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Vittorio Alfieri - La Congiura de’ Pazzi, Dispense di Letteratura Italiana

Dispensa relativa alla tragedia di Vittorio Alfieri “Congiura de’ Pazzi”. Seminario tenuto nel corso di Letteratura Italiana, a.a. 2022/23, LM-14.

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 09/03/2023

blueberry282
blueberry282 🇮🇹

4.5

(36)

35 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vittorio Alfieri - La Congiura de’ Pazzi e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! VITTORIO ALFIERI - LA CONGIURA DE’ PAZZI 1. ARGOMENTO, TRAMA, PERSONAGGI 1.1 ARGOMENTO, MODELLI E CORNICE STORICA La Congiura de’ Pazzi è una tragedia in cinque atti di Vittorio Alfieri, composta tra il 1777 e il 1783; è la seconda delle tre “tragedie della libertà”, preceduta dalla Virginia e seguita dal Timoleone. La composizione della tragedia è coeva a quella del trattato Della Tirannide, scritto nel 1778, che presenta molti punti in comune con essa. Il modello di riferimento principale sia del trattato che della tragedia sono le Istorie Fiorentine di Niccolò Machiavelli, alla cui lettura l’Alfieri era stato indirizzato dall’amico Francesco Gori Gandellini, al quale la tragedia è dedicata. L’argomento, di matrice storica, attinge alla storia recente e non antica: si tratta della Congiura dei Pazzi, messa in atto a Firenze nel 1478 e ordita dalla famiglia de’ Pazzi contro la famiglia de’ Medici. In quell’epoca la città di Firenze era governata da Lorenzo il Magnifico in co-reggenza con il fratello minore Giuliano. Sebbene molti fossero soddisfatti del governo dei Medici, alcune famiglie, tra cui i Pazzi, tentarono di ribellarsi. Francesco de’ Pazzi, suo zio Jacopo e l’arcivescovo di Pisa Francesco Salviati, con l’appoggio del papato e di altri soggetti esterni, organizzarono una congiura con l’obiettivo di eliminare fisicamente Lorenzo e Giuliano così da rovesciarne il potere. Tuttavia, sebbene l’uccisione di Giuliano fu portata a termine il 26 aprile 1478, non si riuscì ad ottenere la caduta di Lorenzo, che restò illeso ed ebbe la meglio. I cospiratori furono puniti con la morte ed impiccati in Piazza della Signoria. L’autore reinterpreta la vicenda in favore dei Pazzi, mostrando la loro azione come il fallimento di un sogno eroico nel tentativo di liberare una città-stato italiana che aveva già albicato alla propria libertà. Alfieri rispetta unità di tempo, luogo e azione. In particolare il luogo dove la tragedia si svolge è il Palazzo della Signoria a Firenze, pertanto la congiura, consumatasi all’interno del Duomo, non è riportata in scena (la catastrofe non poteva infatti essere rappresentata in teatro, come anche l’autore ricorda nel Parere). 1.2 PERSONAGGI DELLA TRAGEDIA RAIMONDO (de’ Pazzi): è il protagonista della tragedia, basato sul personaggio storico di Francesco de’ Pazzi ma con alcuni caratteri ripresi da Guglielmo de’ Pazzi. È infatti nella tragedia figlio di Guglielmo (e non nipote di Jacopo, quale nella realtà storica era Francesco) e marito di Bianca (che nella realtà storica era Guglielmo). La figura di Raimondo corrisponde a quella dell’eroe tirannicida, “animo feroce e libero”, descritto nel secondo capitolo del trattato Della Tirannide. Esso è dedicato infatti a come vivere sotto la tirannide e come rovesciarla. Alfieri raccomanda che il tirannicida sia prudente ma non vile e che sappia pertanto “morire da forte”: Raimondo preferirà togliersi la vita piuttosto che dare la soddisfazione a Lorenzo di ucciderlo di fronte al proprio padre. Alfieri in realtà condanna le congiure troppo infide e considera il tirannicidio come atto individuale votato al sacrificio: uccidere il tiranno non significa eliminare la tirannide, che è possibile solo attraverso l’instaurazione della repubblica mediante la sollevazione popolare (nel secolo in cui vive Alfieri era considerata una forma di repubblica anche la monarchia costituzionale). Raimondo ha un carattere impetuoso e dice sempre ciò che pensa, anche con eccesso. In tal senso il carattere forte di Raimondo corrisponde a quello di Lorenzo. Raimondo è secondo Alfieri un personaggio sublime, dotato di “tempra e calor d’animo”, ma forse non capace di infiammare sufficientemente l’animo degli uditori perché poco verosimile. Dimostra la forza del proprio carattere nell’assumersi il compito più arduo: uccidere Giuliano, nonostante la protezione fornita dalla cotta di maglia che indossa. BIANCA (de’ Medici): moglie di Raimondo, nella realtà storica moglie di Guglielmo de’ Pazzi e sia nella tragedia che nella realtà sorella di Lorenzo e Giuliano. È l’unico personaggio femminile della tragedia, inserito per accentuarne il carattere drammatico. Tuttavia Alfieri la considera tralasciata o mal eseguita, non fornita di sufficiente grandezza. Nelle critiche alla tragedia è stata considerata un personaggio inutile. GUGLIELMO (de’ Pazzi): basato sul personaggio storico di Jacopo de’ Pazzi, zio di Francesco. Qui diviene padre di Raimondo. Guglielmo è anziano ed è una figura più mite e riflessiva che corrisponde a Giuliano così come Raimondo corrisponde a Lorenzo. È un personaggio considerato da Alfieri come più verosimile di Raimondo poiché incarna l’ideale repubblicano, nonché i caratteri tipici del vecchio e del padre. È inoltre definito come “irreprensibile più che lodevole”. SALVIATI: arcivescovo di Pisa che prende parte alla congiura. Rispetto alla realtà storica, qui si configura come autore materiale della congiura ed anzi si dimostra impaziente di uccidere, in contrasto con il suo ruolo di ecclesiastico. Nel personaggio di Salviati è sintetizzata la posizione anticlericale di Alfieri: il pugnale che intende utilizzare è stato benedetto da Sisto; egli si appresta a compiere un omicidio armando la sua destra per uccidere, la mano con cui i sacerdoti impartiscono la benedizione. Attraverso ciò emerge come venga ritenuto perfettamente legittimo, se non santo, eliminare i due tiranni. Secondo Alfieri si tratta di un personaggio subalterno ai due Pazzi, che suscita il risibile ed insieme l’orrore a causa del suo carattere sacerdotale. 2. QUESTIONI FILOLOGICHE 2.1 FASI REDAZIONALI Riferimento: edizione critica a cura di Lovanio Rossi (1967) IDEA: Siena, 4 giugno 1777 (cc. 216-218 del Ms. Laurenziano « Alfieri » 26) STESURA: Firenze, dal 9 al 19 luglio 1778 (Ms. cit. 26, cc. 221-240; alla c. 241r Alfieri aggiunse due brevi appunti) PRIMA VERSIFICAZIONE: Firenze, dal 18 febbraio al 23 maggio 1779 (cc. 225-251 del Ms. Laurenz. « Alf. » 27); riletta a Pisa il 18 marzo 1780 e a Napoli il 16 marzo 1781 SECONDA VERSIFICAZIONE: Roma, dal 4 al 30 novembre 1781 (cc. 208-234 del Ms. Laurenz. « Alf. » 28) ULTIME VARIANTI V Seconda versificazione autografa VA La stessa, corretta dall’A. P Copia Polidori PA La stessa, corretta dall’A. T Bozze per la prima edizione (Biblioteca di Torino) TA Le stesse, corrette dall’A. D Prima edizione (Didot) 2.2 METODO DI LAVORO GENERALE L’Alfieri scrisse di getto l’idea in un solo giorno e apportò le più sostanziali modifiche nella fase della stesura. La struttura della tragedia si consolida dunque in fase di stesura ed essa non subirà che piccoli ritocchi nelle posteriori versificazioni e revisioni, volte principalmente al perfezionamento dello stile. In fase di versificazione l’Alfieri accorcia “i due primi atti in cui solo si chiacchiera”, problema che evidenzierà anche nel Parere. Il secondo volume della copia Polidori (cc. 7-58 del Ms. Laurenz. « Alf. » 29) contiene le tragedie non stampate a Siena e quelle composte dopo l’edizione senese. La Congiura de’ Pazzi fu esclusa dall’edizione senese del 1783 forse perché non sufficientemente limata, oppure per autocensura, in un periodo in cui si discuteva sulla tirannide in generale e sul passato potere dei Medici. Alfieri successivamente corresse di proprio pugno le bozze di stampa dell’edizione Didot. 2.3 LA MODIFICA DEL NOME DEI DUE PAZZI La più evidente questione filologica riguardante la Congiura de’ Pazzi è la modifica del nome dei due protagonisti da Francesco e Jacopo a Raimondo e Guglielmo. Nell’idea e nella stesura i due Pazzi sono chiamati infatti Francesco e Jacopo, rispettando la realtà storica. Tuttavia Alfieri attribuiva un’importanza relativa all’esattezza storica e pertanto modifica fin dall’inizio il rapporto di parentela tra i due: da zio e nipote a padre e figlio, per esigenze di “tragediabilità”, come spiegherà egli stesso nel Parere: era necessario che gli eroi contrastanti fossero congiunti. Pertanto il personaggio di Francesco è basato su Francesco de’ Pazzi ma presenta caratteri desunti da Guglielmo de’ Pazzi, ovvero l’essere cognato di Lorenzo de’ Medici. Jacopo ne diviene padre e non più zio. Nell’Atto II, Scena II della prima versificazione i nomi dei due Pazzi vengono modificati in Raimondo (al posto di Francesco) e Guglielmo (al posto di Jacopo). Alfieri compie tale modifica sia perché non si cura dell’esattezza storica, subordinata ad esigenze artistiche, sia sopratutto perché necessita di nomi sufficientemente “tragici”. Il nome di Francesco risultava poco conveniente ad una tragedia alfieriana e perciò l’autore decise di modificarlo con il più altisonante Raimondo. Di qui la necessità di cambiare anche il nome del padre da Jacopo a Guglielmo, “nome parimenti tragico”. 3. QUESTIONI CRITICHE 3.1 AI TEMPI DELL’AUTORE 3.1.1 IL PARERE L’Alfieri considera la tragedia “difettosa in più parti” e “di difetti non rimediabili”, tuttavia non ne rinnega la composizione, affermando che “l’autore […] per nessuna cosa del mondo vorrebbe non l’aver fatta”. La considera una tragedia “minore”. Il primo problema riguarda il fatto che nella realtà storica i congiurati non sono parenti del tiranno. Secondo Alfieri tale aspetto non è tragediabile. Perciò l’autore compie una modifica e rende Raimondo, eroe tirannicida, parente del tiranno, facendone il cognato di Lorenzo de’ Medici, ovvero il marito di sua sorella Bianca. Altro grave difetto della tragedia è il fatto “di essere un modernissimo fatto”. Alfieri si dimostra insofferente nei confronti dei soggetti moderni: tendenzialmente il mondo eroico e mitizzato nelle tragedie è contemplato nostalgicamente ed opposto alla mediocrità del presente. Alfieri definisce Raimondo un “Bruto toscano” ed afferma che “metà di quello ch’ei dice, posta in bocca del Bruto romano, verrà ad ottener doppio effetto”. Secondo Alfieri infatti tra i soggetti “fatti tali da una rimotissima antichità” e quelli che tali non sono “corre non molta minor differenza che tra i soggetti del dramma e quelli della tragedia”. Infine un problema che Alfieri tenta di risolvere senza successo nelle varie revisioni dell’opera è il fatto che la tragedia “non presenta che due atti, il terzo e il quinto”, poiché nei restanti si “chiacchiera” solamente. Infatti nel terzo atto la congiura viene organizzata e nel quinto attuata. Alfieri accorcia in fase di verificazione i primi due atti ma non deve essere abbastanza soddisfatto del lavoro se nel Parere ancora si lamenta di tale fattore. La tragedia secondo l’autore potrebbe cominciare al terzo atto, ma il quarto ricade nuovamente in chiacchiere. Il problema è parzialmente risolto poiché tali atti hanno comunque lo scopo di far emergere “i diversi affetti, paterno e maritale e fraterno” e il “calore della libertà”. 3.1.2 LA LETTERA DEL CESAROTTI Melchiorre Cesarotti scrisse una Lettera sulla Congiura de’ Pazzi, indirizzata ad Alfieri, a Padova, il 19 settembre 1783, alla quale l’autore non rispose mai. Nella lettera il Cesarotti espone qualche dubbio riguardante la tragedia, sopratutto relativo al fatto che Alfieri abbia riletto la vicenda in un’ottica favorevole ai Pazzi. Cesarotti difende i Medici, affermando che sono rispettati non solo a Firenze ma in tutta Italia e che Lorenzo non occupò la signoria ma la ricevette in eredità da Cosimo e Piero. Inoltre fa presente come i Pazzi non siano mai stati considerati eroi della libertà: il fatto che Francesco abbia ferito mortalmente anche sé stesso nell’ uccidere Giuliano è citato a dimostrazione che fu mosso da furore personale più che da eroismo. Inoltre che un ecclesiastico, Salviati, scelga la chiesa come teatro di una simile atrocità e compia egli stesso l’omicidio, è visto come inaccettabile. Cesarotti critica anche il personaggio di Bianca, considerato “inutile e perciò freddo”. L’abate consiglia dunque all’autore di apportare alcune modifiche al soggetto: “Lorenzo e Giuliano amano l’autorità, ma il secondo per ambizion di famiglia, il primo ancor più per ben dello stato”; “Guglielmo è buon cittadino […], non disama i Medici ma non li vorrebbe Signori”; “Raimondo è fiero ed ardente, odia i Medici per invidia, per ambizione, ma la copre colla maschera del zelo patriottico”. Il Cesarotti in conclusione suggerisce che la tragedia “dovrebbe aver per oggetto di far abborrire l’abuso della religione, l’ipocrisia patriottica, il fanatismo.” La volontà dell’autore è stata in realtà proprio quella di far emergere l’ipocrisia derivante dal fatto di tramandare alla storia le ragioni dei vincitori, il cui punto di vista risulta prevalente. Tematiche come lo spirito antitirannico ed anticlericale sono presenti in Alfieri già prima delle tragedie della libertà e continuano pertanto ad essere evidenziate. Atto II, Scena II — momento in cui Raimondo riecheggia Pur. VI: « Tiranni, ond’è la serva Italia infetta » Atto III, Scena I — dialogo tra Raimondo e Salviati, in cui emerge la nascita della congiura: « Ben ti avvisi: più t’odio, e più ti stimo Degno stromento a libertà. Tu nato Sei difensor, come oppressor son essi. » Atto IV, Scena VI — Raimondo definisce Giuliano come “vile”: « Ma pur pensai, che al certo il vil Giuliano Di ascosa maglia il suo timor vestiva » Atto V, Scena VI — Lorenzo racconta l’esito della congiura: « Il mio fratello è spento; Ma vivo io, vivo; e, a uccider me, ben altra Alma era d’uovo, che un codardo e rio Sacerdote inesperto. Estinto cadde Salviati; e seco estinti gli altri: il padre Sol ti serbai, perché in veder tua morte, Pria d’ottener la sua, doppia abbia pena. » Atto V, Scena VI — la battuta finale spetta a Lorenzo, spietato anche nei confronti della sorella; affidargli le parole che chiudono la tragedia equivale a dimostrare che il tempo farà valere le ragioni dei vincitori: « Al tuo Supplizio infame or or n’andrai. — Ma intanto, Si stacchi a forza la dolente donna Dal collo indegno. Allevïar suo duolo, Può solo il tempo. — E avverar sol può il tempo Me non tiranno, e traditor costoro. » APPENDICE: LA CONGIURA DEI PAZZI NEI MEDIA LETTERATURA (non solo la tragedia di Alfieri): - Angelo Poliziano narra la vicenda nel Pactianae coniurationis commentarium, con un punto di vista chiaramente filomediceo, essendo il letterato un protetto di Lorenzo, nonostante sia stato un testimone oculare dei fatti. Poliziano vuole dimostrare come i Pazzi e pochi altri siano oppositori dei Medici, mentre i giusti parteggiano per i due fratelli. - Niccolò Machiavelli descrive la vicenda nelle Istorie Fiorentine, come già evidenziato modello diretto di Alfieri. Il punto di vista di Machiavelli è infatti molto più vicino a quello di Alfieri: Lorenzo è descritto da entrambi come animoso, possente, desideroso di porre il suo pensiero su tutto. ARTE: - la Congiura dei Pazzi è stata dipinta da Stefano Ussi, che si è concentrato sul momento dell’uccisione di Giuliano: vestito con abiti anacronistici, il giovane è al centro della scena, mentre viene pugnalato dai suoi assalitori, che si dispongono attorno a lui per sferrare i colpi senza lasciargli scampo. CINEMA: - la Congiura dei Pazzi è l’evento culminante della seconda stagione della serie televisiva anglo-italiana I Medici, andata in onda su Rai 1 dal 2016 al 2019. MUSICA: - un brano della colonna sonora della serie I Medici, di cui è autore Paolo Buonvino, è intitolato La Congiura dei Pazzi. - Ritz Ortolani ha realizzato nel 2017 un musical che mette in scena la congiura. - la cover band dei Queen Killer Queen ha musicato in chiave rock il testo di Poliziano nel 2020. BIBLIOGRAFIA V. Alfieri, Congiura de’ Pazzi, a cura di L. Rossi, Asti, Casa d’Alfieri, 1967 V. Alfieri, Parere sulle tragedie e altre prose critiche, a cura di M. Pagliai, Asti, Casa d’Alfieri, 1978 C. Barbolani, Suggestioni dantesche nella Congiura de’ Pazzi, in E. Ghidetti, R. Turchi, Alfieri Tragico, Firenze, edd. Le Lettere (RLI, fasc. 2/2003), 2003, pp. 598-615 A. Di Benedetto, V. Perdichizzi, Alfieri, Roma, Salerno editrice, 2014 SITOGRAFIA https://www.sulromanzo.it/blog/vittime-e-tiranni-la-congiura-dei-pazzi-in-alfieri - ultima visita in data 3 marzo 2023 https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/congiura-dei-pazzi-la-storia-attraverso-l- arte - ultima visita in data 3 marzo 2023
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