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Vittorio Alfieri, vita e opere, Appunti di Letteratura Italiana

Riassunto su Vittorio Alfieri, biografia e poetica

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 08/01/2017

MorenaeRosario
MorenaeRosario 🇮🇹

4.5

(6)

5 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Vittorio Alfieri, vita e opere e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Alfieri Il ritratto più autorevole che Alfieri consegna su se stesso è contenuto nella celeberrima Vita scritta da esso, opera in cui lo stesso Alfieri costruisce lo sviluppo della sua personalità artistica. È noto che Alfieri si nutre dell’ideologia illuministica, ma di questa ideologia da una versione personalissima e originale, anche perché è in parte proiettato verso nuove soluzioni sentimentali e passionali tipiche dell’età romantica. La cifra della poetica alfieriana si può riassumere in un suo detto memorabile il forte sentire. Il suo teatro è rivolto appunto ad un pubblico di forte sentire, pubblico diverso a cui si rivolgeva gran parte della letteratura di consumo contemporanea, letteratura oziosa e decorativa, cortigiana. Alfieri nasce a metà 700 in pieno illuminismo ed è un nobile, un aristocratico ricco e benestante. Questa condizione gli consentì di viaggiare parecchio, prima in Italia, poi in Francia dove verrà in contatto diretto con gli scritti degli illuministi francesi, successivamente in Austria, Germania, Svezia, Russia, Inghilterra, Spagna, Portogallo. Oggi può sembrare scontato uno spostamento del genere, ma per i tempi era qualcosa di eccezionale, a parte il dispendio economico che era veramente molto gravoso quindi soltanto un aristocratico poteva permettersi questo, poi non dimentichiamoci che siamo ancora nel 700, le vie di comunicazione non sono quelle attuali, insomma era un uomo di mondo, di larghe vedute. Il più importante fu il viaggio in Francia ed in particolare la lettura degli illuministi francesi e delle Vite di Plutarco, non a caso, perché le Vite parallele mettono a confronto un personaggio greco con un personaggio romano, non parliamo di uomini comuni ma di uomini al di sopra delle normali capacità di agire. Poco prima dei trent’anni abbiamo la conversione letteraria, conversione che lo porterà allo studio sistematico, metodico dei classici italiani e del latino. La cifra del pensiero alfieriano si potrebbe riassumere in una oscillazione tra il desiderio dell’azione e il sentimento del disinganno che lo spinge alla fuga dalla vita e dalla storia. Questo è un aspetto dell’Alfieri romantico, la consapevolezza di questo contrasto tra, da un lato, l’attenzione verso la vita, l’azione in linea con la sua matrice illuministica, dall’altro, il ripiegamento su se stesso cioè la vanità dell’azione. L’idea antitirannica era presente negli illuministi, questa idea era posta alla base di un progetto concreto, cioè la lotta al tiranno in nome degli ideali della rivoluzione francese (libertà, uguaglianza e fraternità). Per Alfieri non è così, l’idea antitirannica è solo fondamento della sua ribellione personale, quindi anche in questa circostanza risolve una delle aspirazioni principali dell’illuminismo (applicazione della libertà, dell’uguaglianza e della fratellanza) in un radicale individualismo. Abbiamo due trattati politici di Alfieri, il primo è Della tirannide, l’altro è Del Principe e delle lettere. L’opera della Della Tirannide fu scritta in un fiato, suggestionato dalla lettura di Machiavelli e di Tacito. C’è una continuità ideale, ma qui già possiamo rimarcare la distanza con Machiavelli, perché Machiavelli prese a modello Livio, la scelta di Alfieri è concentrata su Tacito, in tal senso Livio e Tacito sono due scrittori agli antipodi, Livio è uno storico che esalta la Repubblica romana ma si dedica a storia di propaganda, ci sono finalità encomiastiche, moraleggianti nella sua opera, Tacito invece è uno storico veramente tale. La scelta di Livio e Tacito rimarca una diversa maturità nel recepire il modello storiografico. Alfieri è attento alla realtà contemporanea quando per esempio svela gli artifici con cui la tirannide suole smascherarsi per mostrare un aspetto più benigno, il carattere di dissimulazione. L’altro trattato Del Principe e delle Lettere è un’opera in cui Alfieri mette a confronto la poetica e la politica. Abbiamo qui un giudizio negativo sul proprio tempo, la lotta per la libertà politica, e l’affermarsi di sé come scrittore. E qui c’è già una prima frattura con gli scrittori contemporanei, perchè Alfieri rifiuta ogni forma di mecenatismo e disprezza il letterato cortigiano. Assegna alle lettere, in particolare alla poesia un compito nobilissimo, quasi eroico che però per essere tale devo essere svolto in condizioni di assoluta indipendenza, quindi in assoluto isolamento. E qui arriviamo all’individualismo alfieriano, cioè considera il proprio lavoro letterario come momento dell’azione politica, non c’è un impegno conclamato per l’abbattimento di una particolare tirannide o un particolare regime vessatorio, ma egli ritiene il suo impegno letterario come momento fattuale. La sua proposta andava bene dal punto di vista teorico, ma un popolo progredisce se ha dei modelli da seguire, non con la teoria. Per lui il poeta è poeta e martire, profeta ed educatore, per questa sua componente individualistica Alfieri è proiettato verso il romanticismo. Emerge un contrasto tra ideale e reale, emerge la forza delle passioni, il sentimento eroico della politica e della storia, così si può sintetizzare l’acme delle aspirazioni alfieriane, però dal punto di vista letterario come realizzare questo? Non sicuramente tramite un trattato, perché il trattato ha carattere discorsivo, dimostrativo, ecco che soccorre la poesia, in particolare la tragedia. Solo la tragedia sarà in grado di realizzare pienamente tutte le aspirazioni alfieriane, una in particolare, il Saul. Il trattato Del Principe e delle lettere è l’opera più ampia e sistematica tra quelle politiche di Alfieri, composta intorno al 1777, conobbe diverse stesure, fu divisa in tre libri: 1) è dedicato ai principi che non proteggono le lettere 2) ai pochi letterati che non si lasciano proteggere 3) ombre degli antichi e liberi scrittori. Punto di partenza è il fatto che Alfieri è contro il mecenatismo. L’intuizione alfieriana secondo cui l’intellettuale non può che perseguire il proprio ruolo in maniera autonoma e isolata dal potere costituito, è quanto mai vera, cioè un banco di prova su cui articolare un impegno serio sicuramente non può essere quello della corte, e non può essere opera di un letterato cortigiano, perché quel tipo di operazione sarà sempre finalizzata alla creazione di un consenso intorno al Principe, in altri termini Alfieri concepisce l’impegno letterario come servizio intellettuale, organico al potere, di qui la polemica col mecenatismo. Le lettere per essere efficaci non debbono avere protezione, scrivendo e pensando con assoluta libertà lo scrittore può raggiungere l’apice delle sue possibilità, cioè il suo lavoro è il modo più alto e superbo di agire. La forma suprema a cui il letterato deve improntare la sua attività è il piacere a se stesso non alle grazie concessegli dal Principe o dal pubblico, solo così si può ottenere la vera gloria. La critica al mecenatismo porta con sé la necessità di svincolarsi dalle trame obbligate della propaganda, quando lo sforzo fatto per svincolarsi dal Principe o dalla propaganda si risolve in una tensione individuale, rifuggendo dal consenso del mecenate e del pubblico, allora il problema si pone. Infatti quando si parla di titanismo alfieriano si fa riferimento proprio alla battaglia del singolo contro un potere, una società contro la cui lotta è destinata ad infrangersi.
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