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Vittorio Alfieri e la Mirra, Appunti di Italiano

Vittorio Alfieri e come contestualizzare la Mirra oggi

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 03/10/2021

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maria-pia-vitale 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vittorio Alfieri e la Mirra e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Maria Pia Vitale IVA Alfieri Vissuto a cavallo tra il 700 e l'800 e definito dalla critica letteraria un protoromantico, Vittorio Alfieri nasce ad Asti, il 16 gennaio 1749, da una nobile e ricca famiglia. A nove anni studia presso l'Accademia Reale di Torino, dove non si appassiona agli studi, ritenuti “pedanteschi e mal fatti”. A quattordici anni entra in possesso di una ricchissima eredità paterna, ma Alfieri non gode affatto della sua vita da nobile ozioso e dissipato. Alfieri fa parte della nobiltà descritta da Parini, ma appare diverso del giovin signore: a partire dai diciassette anni, esce dal Piemonte per una serie di frenetici viaggi, prima in Italia, poi nel resto dell'Europa (è tipico della prospettiva illuministica viaggiare per conoscere nuovi Paesi). Volli, e sempre volli, e fortissimamente volli Le tragedie In Italia la tragedia è andata incontro a una progressiva decadenza, ma Alfieri si propone di rivitalizzarla, in quanto consona al suo carattere nostalgico. Per l’illuminismo si ha una massificazione: tutti gli uomini sono uguali, in quanto dotati di ragione. Nel momento in cui qualcuno si eleva dalla massa, diventa individualista e nelle tragedie alfieriane è colui che si fa portavoce del popolo per ottenere la libertà: individualista diventa l'eroe. Quando si parla di eroe, si parla di una figura che deve contrapporsi al tiranno, altra figura che si eleva dalla massa. Il tiran la è colui che si eleva dalla massa dalla parte del bene, in quanto cerca di rivendicare la libertà e i valori che il tiranno, colui che si erge dalla parte del male, tende a sopprimere. I due esiti possibili sono descritti nel trattato Della tirannide: l'eroe uccide il tiranno 0, più spesso, soccombe, ma è vittorioso sul piano morale. Il Saul Il vecchio Saul è stato in passato un eletto di Dio, che lo ha prescelto come re degli ebrei nonostante le sue umili origini. Ora però la sua gloria è al tramonto e Dio ha destinato a succedergli David, sposo di Micol, figlia di Saul. In una sfida titanica, il vecchio re non accetta la vecchiaia e la perdita di potere, dunque perseguita David costringendolo alla fuga, nonostante sappia che solo David sarebbe capace di vincere contro i Filistei. Solo apparentemente il conflitto è quello tra il vecchio sovrano e David: in realtà è tutto interno alla coscienza di Saul, il quale “vuole e disvuole una cosa stessa”. Non è infatti David il vero antagonista di Saul, ma ciò che l'affermazione di David rappresenta per il vecchio re: il fantasma della vecchiaia e del declino, la perdita di potere. La modernità della tragedia è proprio nella trasformazione del conflitto tragico in conflitto interiore: Saul è un “dramma della coscienza” o forse il dramma del contrasto tra sentimenti positivi (l'ammirazione e l'affetto per David) e zone “buie” dell'io, il cui prevalere produce pulsioni aggressive. La Mirra Mirra, figlia di Ciniro, re di Cipro, è vittima di una vendetta di Venere, che, per punire sua madre Cecri, che aveva vantato la bellezza della figlia paragonandola a quella della dea, l'aveva fatta innamorare del proprio padre Ciniro. Fra i molti che ne chiedono la mano, la principessa sceglie il giovane Pereo; ma, proprio durante la cerimonia nuziale, Mirra svela la sua avversione per lo sposo, che non regge al rifiuto, e si toglie la vita. A questo punto Ciniro, addolorato, affronta la figlia, esigendo di conoscere le ragioni del suo comportamento. Incalzata dal padre, Mirra ammette di essere tormentata dalla passione amorosa. Il dramma, in questa tragedia, non è più incentrato su un personaggio eroico, ma su una giovane donna che lotta, senza riuscirvi, per vincere l’amore incestuoso per il proprio padre: una tragedia dunque tutta interiore. La giovane donna tenta fino alla fine di combattere contro la propria passione e contro la gelosia verso la madre, di cui Mirra non si sente figlia, ma rivale. Quando infine cede e rivela il suo sentimento, è subito pronta a darsi la morte, rimpiangendo di non averlo fatto quando era da tutti considerata ancora innocente. Il padre la lascia morire da sola, confortata solamente dalla nutrice, in quanto non la definisce più figlia, ma “morente iniqua donna”. Mirra appare così non come colpevole, ma come vittima di una passione impossibile da dominare. La Mirra, come il Saul, si incentra su un conflitto psicologico, sul non detto, sugli impulsi profondi della psiche che riemergono dopo essere stati negati. Mirra, in tutta la tragedia, tenta di celare, anche a se stessa, i suoi veri sentimenti, ben sapendo che susciterebbero il ribrezzo di tutti. Altrettanto moderno è il linguaggio di Mirra, la quale è una delle eroine teatrali più silenziose che si possano immaginare: durante la prima parte della tragedia tutti si interrogano sulle cause che la rendono preda di una “muta malinconia mortale”, ma la donna si ostina a non dare spiegazioni. Anche quando rivela al padre il suo sentimento, lo fa con poche e ambigue parole: la passione di Mirra mette in crisi il linguaggio, che non è fatto per esprimere ciò che viola un tabù su cui la civiltà è fondata. | silenzi dunque contano più delle parole. Il canovaccio su cui Alfieri, con delicatezza e sensibilità, innesta il personaggio della “sua” Mirra sono le Metamorfosi di Ovidio, il più giovane tra i grandi poeti dell'età augustea. La sua opera più originale e più importante è il poema intitolato Metamorfosi, appartenente al genere dell’epoca mitologica; esso ha esercitato un enorme influsso sulle letterature moderne e sulle arti figurative non solo per i suoi pregi artistici, ma anche perché costituisce una sorta di enciclopedia della mitologia classica. Ovidio esercita anche una forte influenza sugli scrittori dell’Umanesimo, Rinascimento e del Barocco: l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, l’Adone di Giambattista Marino, Romeo e Giulietta di William Shakespeare e, nel tardo settecento, Vittorio Alfieri trae ispirazione dalle Metamorfosi per la composizione della Mirra. Nel poema ovidiano, Mirra, figlia di Cinîro, vittima di una vendetta di Venere, si innamora del proprio padre e confida alla nutrice il proprio sentimento e, con l’aiuto di questa, celando la propria identità, diviene amante del padre, con cui concepisce il figlio Adone. Quando l'inganno viene scoperto, Ciniro insegue la figlia per ucciderla e quest’ultima, fuggendo, raggiunge la terra di Saba dove Afrodite la trasforma in un albero di mirra, dalla cui corteccia nacque Adone. Nel X libro delle Metamorfosi il poeta latino Ovidio narra il mito di Adone e Venere, dea dell'Amore, e scrive (vv. 503-513): “La creatura concepita nel peccato era cresciuta sotto il legno e cercava una strada per districarsi e lasciare la madre. Il feto formava un rigonfiamento a metà dell'albero e opprimeva le viscere materne senza che il dolore potesse esprimersi con parole [...] L'albero si curvò, assumendo l'aspetto di chi fa uno sforzo, ed emise dei gemiti, stillando abbondanti lacrime [...] La corteccia si spaccò e attraverso la fenditura fu emesso il bambino: era vivo e cominciò a vagire.” Secondo la versione ovidiana, dopo la nascita Adone fu raccolto dalle Naiadi e con gli anni si distinse per la sua bellezza, tanto che Venere, colpita da una freccia di Cupido, se ne innamorò. Il ruolo della nutrice Euriclea sembra assumere immagini diverse nelle due versioni: * nelpoema ovidiano la donna scopre la fanciulla mentre tenta di suicidarsi e la aiuta a consumare il suo amore con il padre; * nella commedia alfieriana Mirra con lei si ostina al silenzio e piange per il segreto inconfessabile, ma una volta scoperto il segreto è lei che Mirra accusa per non averla aiutata a morire senza peccato. Anche la figura di Pereo appare diversa: *nelpoema ovidiano non viene nominato, ma si fa solo riferimento ai corteggiatori della ragazza; * nellatragedia alfieriana il loro matrimonio e il successivo suicidio del giovane fanno in modo da aggravare il dramma della ragazza. Persino il ruolo della madre Cecri è differente: * nelpoema ovidiano viene solo nominata in qualità di moglie del re; * nellatragedia alfieriana è la causa della punizione che Venere ha inflitto alla giovane Mirra e viene evidenziato il rapporto tra Cecri e sua figlia, la quale non la reputa madre, ma rivale.
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