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Vittorio Alfieri vita scritta da esso, Appunti di Letteratura Italiana

Analisi delle suo autobiografia

Tipologia: Appunti

2017/2018
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Caricato il 14/09/2018

roberta-norkute
roberta-norkute 🇮🇹

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Scarica Vittorio Alfieri vita scritta da esso e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! VITTORIO ALFIERI - VITA DI ME MEDESIMO L’autobiografia è stata scritta a Parigi tra il 3 Aprile del 1790, Sabato Santo, ed il 27 Maggio fino al capitolo XIX dell’Epoca quarta, venne risistemata a partire dal 4 Marzo 1798. Ricopiata nel 1803 fino al 2 Maggio, il 4 ne riprese la narrazione portandola fino al 14 Maggio. QUADRO STORICO : Il secondo settecento rappresenta una svolta nella nostra letteratura, facendo delle arcate cronologiche la letteratura italiana segue un corso abbastanza lineare fino a metà settecento; fino al seicento compreso si può dire che le poetiche che si affermano in Italia diventano dominanti anche in Europa. Il seicento è periodo della ‘crisi’, e l’ultimo grande scrittore da ‘esportazione’ che abbiamo è Marino. Questo secolo segna uno spartiacque, l’Italia esce un po’ dal giro politico importante dell’Europa, nel ‘500 è stato terreno di conquista e di lotta francesi e spagnoli. l’Italia nel 700 non è più il punto di partenza delle filosofie e poetiche che si affermeranno in Europa, l’Illuminismo non è di certo un invenzione italiana. Arriva in Italia grazie soprattutto ad una serie di intellettuali la cui appartenenza regionale comincia ad essere un po’ diversa: cominciando dalla Toscana nei secoli precedenti le cose vanno cambiando, il nord prima poco rappresentato nel ‘700 vede un cambiamento radicale. Diventa fondamentale Milano, tra 700 e 800 è la vera capitale culturale italiana, anche con altre città importanti. Roma per esempio emergerà culturalmente soltanto dopo l’Unità di Italia. Si affacciano anche città e regioni prima praticamente inesistenti, come il Piemonte di Alfieri, che aveva avuto un periodo importante durante il 600 con la dinastia Sabauda, che aveva capito quanto fosse necessario valorizzare la politica culturale. Nel 700 la cultura piemontese comincia ad avere un suo valore, molti intellettuali con Milano come punto di riferimento, durante le crisi con Napoleone e nel ’48 quando si pensò che l’Italia poteva liberarsi dagli austriaci, si trasferirono in Piemonte. Come Firenze vede venire alla luce uno dopo l’altro scrittori fondamentali(le tre corone), nasce così in Piemonte Vittorio Alfieri, scrittore moderno, che con Parini, Foscolo e Manzoni permettono alla cultura italiana di ritornare ad un livello alto. Quando la rivoluzione esplode a livelli maggiori, ad esempio nel periodo del ‘terrore’, le cose cambiano, Alfieri e la contessa d’Albany si trasferirono a Firenze. Alfieri ha una vita turbolenta, non è un intellettuale tranquillo, scopre fin dall’inizio la sua vocazione da scrittore. I piemontesi del tempo parlavano in dialetto o francese e l’italiano era una lingua che conoscevano poco; Alfieri fu importante anche per l’immagine che diede di sè (durante la rivoluzione quando arrivarono i francesi si diedero alle scene Alfieri in funzione della nuova ideologia rivoluzionaria che Bonaparte e i francesi avevano portato in Italia), dal punto di vista della messa in scena concreta è un fatto ottocentesco dopo la morte dello scrittore. Il fascismo cercò di rivalutarlo anche se la sua insistenza sui valori di libertà e repubblica andavano in conflitto con il partito.Quando Vittorio Alfieri prese infine atto di aver esaurito la propria vena di scrittore e drammaturgo, cominciò ad avere l’idea di scrivere una ‘specie’ di autobiografia, è il periodo in cui questo tipo di opere si diffonde, non è un fatto nuovo però il 700 segna una forte frequenza di questo genere letterario, che può essere interpretato in molti versi (autobiografia ideale, del ‘cuore’). Per questi scrittori di fine 700 anche quando non scrivono autobiografie nelle loro opere il raccontare di se diventa importante, ma non è soltanto il raccontare di se, quanto una volontà da parte dello scrittore indipendentemente dal suo stile o dalla sua sincerità, di fare una promozione di se e creare un immagine, un icona di stesso. Questo serve anche perchè di fronte alla complessità di una cultura sempre più ampia e variegata e alla nascita di un pubblico molto più ampio, di fronte alla nascita di molti generi letterari di intrattenimento c’era la necessità di prendere le distanze da una letteratura di ‘consumo’. Quando uscirono le prime tragedie rispose a certe obiezioni, fu uno scrittore che volle sempre mettere in pubblico la propria ‘officina letteraria’. Questi tratti autobiografici ci interessano non tanto per scoprire chi era l’autore, ma perchè aggiungono qualcosa ai vari significati che le sue opere possono assumere. AUTOBIOGRAFIA: La vita scritta da esso di Vittorio Alfieri pubblicata dopo la sua morte con molto successo. L’introduzione è tipica della letteratura moderna, quella antica e classica non aveva bisogno di spiegazioni, ma avvicinandosi all’età moderna lo scrittore sente il bisogno di introdurre e spiegare. Nel caso di Alfieri l’introduzione iniziale è lapidaria, breve. ‘amore di sè’ si era scoperto che alcune espressioni dell’io prima indicate come negative vengono riviste come positive, ad esempio questo amore di sè veniva visto come una ‘molla’ di azione, affermare se stessi è produttivo, una spinta che il soggetto può avere nell’azione e nella attività intellettuale. L’esigenza del piacere è legittimo, la ricerca della felicità, l’amore di se sono elementi moderni; non c’è rapporto tra la spinta a scrivere e la qualità di scrittura, il vero e il bello sono due facce della stessa medaglia, questi due elementi e l’amor di se devono essere congiunti ad un dono, delle capacità. Alfieri aveva scritto molto di se, ebbe molti amori, era un personaggio dal punto di vista fisico non seducente ma con una propria passionalità. Racconta di alcune avventure della sua prima parte della vita, riproposte dopo molti anni e mentre esalta la sua vicenda amorosa con la contessa D’Albany, queste vicende amorose del passato vengono viste come una sorta di ostacolo alla sua vera vocazione poetica. Egli stesso gioca sul dire e il non dire, essendo un aristocratico. Sul raccontare la propria infanzia Rousseau aprirà la strada, poi sarà frequente. Alfieri spiega che dividerà l’opera in 5 parti, bisogna trovare una soluzione per calibrare la quantità le cose da dire in base al lettore. Ci possono essere degli episodi che sembrano poco significativi, ma per il soggetto sono molto più importanti di quanto possono apparire, e ciò è tipico del genere umano. Si credeva che l’azione dovesse essere oggetto di racconto, ma qui si può introdurre anche l’analisi di se. Nel caso di Alfieri si prende atto che l’indagine del soggetto si può anche estendere in altri generi letterari, scoprire la complessità interiore del personaggio è cosa più recente. Nell’introduzione si vede uno scrittore lungimirante, perchè è consapevole di ciò che ha fatto prima e capisce che sempre di più ci saranno opere in cui prevarranno questi elementi di scandaglio interiore, ciò andava a cozzare con una tradizione diversa, perchè in Italia al vertice della gerarchia letteraria vi era il poema e la tragedia, quest’ultima soprattutto era ancora molto presente. La tragedia aveva uno statuto molto elevato, e mentre Alfieri scrive La Vita ciò gli è tutto chiaro, infatti chiude l’introduzione insistendo sullo studio umano; ‘opera dettata dal cuore e non dall’ingegno’: ciò che si conosce meglio è se stesso, vuole analizzarsi in modo che in lettore potrà confrontare le opere che ha fatto con questa che scrive di se. Quanto allo stile..’lascerò fare alla penna’ uno stile naturale, per lui è fondamentale la collocazione delle parole. Lo straniamento è lo strumento essenziale per ma di tutto questo il personaggio femminile non viene mai citato, non si esprime quello che sente la donna. Dopo richiama il medico perchè la spalla è peggiorata, ma decide comunque di andare a Teatro e qui sente fare il proprio nome: è il marito dell’amante. Il marito lo rimprovera del fatto che era stato più volta a casa sua ma lui smentisce. Ma il marito più lui dice di no, più aggiunge dei dettagli. Si pensa che il marito abbia pagato dei servitori per sbirciarli, ma in realtà glielo ha confessato la stessa moglie. Da parte dell’amante c’è l’idea che egli comunque deve negare l’evidenza (l’adulterio in questo periodo era gravissimo, la donna non aveva nessuna difesa). Ci sono dei particolari: -la donna ha raccontato tutto e non si sa il perchè. La donna è negativa e ha una sorta di fine distruttivo. Le donne che preludono a un rapporto importante non vengono trattate bene. -la sua reazione è di chiudere la vicenda, dopo che la donna ha raccontato qualcosa di intimo che per il personaggio è una delusione. Decide di battersi anche se non era molto bravo e inoltre non aveva una situazione fisica adatta. -lui decide di non seguire le regole fondamentali, ma descrive un duello quasi selvaggio. Noi apprezziamo il comportamento del marito, il quale si accorge che l’altro non rispetta le regole e in realtà si difende, poi si scusa e non appena il protagonista si scopre lui lo colpisce ma di una ferita leggera perchè non voleva ucciderlo, e Alfieri non lo uccide perchè non ne era in grado. Il marito era soddisfatto così e domanda se anche lui ne era soddisfatto, ma non lo era. All’interno di questa tensione, di questa svolta improvvisa, il personaggio dimostra una forza d’animo, almeno al di fuori, che è in grado di rientrare nel Teatro come se nulla fosse accaduto. Lui sa benissimo che la cosa non finisce li, diventerà oggetto di una diceria pubblica. Finché è una diceria privata è un conto, ma dopo un duello di questo tipo e la decisione del marito, magnanimo, c’è un qualcosa che porta i due alla separazione; ma tutta la vicenda è sempre rivolta su di se, comincia a pensare a cosa accadrà alla donna. In realtà le cose non furono drammatiche, lui si libera della donna, anche dopo la scoperta del tradimento con lo stalliere, e più in la loro ritornano in contatto ma non accade nulla. Rimane un episodio importante della propria esistenza che sta a dimostrare la volontà da parte dello scrittore di volerlo raccontare. Questo racconto è vicino al romanzo, che è il genere di maggior successo e Alfieri se ne sta accorgendo. La maggioranza del pubblico era interessato non ai personaggi della tragedia, ma a una vicenda adulterina: un fatto individuale che non incide nella realtà. E’ una presa d’atto del cambiamento del gusto di questo periodo. Alfieri stesso era in grado di valutare che rispetto alla letteratura alta si imponeva una letteratura di intrattenimento, con l’imposizione di un circolo borghese. Foscolo porterà questi concetti alla realtà del senso, ma perchè durante il suo periodo erano già inseriti, mentre Alfieri fa un salto intellettuale del modo di vedere nella sua epoca però rimane comunque legato a un’ottica più arretrata. Se ad un certo punto termina la sua attività tragica un significato l’avrà: capisce che deve prendere atto del nuovo genere. Quindi quando a 45 anni si mette a raccontare della sua vita scrive e introduce, in micro racconti un romanzo particolare: abbiamo qui, sempre e soltanto, uno scrittore narcisista e così preso dalle proprie vicende che racconta si una vicenda degna di essere raccontata ma deve essere interpretata come una sorta di romanzo. Ci sono tanti personaggi ma è tutto concentrato sulla sua personalità. Alla fine di questa vicenda il personaggio femminile viene mandato sempre più in basso e il personaggio maschile è come se avesse una sorta di liberazione da questa storia. Continuiamo l’analisi della “Vita scritta da esso” dicendo che Alfieri lega le sue esperienze negative alla nascita della vocazione letteraria. Ci sono due ipotesi quando gli scrittori parlano da se: da una parte sentono una forte attrazione per la scrittura da quando hanno iniziato a leggere, dall’altra parte si punta a una maturazione inconscia che emerge in rapporto a qualche vicenda che accade al soggetto. Alfieri adotta la seconda soluzione: vuole dare l’ idea di un personaggio calato nel mondo in cui vive. Quindi l’idea di un intellettuale non chiuso ma che ha una coscienza allargata sia al mondo che lo circonda sia per le esperienze personali. (Pag. 61): c’è una nuova amante, sposata. Alfieri definisce l’Opera come ‘insulso e tediosissimo divertimento di tutta Italia’, non ama l’opera perchè la trova priva di significati, il melodramma di questo periodo è giocato su un sintagma che poi si diffonderà in tutta Europa: non conta la vicenda in se ma il virtuosismo dei cantanti. Il “bel canto” si gioca in una melodia facilmente accessibile a tutti e una serie di virtuosismi e acuti che mandavano in visibilio il pubblico. La storia in se era poco importante, lo era alla fine del 500 e solo per il 600. Sono vicende convenzionali che si ripetono, veniva ‘saccheggiato’ Metastasio perchè creava storie già melodiose in partenza. Secondo l’abitudine del tempo i compositori potevano riprendere opere scritte e metterle in musica, apportando dei tagli. Per Manzoni che non sopportava la letteratura di intrattenimento, questa ripugnanza di rifiutare il melodramma appare spesso, quando ormai ha fatto le sue opere principali. Qui si racconta come egli constati una sorta di situazione per cui egli viene preso per queste passioni amorose che lo mettono in una condizione subordinata, è come se egli subisse la passione e anche le angherie delle donne che diventano oggetto di questo rapporto. A un certo punto decide di smettere, prende la decisione che egli si rifiuterà di sottostare a queste relazioni per dedicarsi a qualcosa d’altro, e siccome non si fida di se vuole trovare degli strumenti per mantenere questa decisione. In un’epoca di trasgressione e della diffusione del libertinismo, egli vede in queste passioni che si succedono, qualcosa che gli impedisce di crescere e realizzarsi. Il mito dello scrittore: non può essere uguale agli altri, deve distinguersi→ si fa legare alla sedia. Si crea il mito del personaggio isolato, difficile da capire, guardato con diffidenza. Importa il fatto che il protagonista è consapevole di questo e non cerca di nasconderlo (esempio Manzoni che crea una distanza tra se e il mondo che lo circonda, anche Leopardi). Il personaggio ha sempre un impegno di collocarsi in un ritratto. Anche Foscolo e Manzoni scriveranno il loro ritratto. La passeggiata solitaria esiste fino alla letteratura delle origini: il soggetto, non sopportando più il consorzio umano, vanno passeggiando in giro. Poi le cose possono cambiare come nella novella di Boccaccio di ‘Nastagio degli Onesti’. Nel caso di Alfieri c’è sempre l’idea della donna cattiva che distoglie il soggetto dalla maturazione. Alfieri decide di lasciare tutti i possedimenti alla sorella. Questa sua tendenza ad essere eccentrico si nota in particolari. Qui la letteratura nasce da una punizione che egli si vuole infliggere: da un lato si costringe a stare chiuso in casa, ma l’idea di bloccarsi, ovvero una sorta di chiusura in se stesso, come se fosse una confessione di se. Lo scrivere la poesia vuol dire esprimere le emozioni che ha dentro di se sulla carta. Non è solo lo sfogo di chi urla, il furor poi alla fine si concreta in parole che vengono scritte entro delle regole: in 14 versi lo scrittore proietta una sensazione e allo stesso tempo esprime una valutazione. Così dal sonetto si passa a un’opera che egli aveva li, ovvero “Cleopatra”, e decide di andare a comporre una Cleopatra lui: amore che porta i due personaggi alla rovina. L’idea della Cleopatra, ovvero della donna che seduce. Comincia a preoccuparsi di dover costruire un’opera, il fatto di sentire il desiderio di scrivere (che dovrebbe sostituire il desiderio della donna che lo fa perdere), ma questo non riesce a realizzarsi perchè non ha esperienza. Quello che sembra assodato è il fatto che il desiderio di scrivere diventa qualcosa di molto forte. Far vedere quanto si sia impegnato in questo mostra maggiormente la sua incapacità nello scrivere. Come il desiderio della donna era punto di partenza per conquistarla, così il desiderio di scrivere è il punto di partenza per conquistare il vero stile. La tragedia viene messa in scena per due serie, alla terza racconta di averla vista recitata a teatro e la sua a confronto non è niente. E’ sincero e consapevole. C’è la ripresa di un lessico amato dal poeta, ma non si tratta più di fatti essenziali, ma qualcosa legata alla scelta definitiva che è quella dello scrivere. Scrivere non è consolatorio ma è qualcosa di più alto, non si scrive perchè si è malinconici o si soffre per amore, ma si deve scrivere per altro. Qua inizia a morire una linea importante della poesia italiana in cui si nega il valore assoluto dell’amore come punto di partenza nella vicenda letteraria (contrario alla poesia del sentimento). Alfieri utilizzando questo raccontino ci fa riflettere alla lettera su quella che è la sua vocazione letteraria, ma comincia a mostrare la riflessione su che cosa serva la letteratura. I poeti sentono il loro punto di partenza con particolare ansia di se, attenzione, con volontà di precisare perchè sono portavoce di un’idea nuova di letteratura che diventerà Romanticismo. Ci sono elementi nuovi che rimandano a un atteggiamento nuovo dello scrittore, del rapporto che ogni pone tra se e il mondo. Importante è il fatto che lo scrittore poi deve pubblicare, lo scrittore non scrive mai per se. L’operazione letteraria vale perchè non è un’operazione solitaria, ma se io scrivo è perchè ho un immaginario lettore dall’altra parte. Ma il problema non finisce qui, non ci si può accontentare di un lettore immaginario, di una proiezione che il soggetto fa davanti a se, il momento cruciale è la pubblicazione: le opere vanno fuori dalla tua orbita e vanno in mano a qualsiasi persona. Ci può essere una mediazione, una fase intermedia in cui colui che scrive sottopone la propria scrittura a una valutazione di lettore non molto estesi ma significativi. Ad Alfieri piaceva recitare le proprie tragedie, e quindi noi abbiamo che capitava che l’autore venisse invitato a dare un saggio della propria opera. A pag. 68 si racconta come egli fosse stato invitato a recitare l’Antigone. Non dobbiamo pensare a un teatro ma a una sorta di recitazione fatta da dilettanti, da persona che aveva capacità di leggere e interpretare, e si racconta di un’aristocratica che fa Antigone e lui interpreta Cleonte. Questo è il secondo passo, l’ultimo è il fatto che l’opera viene mandata attraverso alla pubblicazione: pubblico che può comprare o no, può essere colto o incolto, può avere pregiudizi, ma l’autore deve affrontare questo. Vittorio Alfieri era un autore che amava il dibattito. E un continuo esporre, parlare di se e mettere se al centro dell’operazione
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