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Vittorio Alfieri: vita e opere, Appunti di Italiano

Vittorio Alfieri: vita, polemica e ribellione; le opere: l'autobiografia, le rime, “SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI”, tragedie (Saul, Mirra), le odi, i trattati politici, il Misogallo, l'estetica del sublime

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 20/05/2023

sofiacigno
sofiacigno 🇮🇹

5

(3)

14 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vittorio Alfieri: vita e opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1) VITTORIO ALFIERI La vita Nato ad Asti nel 1749 è un grande aristocratico e appartiene alla famiglia più importante di Asti -> nel corso del 700 era un centro importantissimo. Nella sua autobiografia notiamo un carattere indisciplinato, ma è il modo in cui lui vuole descrivere se stesso. Ricevette un’educazione da un precettore fino al 1758, quando venne mandato alla Reale Accademia di Torino per ricevere un'educazione militare. Ostile alla ferrea disciplina dell’istituto, ottenne scarsi risultati -> Alfieri stesso definì la sua frequentazione dell’Accademia con il termine “anni di ineducazione”. È proprio dalla sua esperienza che Alfieri forma parte del suo carattere, i cui aspetti sono: ● l’insofferenza e l’indifferenza per le regole rigide ed autoritarie ● la fermezza nella scelta della libertà ● la forza di volontà ● la tendenza all’isolamento ● la malinconia Si mise così a viaggiare attraverso l'Italia (Milano, Firenze, Roma, Napoli, Venezia) e l'Europa (Francia, Inghilterra, Olanda, Austria, Germania, Danimarca, Svezia, Russia Spagna, Portogallo), per sfogare l'irrequietezza del suo carattere, tra il 1766 e il 1772. Egli raccontò minuziosamente i suoi anni di viaggi nell'autobiografia dal titolo Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso. Nella sua lunga peregrinazione per l'Europa: ● Parigi: provò delusione per la bruttezza degli edifici e delle donne. ● A Londra: nonostante la spiacevolezza del clima, sentì entusiasmo per l'operosità degli uomini e per la libertà politica. ● In Olanda: si imbatté nel suo primo amore, una donna sposata da un anno, piena di grazia, di modesta bellezza, e di una soave ingenuità». Fu però un amore deluso, che gli fece compiere un tentativo di suicidio, in segno della sua smodata passionalità. Il suo suicidio venne impedito all’ultimo dal cameriere Elia. ● A Vienna: si rifiutò di conoscere il vecchio Metastasio ● A Berlino: venne presentato a Federico il Grande, ringraziando il Cielo di non esser nato schiavo di quel re. ● In Danimarca e in Svezia: durante l’inverno, attraversò il Baltico ghiacciato per giungere in Russia. ● A Pietroburgo: la zarina Caterina gli parve una Clitennestra moderna che, dopo aver ucciso il marito, opprimeva con crudele schiavitù il popolo. ● A Madrid: ebbe un bestiale alterco con Elia per un futile motivo ● A Lisbona: strinse amicizia con il dotto abate Tommaso Caluso che infiammò Alfieri a grandi imprese, convincendolo di essere nato poeta. Durante i suoi viaggi Alfieri provò forti sentimenti: iniziò a provare una dura avversione verso i regimi assolutistici e tirannici. Si mostrò dominato da ciò che lui stesso definì “insofferenza dello stare”, causa della sua continua smania di andare e viaggiare ovunque. Grazie ai suoi viaggi diede sfogo al suo bisogno di agire per zittire la noia, il tedio e la malinconia. Viaggiando rimane incantato dai paesaggi della natura che suscitarono in lui emozioni e pensieri contrastanti -> anticipò in questo modo il sentimento del sublime tipico del Romanticismo: una sensazione mista di piacere e di terrore, di attrazione e di sgomento. Sono sensazioni comuni a tutti coloro che si trovano di fronte alla bellezza maestosa e terribile delle forze naturali, che attraverso l’espressione della loro potenza suscitano e stimolano negli uomini la coscienza della loro fragilità. Dal 1788 al 1792 prese stabile dimora a Parigi per seguire da vicino la pubblicazione delle sue tragedie -> qui fu testimone delle vicende rivoluzionarie: all'inizio si entusiasmò, tanto da celebrare la presa della Bastiglia in un componimento poetico. Con l’evoluzione della rivoluzione però, con gli eccessi sanguinari del Terrore e delle persecuzioni conseguenti, provò una delusione tale da provare un'avversione profonda per ciò che provenisse dalla Francia. Tornato a Torino Alfieri, ampliato il suo bagaglio culturale, riprese una vita gaudente con la brigata degli antichi compagni d'Accademia e si innamorò della marchesa Gabriella Turinetti. Durante un periodo di malattia della donna Alfieri, per uccidere la noia dell'assistenza, abbozzò una tragedia, “Cleopatra”, facendola rappresentare con successo. Al termine di un profondo ripensamento, scoperta la prepotente attrazione per la letteratura, decise di lasciare l’esercito e iniziare la sua ribellione. monarchico. Tuttavia il concetto di libertà, (rappresentato in genere dall'eroe della tragedia: l'uomo libero che combatte contro il tiranno) che Alfieri esalta contro la tirannide, non possiede precise connotazioni politiche, economiche, giuridiche (libertà di pensiero, di parola, di stampa, di associazione, di commercio...), ma resta indeterminato. ● esaltazione della propria nazione: opposta al cosmopolitismo, ideale dell’Illuminismo. Alfieri è tra i primi a provare un sentimento di amore per la propria terra; si adopererà perché l'Italia si riscuota, innalzandosi nuovamente all'antica gloria, liberandosi dal dominio degli stranieri, che si sono spesso dimostrati niente altro che ostili conquistatori. ● culto di un’umanità eroica: volta a sostituire l’egualitarismo. Alfieri spregia il vile gregge di uomini comuni e di schiavi che compone la maggioranza dell’umanità. ● titanismo: un’ansia di infinita grandezza e di infinita libertà dell'individuo eroico, che si scontra con un potere superiore che lo limita e lo ostacola. L’uomo però benché sappia di essere fatalmente destinato a essere sconfitto, non rinuncia, titanicamente appunto, a sfidare il potere che lo sovrasta. Il titanismo prende infatti il nome da giganti del mito greco, i Titani, che si ribellarono a Giove, venendone fulminati e puniti. Tra questi in particolare vi era Prometeo che sarà punito da Giove per aver sottratto agli dei il fuoco: egli infatti lo dona agli uomini e permette loro di uscire dallo stato ferino, dando origine alla civiltà. Per questo sarà incatenato sul Caucaso mentre un'aquila gli squarcerà il fegato, che gli ricrescerà in un supplizio eterno. Questa tensione dell’io implica quindi un’inevitabile sconfitta: sarà impossibile affermare totalmente la grandezza. Il limite con cui l’io si scontra non è solo esterno, ma è già al suo interno: il «tiranno» quindi non è solo un sovrano oppressivo, ma anche, immagine del limite che l'uomo trova in se stesso, e che rende impossibile la grandezza: sono i tormenti, le angosce, gli incubi che minano la volontà eroica. Saranno questi i tormenti che appartengono ai protagonisti delle più grandi tragedie alfieriane, come Saul o Mirra, i cui veri «tiranni» sono le loro stesse paure, angosce o passioni. Trattato di fisiognomica di Lavater Nel 700 si articola l’idea che sostiene che l’aspetto esteriore di una persona sia specchio del suo aspetto interiore. Lavater scrive il Trattato di fisiognomica: è un libro dove si trovano tanti modelli di facce e per ciascuna c’è la descrizione e l’indicazione del carattere corrispondente. Lavater crea questa sintassi di volti attraverso il luogo comune (sbagliato), basato sull’esistenza di una somiglianza che intercorre fra ognuno di noi e gli animali. Arriva dunque a teorizzare che si possa capire il carattere morale di una persona guardandone il volto. La fisiognomica è una disciplina pseudoscientifica che si propone di individuare i tratti psicologici e morali di una persona analizzandone il suo aspetto fisico, in particolar modo i lineamenti e le espressioni del volto. Si tratta di una pratica molto antica che vide un notevole sviluppo nel corso del XVIII e del XIX secolo. Lavater (1741-1801) fu il più celebre fisiognomista del suo tempo, abilissimo nell’interpretare i caratteri e nel predire il futuro studiando le fattezze del viso. Benché la fisiognomica tradizionale venga spesso considerata ciarlataneria, l’antica credenza che esista un legame tra l’aspetto fisico e il carattere di un individuo non va respinta completamente. La corrispondenza fra tratti corporei e facciali e alcune funzioni psicologiche è sostenuta oggigiorno da prove scientifiche. Benché non si sappia ancora in che modo questo avvenga, la ricerca embriologica e genetica conferma che i geni svolgono un ruolo predominante nello sviluppo dei tratti del viso. L’autobiografia È un concetto che viene introdotto e definito da Alfieri attraverso la sua opera “Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso”. Riguarda la riflessione su se stessi, le proprie esperienze personali. Solo verso la fine del 1700 inizia a diffondersi il genere autobiografico (prima gli autori non parlavano di sé stessi), segno di un'età in cui sta prendendo corpo l'individualismo, cioè l'attenzione su se stessi. L’opera di Alfieri è una sorta di diario dove esprime in modo molto critico giudizi sui sovrani d’Europa. Parla anche della sua relazione con la contessa di Albany, una donna sposata alla quale dedica alcune delle sue opere. Emerge il lato libertino di Alfieri che fa parte del suo essere tormentato -> in campo amoroso ha relazioni combattute, caratterizzate da tradimenti, momenti di tedio e di disgusto. Nell’autoritratto e nel quadro che dà di se stesso, Alfieri si autocompiace, dà una descrizione di sé un po’ esagerata dalla quale emerge una sorta di eroe preromantico -> intellettuale lacerato con mente e cuore sempre in lotta fra loro, segno caratteristico di molti poeti, scrittori e pittori successivi. Le Rime Dal XVII secolo si diffuse il ritratto. Alfieri scrive anche poesie sciolte che raccoglie nel volume “Rime”. Sono, dopo le tragedie, l'opera più importante della produzione alfieriana e dell'intero Settecento italiano. Sono una raccolta di liriche, dedicate alla contessa d'Albany. L’opera viene pubblicata in due parti: la prima datata ● prima parte: pubblicata nel 1789, raccoglie i componimenti scritti dal 1771 ● seconda parte: postuma, raccoglie 300 poesie, per lo più sonetti. I temi sono ispirati a particolari momenti della vita psicologica del poeta: la sdegnosa malinconia, i rapimenti suscitati dalla vista di scenari naturali di selvaggia bellezza, le gioie e le pene d'amore, i fremiti di libertà, i furori della gloria, l'ossessivo vagheggiamento della morte; uno speciale rilievo hanno gli autoritratti: come nella lirica romantica, dove come protagonista centrale risulta la smisurata soggettività dell'autore. ● “SUBLIME SPECCHIO DI VERACI DETTI”, SONETTO CLXXXV A partire dal XVII secolo inizia a diffondersi il ritratto. Contenuto nella prima parte delle Rime che raggruppa i componimenti dal 1776 al 1788, Il sonetto è datato 9 giugno 1786. Noto come “Sublime specchio di veraci detti”, è un autoritratto in versi che inaugura un costume, quello del componimento auto descrittivo, che si sviluppa tra i poeti dell'Ottocento romantico, tra i quali Ugo Foscolo e Alessandro Manzoni. Negli ambienti dell'Arcadia si era iniziato a discutere della mancanza della tragedia nella letteratura italiana del Settecento e della povera tradizione di questo genere, fino all'arrivo di Vittorio Alfieri. La scelta alfieriana del genere tragico dipende da almeno due ragioni: ● la rappresentazione di contrasti con esito rovinoso: la tragedia permette allo scrittore di esprimere sia la sua sfida con il mondo sia il suo pensiero sulla realtà delle relazioni umane. ● la purificazione degli animi dalle passioni (catarsi): Alfieri aveva l’idea di letteratura come suscitatrice di sentimenti nobili e azioni generose. Alfieri sceglie come suo terreno di ribellione l’arte ma si imbatte subito in un problema: non sa scrivere in italiano, ma solo in francese e in piemontese. Per imparare la lingua in cui vuole esprimersi decide di andare a Firenze. Ha successo e riesce nel suo intento. Le sue tragedie hanno come tema centrale il potere, di cui Alfieri è ossessionato: il tema politico è al centro del suo interesse culturale e in particolar modo sviluppa odio verso i tiranni. Nelle tragedie infatti molti dei personaggi identificati come eroi sono spesso dei tirannicidi e l’argomento centrale solitamente è il contrasto del potere del monarca, che per Alfieri era un detentore del potere in modo arbitrario. Il difetto della monarchia del re è che quest’ultimo, avendo molto potere concentrato nelle sue mani, finisce per diventare megalomane e per gestire il potere in modo arbitrario. La lotta e il peso del potere sono quindi i temi centrali delle tragedie di Alfieri. ● “Saul” é la tragedia più famosa di Alfieri, è un’opera di argomento biblico. è la storia del vecchio re Saul che prende in odio il suo discendente, Davide. Il tema della tragedia è quindi il dissidio tra Saul, arcigno, sospettoso e folle (esempio del re negativo agli occhi di Alfieri) e Davide, che sopporta incarnando il ruolo della vera vittima della tragedia, poiché è perseguitato ingiustamente. Davide è il tipico eroe della tragedia classica che è colpevole pur non avendo colpe. Fine della tragedia: sullo sfondo della guerra contro i Filistei, Saul in un momento di lucidità capisce di aver sbagliato e che Davide sarà ottimo re; Saul morì in battaglia e Davide prende il suo posto. ● “Mirra” è un’altra tragedia di Alfieri: è una storia di incesto ed è un mito che racconta anche Ovidio. Ad Alfieri di nuovo interessa il rapporto tra il potere e la figura dell’eroe ribelle che combatte (quasi uno stereotipo). La tragedia è incentrata sul sentimento incestuoso che prova la giovane Mirra nei confronti del padre Ciniro, e sul conflitto interiore della protagonista. Infatti Mirra contemporaneamente maledice il fato per averla fatta nascere figlia del padre e anche la madre per gelosia; tuttavia prova anche uno struggente senso di colpa. Quindi il conflitto interiore che si viene a instaurare è fra la passione incestuosa e la natura insieme alle convenzioni sociali. Mirra si libererà da una situazione insostenibile, apparendo però empia ai suoi familiari. Scrisse, in pochi anni, 21 tragedie in versi liberi, di cui 20 furono pubblicate dall'autore, e una sola, “L’Alceste”, pubblicata postuma. Alfieri è preromantico anche se di gusto neoclassico: si vede dai temi e dai personaggi classici delle sue opere La sua è una lingua artefatta, si vede che pensa in francese anche se scrive in italiano I Trattati politici ● “Della tirannide”: trattato scritto in due libri. Alfieri sottopone a dura critica i regimi fondati sul dominio assoluto e dispotico di una sola persona, di pochi o di un intero popolo, qualsiasi sia la forma che esso prende (aperto o nascosto, assolutistico o “illuminato”). Successivamente giustifica l'uso della violenza per eliminare la fonte dell'oppressione della libertà ● “Del principe e delle lettere”: scritto in tre libri. Alfieri si occupa del rapporto fra il despota e lo scrittore, chi detiene il potere e l'intellettuale: da un lato diffida del principe-mecenate, che protegge gli artisti per farseli servi; dall'altro, contesta il tradizionale ruolo del letterato come ornamento delle corti, contrappone a ciò l'idea che l'uomo di cultura deve essere libero perché deve svolgere una funzione di guida civile, di educatore alla libertà. ● “Il panegirico di Plinio a Traiano”: prende spunto dall'omonimo discorso di ringraziamento (panegirico), enfatico e laudativo, che lo scrittore latino Plinio il Giovane aveva rivolto all'imperatore Traiano. Alfieri riscrive il discorso come se Plinio si fosse proposto un altro scopo, cioè quello di esortare l'imperatore a lasciare il potere e a restituire a Roma la libertà dell'età repubblicana; questo invito, in realtà è indirizzato indirettamente al re di Francia Luigi XVI, al quale l'opera è dedicata, perché conceda di propria iniziativa la libertà al suo popolo. Questo messaggio, ovviamente non recepito dal sovrano, è quanto mai sorprendente, dal momento che il moto rivoluzionario avrebbe decretato con la forza, di lì a due anni, la fine dell'antico regime. Le Odi ● “L'America liberata”: scritta nel 1781, tratta dell'indipendenza americana ● “Parigi sbastigliato”: scritta nel 1789, venne composta in occasione della presa Bastiglia nella prima fase della Rivoluzione francese. È un’ode incentrata sulla riflessione politica, stimolata da eventi di attualità. Le opere dell’indignazione Sono le Satire, scritte fra il 1786 e il 1797, che colpiscono istituzioni, costumi, mode del tempo. Esprimono un totale rifiuto, carico di sdegno e rancore, verso la società e gli avvenimenti contemporanei. ● Il Misogallo (propriamente, “l'odiatore dei Galli”, ossia dei Francesi): scritta tra il 1793 e il 1798, è un'opera disorganica, che raccoglie materiali diversi (prose, sonetti, epigrammi, un'ode), ma è unificata dal tono d'invettiva. Lo scrittore si scaglia contro la Francia rivoluzionaria che aveva fatto sperare nella realizzazione dei valori di libertà e di giustizia, ma aveva tradito le attese, dimostrandosi come un'altra forma di oppressione e tirannia. Alfieri in questo componimento assegna all’Italia la missione di realizzare quei valori, lanciando così un messaggio che i patrioti dell'età risorgimentale avrebbero raccolto.
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