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Giovanni Pascoli: La Vita e Opere del Poeta, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Biografia e opere di Giovanni Pascoli, poeta italiano nato a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. La sua carriera accademica e letteraria, caratterizzata da manifestazioni studentesche e da una forte attaccamento morboso alle sorelle, portarono a una produzione poetica ricca e vicina all'ideologia nazionalista. Muore a Bologna il 6 aprile 1912.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 06/05/2022

swamiribecco
swamiribecco 🇮🇹

28 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli: La Vita e Opere del Poeta e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, il 10 agosto 1867, suo padre fu ucciso. Nel 1873 vinse una borsa di studio che gli permise di iscriversi alla facoltà di Lettere dell’università di Bologna, la borsa di studio gli fù tolta a causa a causa della sua partecipazione alla manifestazione studentesca, e fu arrestato e condannato per tre mesi di carcere nel 1879. Laureatosi a ventisette anni, iniziò a insegnare nei licei, prima a Matera e poi nel 1884 a Massa. Dimostrò un attaccamento morboso a due delle sue sorelle, con cui costruì il nido, distrutto nell’infanzia. Si trasferì nel 1887 per insegnare a Livorno, pubblicò la prima raccolta di poesie “Myricae” 1891. Nel 1897, pubblicò la prima edizione dei “Poemetti”. Fù nominato professore nel 1879 di letteratura latina, presso l’università di Messina. Pubblicò “Canti di Castelvecchio” (1903-1907-1912) “Poemi conviviali” (1904-1905) “Odi e inni” (1906) “Il fanciullino” (1897-1903) “Minerva oscura” (1898) “Sotto il velame” (1900) “La mirabile visione” (1902) “Canzoni di re Enzo” (1908-1909) “Poemi italici” (1911) “La grande proletaria si è mossa” (1911) “Poesie varie” (1912) “Poemi del Risorgimento” (1913) “Carmina” (1914). Poesie sempre più vicine all’ideologia nazionalista. Muore il 6 aprile 1912 a Bologna a causa di un tumore. X AGOSTO: (testo) San Lorenzo, io lo so perché tanto 
 di stelle per l’aria tranquilla 
 arde e cade, perché si gran pianto 
 nel concavo cielo sfavilla. Ritornava una rondine al tetto:
 l’uccisero: cadde tra i spini;
 ella aveva nel becco un insetto:
 la cena dei suoi rondinini. Ora è là, come in croce, che tende 
 quel verme a quel cielo lontano;
 e il suo nido è nell’ombra, che attende,
 che pigola sempre più piano. Anche un uomo tornava al suo nido:
 l’uccisero: disse: Perdono;
 e restò negli aperti occhi un grido:
 portava due bambole in dono. Ora là, nella casa romita,
 lo aspettano, aspettano in vano:
 egli immobile, attonito, addita 
 le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, dall’alto dei mondi 
 sereni, infinito, immortale,
 oh! d’un pianto di stelle lo inondi 
 quest’atomo opaco del Male! (parafrasi) San Lorenzo, io so perché un numero così grande di stelle brilla e cade attraverso l’aria tranquilla, perché un pianto così grande risplende nella volta del cielo. Una rondine stava ritornando al suo nido: fu uccisa: cadde tra i rovi: aveva nel becco un insetto: la cena per i suoi figlioletti. Ora è là, come se fosse in croce, che tende quel verme verso quel cielo lontano; e i suoi piccoli sono nell’oscurità ad aspettarla, pigolando sempre più piano. Anche un uomo stava tornando a casa: fu ucciso: disse: “Vi perdono”; e nei suoi occhi sbarrati restò soffocato un grido: portava in regalo due bambole… Ora là, nella casa solitaria, lo aspettano, lo aspettano inutilmente: lui immobile, sbigottito mostra le bambole al cielo lontano. E tu, Cielo, infinito, eterno, dall’alto dei mondi sereni, inondi di un pianto di stelle questo corpuscolo senza luce caratterizzato solo dal male. L’ASSIUOLO: (testo) Dov’era la luna? ché il cielo 
 notava in un’alba di perla,
 ed ergersi il mandorlo e il melo 
 parevano a meglio vederla.
 Venivano soffi di lampi 
 da un nero di nubi laggiù;
 veniva una voce dai campi:
 chiù… Le stelle lucevano rare 
 tra mezzo alla nebbia di latte 
 sentivo il cullare del mare,
 sentivo un fru fru tra le fratte;
 sentivo nel cuore un sussulto,
 com’eco d’un grido che fu.
 Sonava lontano il singulto:
 chiù… Su tutte le lucidi vette 
 tremava un sospiro di vento:
 squassavano le cavallette 
 finissimi sistri d’argento 
 (tintinni a invisibili porte 
 che forse non s’aprono più?…);
 e c’era quel pianto di morte…
 chiù… (parafrasi) Mi domandavo dove fosse la luna, dato che il cielo era immerso (nuotava) nella luce chiara e perlacea dell’alba e sembrava che il mandorlo e il melo rizzassero i loro rami per vedere dove fosse.
 Da un punto indeterminato del cielo venivano guizzi di lampi preannuncianti una bufera (nero di nubi) e si sentiva una voce dai campi: chiù (il verso triste e lamentoso dell’assiuolo). Le rare stelle brillavano in mezzo al chiarore lattiginoso diffuso dalla luna (nebbia di latte).
 Sentivo l’ondeggiare del mare, sentivo un fruscio tra i cespugli, sentivo il cuore sussultare,
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