Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Vittorio alfieri: pensiero, Appunti di Italiano

il pensiero di vittorio alfieri in sintesi

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 26/03/2021

Arwen02
Arwen02 🇮🇹

5

(3)

104 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vittorio alfieri: pensiero e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Vittorio Alfieri biografia pag. 564-567 Vittorio Alfieri nacque ad Asti da una famiglia di ricca nobiltà terriera, il 16 gennaio 1749. Nel 1758 entrò nella Reale Accademia di Torino e ne uscì nel 1766, da lui questa formazione fu considerata antiquata “periodo di ineducazione”. La particolare situazione familiare (dopo la morte del padre, la madre aveva sposato in terze nozze Giacinto Alfieri di Magliano), la severa educazione militare e gli obblighi imposti ai giovani nobili del Regno di Sardegna, lo resero intollerante verso le convenzioni sociali, le gerarchie militari e l'assolutismo monarchico. Uscito dall'Accademia, tra il 1766 e il '67 Alfieri iniziò una serie di viaggi in Italia e in Europa, ispirati più da un'«insofferenza dello stare» che dal desiderio di istruirsi, personalità cosmopolita tipica dell’illuminismo. Questo periodo di viaggi durò 10 anni, visitò un Europa dell’assolutismo che provocò nel giovane un sentimento di disprezzo e insofferenza mentre lo affascinano i paesaggi desolati in cui si proietta un io lirico già romantico. Lontano dall'attività politica e militare, nel 1772 decise di interessarsi al mondo teatrale e letterario. Vive una relazione con una marchesa di nome Gabriella che lo turba molto. Formatosi secondo i codici culturali del Regno di Sardegna, utilizzò il francese per scrivere le sue prime opere, catarsi dei suoi turbamenti: l'Esquisse du jugement universel (1773) e il Journal (1775). Nel 1775 scrisse e mise in scena la tragedia Antonio e Cleopatra. Gli anni tra il 1775 e il '77 furono fondamentali per la sua scelta letteraria e per l'elaborazione del suo pensiero politico: nel 1777 scrisse «d'un fiato» il trattato Della tirannide , decise di liberarsi della lingua francese e di «spiemontizzarsi», tanto che nel 1778 donò alla sorella tutto il suo patrimonio in cambio di un vitalizio. Cominciò a intraprendere uno studio serrato dei classici italiani e latini e si trasferì a Firenze dove si legò alla contessa d'Albany. In questo periodo lavorò alle tragedie Filippo, Antigone, Polinice, Agamennone e Oreste. Nel 1780 si trasferì a Roma dove cominciò a comporre il Saul. Nel 1783 fece stampare i primi due volumi delle Tragedie. Dal 1785 si stabilì in Alsazia, a Colmar, alternando a questa residenza lunghi soggiorni parigini. Da qui fino al 1792 svolse un intenso lavoro, curando la stesura e l'edizione di varie opere: il trattato Del principe e delle lettere (1789), il poema l'Etruria vendicata (1786), le Rime (1789). Tra il 1787 e il 1789 pubblicò la nuova edizione delle Tragedie e nel 1790 ultimò la Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso, pubblicata postuma nel 1804 in cui si racconta come una personalità mitologica. Dopo aver dedicato a Luigi XVI il Panegirico di Plinio a Traiano, fu presente durante le prime fasi della Rivoluzione francese e scrisse l'ode Parigi sbastigliato. Gli ultimi anni della sua vita soggiornò a Firenze studiando il greco e portando a termine la stesura di opere minori come il Misogallo e le Commedie. Morì l'8 ottobre 1803. Le basi della sua formazione intellettuale sono illuministiche, sensistiche, materialistiche. Egli è però insofferente infatti per lui il “forte sentire” è importantissimo, c’è quasi una violenza emotiva e passionale. Si colloca dunque nella forma dell’illuminismo cara a Rousseau, la forma dell’illuminismo che celebrava il culto della natura, ma si ribella al controllo razionale celebrando la passionalità sfrenata. Molti temi dell’illuminismo lo trovano ostile ad esempio il cosmopolitismo e addirittura il filantropismo al quale oppone il culto per l’umanità eroica e l’eroe disprezza il vile gregge degli uomini comuni. Politicamente Alfieri si trova in urto con l’assolutismo, non apprezza però neppure ciò che è destinato a sostituire questo assolutismo: l’assetto borghese che si profilava. Questa sua posizione viene da lui stesso considerata come una condizione spirituale, odia la tirannide e rifiuta il potere in se stesso che ha una natura tirannica. Esalta dunque una libertà astratta. Non si scontrano in Alfieri solo due concetti politici, la tirannide e la libertà, ma si scontrano due miti, in cui Alfieri proietta i suoi conflitti interiori. La libertà secondo lui è il bisogno di affermazione totale dell’io e la tirannide sono i vincoli esterni. Alfieri scrisse due importanti trattati di politica: nel ‘77 “La tirannide” e poi dal ‘77 al ‘80 “Del principe e delle lettere”. Infine per capire bene Alfieri delineamo in maniera chiara un concetto caro ad Alfieri: il titanismo. Per titanismo intendiamo un atteggiamento tipico del romanticismo che fa già la sua comparsa a fine 700 in certe tendenze della cultura preromantica. Titanismo è un termine che deriva dalla mitologia greca, i giganti che avevano osato ribellarsi scalando l’Olimpo, tra questi Titani vi era Prometeo che fu punito con una pena terribile perchè aveva sfidato gli dei portando agli uomini il fuoco. Come riferimento ai livelli del mito titanismo fu chiamato l'atteggiamento di ribellione e di sfida verso le forme di autorità e di potere oppressivo siano esse religiose o regali o semplicemente riguardanti le leggi o le convenzioni sociali. La ribellione titanica nasce da orgoglio, da ansia di libertà e osa sfidare il potere oppressivo anche se sa di essere destinata alla sconfitta. Il titano si sente grande anche nella sconfitta perché se è vinto materialmente non lo è mai spiritualmente, cioè non si piega e conserva un contegno di sfida. Alfieri ha atteggiamenti titanici, è orgoglioso della sua eccezionalità, insofferente a tutte le costrizioni e avverso all’assolutismo. Gli eroi di Alfieri affrontano il sacrificio e la morte pur di affermare le loro scelte di libertà. Anche in Foscolo troveremo atteggiamenti titanici rispecchiati anche nel personaggio protagonista del suo romanzo epistolare “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. Non ci soffermeremo molto sulle tragedie di Alfieri ma ci soffermiamo su “La vita” e sulle rime, cioè ci interessiamo al suo soggettivismo esasperato, al culto per la passionalità e per il forte sentire dell’autore. “Vita scritta da esso” Alfieri è spinto alla scrittura autobiografica da una forte passionalità, da una concentrazione sul suo io che potremmo definire soggettivismo disperato. Nel 1790 Alfieri dopo alcuni scritti giovanili autobiografici “I giornali” incomincia a scrivere la vita lavorando ad esse fino all’anno della morte, 1803. Quest’opera è suddivisa in 2 parti: 1. La prima parte è a sua volta condivisa in 4 epoche: puerizia, adolescenza, giovinezza e virilità. 2. La seconda parte della vita ha un solo titolo che è continuazione della quarta epoca. L’intento dello scrittore è quello di descrivere soprattutto il delinearsi della sua vocazione poetica che secondo lui è il centro della sua esistenza. Nella vita occorre prestare attenzione a tutte le parole che attribuiscono un primato al sentire, alla violenza di sentimenti, alla passione. Si tratta di impulsi romantici ormai fuori dall’ambito delle poetiche classiciste. Nella vita Alfieri illustra anche i tre momenti attraverso cui passa la composizione delle sue opere, in particolare delle tragedie. Le tragedie vengono composte in tre momenti con la ripartizione della retorica classica. Alfieri dice che la prima fase è quella di ideare, la seconda fase è quella dello stendere mentre la terza fase è quella del verseggiare. La prima fase riprende l’inventio e in parte la dispositio e consiste nel distribuire il soggetto in atti e scene nel fissare i personaggi, nel fare l’estratto in prosa della tragedia. La seconda fase è quella dello stendere che riprende la dispositio e consiste nel dialogizzare le scene senza badare a come si scrive. La terza fase riprende l’elocutio cioè l’elaborazione stilistica, Alfieri chiama questa fase verseggiare che consiste nel trasformare la prosa in versi. Le Tragedie di Alfieri (cenni) Le tragedie di Alfieri si basano su di un'idea assoluta di libertà che non trova realizzazione nella vita e nella storia. Alfieri ha dunque una concezione tragica di libertà. Anche il tirannicida si trasforma in tiranno e l’eterna lotta dell’eroe contro la tirannide non ha soluzione. Alfieri nelle tragedie da rilievo assoluto alla coppia protagonista-antagonista e da attenzione agli altri personaggi. L’intreccio risulta così scarnificato e ridotto all’essenzialità del conflitto. Il tiranno e il suo oppositore sono personaggi simili e mirano all’affermazione della loro personalità sentendo con angoscia tutto ciò che limita la loro personalità (“Filippo” e “Antigone”). Alfieri realizzerà in un secondo momento un superamento di questo essenziale schema drammaturgico e realizzerà l'interiorizzazione del conflitto. All’interno dello stesso personaggio vi è lo scontro, quello stesso scontro che prima era vissuto da 2 personaggi.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved