO VISSUTO Per indicare il protagonista dello spazio, abbiamo usato il termine soggetto, ma non in maniera universale, anzi, specifico perché si riferisce a diversi fattori, tra cui sesso, provenienza etnica, culturale e sociale e esperienze. Si tratta di caratteristiche fisiche del corpo umano ed è proprio questo corpo ad abitare lo spazio; più in particolare è il corpo non fisico, ma vissuto ad abitare e caratterizzare lo spazio. Cos’è il corpo vissuto? Il corpo vissuto è difficile da delineare rispetto al corpo fisico; si tratta comunque di forme di movimento che il corpo vissuto avverte senza che però vengono chiamati in causa i cinque sensi. Un chiaro esempio di ciò è il dolore: quando sbattiamo un ginocchio lo avvertiamo con chiarezza nel punto dove è avvenuto l’impatto ma non possiamo dire di vedere ascoltare o annusare il dolore. Quindi, il corpo vissuto è la somma di tutti i movimenti che avvertiamo e che includono il movimento fisico del proprio corpo, anche quello cinetico, compreso il respiro, il dolore e le contrazioni che derivano dalle emozioni. La centralità del corpo vissuto è data dal fatto che lo spazio così come lo abbiamo inteso finora, non si completa fino a quando non è abitato dal soggetto nella sua presenza corporea. Lo spazio quindi non esiste a meno della presenza del soggetto. Il corpo vissuto risponde continuamente agli stimoli che provengono dall’ambiente. Parliamo di un processo di adattamento che ha radici profonde nelle necessità dell’individuo di sopravvivenza all’interno di un ambiente ostile, oppure all’interno di un ambiente che gli può offrire qualcosa. Inoltre, il corpo vissuto lega il soggetto allo spazio proprio grazie alle dinamiche percettive. La percezione è sempre all’opera e il fatto di usare il termine “all’opera” serve proprio per far capire che la percezione è un’azione attiva e non passiva come si potrebbe pensare. La percezione, infatti, si lega strettamente a due altre dinamiche fondamentali, che sono l’emozione e il movimento; l’emozione è la risposta emotiva del soggetto agli stimoli provenienti dall’ambiente e il movimento ha la stessa radice linguistica della parola emozione. Lo spazio, quindi, non è qualcosa che semplicemente ci contiene, ma un’entità plastica e mutevole determinata costantemente dall’azione del corpo vissuto che lo abita e che è in un continuo processo di adattamento, sia rispetto alle sue caratteristiche fisiche, sia rispetto alle presenze e agli incontri che producono una risposta emotiva espressa dal movimento del corpo vissuto stesso. Possiamo quindi concludere ribadendo che, al centro dello spazio, troviamo sempre il soggetto e non soltanto gli oggetti inanimati, come gli edifici (che diventano spazio solo con la presenza del corpo vissuto). LA COGNIZIONE DELL’AMBIENTE Comprende le dinamiche percettive del soggetto nell’ambiente è necessario per descrivere la natura dell’esperienza dello spazio. Il presupposto di base è che la percezione non è un fatto oggettivo, non è uguale per tutti. La percezione è un processo articolato che si differenzia a seconda delle caratteristiche del soggetto e dell’ambiente. Non è un fatto neutrale e isolato, perché chiama in causa una sfera sensoriale estesa e la collaborazione di quello che abbiamo definito corpo vissuto. Questa complessità sensoriale è definita sinestesia (anche alcuni caratteri espressivi che incontriamo nell’ambiente si lasciano descrivere con precisione proprio attraverso degli attributi sinestetici, per esempio quando parliamo di luce calda o freddo o di un colore squillante). La percezione sinestetica consente una profonda collaborazione sensoriale. Facciamo l’esempio di un’immagine che rappresenta uno spazio urbano, una piazza con delle persone, delle panchine, dei negozi. I diversi soggetti vedono tutti la stessa immagine, ma si modifica a seconda degli interessi del singolo soggetto; per esempio, se sono stanca sarò attirata dalla panchina, che passerà in primo piano, se sono affamata passerà in primo piano il bar che vedo in lontananza. Questo esempio è alla base della teoria della percezione ecologia, formulata da uno psicologo americano, Gibson: il soggetto vede tutto ciò che lo circonda, ma soltanto alcune cose risaltano, in particolare
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