Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

VIVA. Ceramica arte libera - I. Biolchini, Dispense di Arte

Riassunto capitolo per capitolo del manuale del corso di Fenomenologia delle arti contemporanee tenuto dalla professoressa Irene Biolchini.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 14/09/2023

serena-orla
serena-orla 🇮🇹

4.8

(6)

18 documenti

1 / 16

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica VIVA. Ceramica arte libera - I. Biolchini e più Dispense in PDF di Arte solo su Docsity! VIVA. Ceramica arte libera 1.PREMESSE STORICHE La storia della ceramica è presentata come un mondo a sé stante, con proprie regole e innovazioni. Si differenziano quindi i difensori della tradizione locale dagli incendiari, innovatori. Si inserisce poi una terza figura: l'artista inesperto che maneggia la terra senza sapere cosa sta facendo. Questa narrazione porta ad una netta divisione tra chi si occupa di ceramica e chi di arte contemporanea. Seguendo la visione di alcuni storici dell'arte, quali Achille Bonito Oliva, la storia dell'arte è costituita da un susseguirsi di alternanze. In quest'ottica la ceramica si ripresenta di tanto in tanto all'interno dell'arte, ogni qual volta ci si vuole riavvicinare alla tradizione. E se invece la ceramica non scomparisse? Se esistesse una continuità? 1.1 1947: viene presentata in America la mostra Handicrafts as a Fine Art in Italy. L'italia sceglie di presentare la sua nuova produzione in ottica di introdurre la ceramica all'interno delle arti maggiori. 1948: Italia all'Aperto è la mostra presentata l'anno seguente sempre in America, comprensiva di soluzioni ceramiche al contempo neoclassiche e moderne. Ricevono maggiore apprezzamento le opere classiche, probabilmente per via della necessità americana di differenziare il proprio prodotto moderno e industriale da quello italiano artigianale e individuale. In modo particolare viene apprezzata la figura di Gambone. 1949: XX Century Italian Art, sempre negli Stati Uniti, l'Italia viene presentata in una mostra in cui le opere in ceramica sono inserite al pari del bronzo della pittura. Tra le altre, sono presenti alla mostra ceramiche di Lucio Fontana, come il Crocifisso. Questo esempio sottolinea come la mostra americana anticipi e risolva un contrasto tra scultura e artigianato molto meno sereno nei confini nazionali. Alla triennale di Milano del 1951, Gio Ponti, sostenitore di un'integrazione delle arti, si scontra con Albini e Gentili. Ponti cura la sezione ceramica, presenta tre categorie: - industrie - atelier di industrie - artisti ceramisti italiani La commistione tra ceramisti, oggetti d'artigianato e opere d'arte provoca la reazione di Albini, che denuncia come forzata la decisione di affiancare scultori e artigiani. 1952: il dibattito si riapre sempre attorno al crocifisso nero e oro di Fontana, che viene insignito del premio E.N.A.P.I.. La giuria, chiamata a prendere posizione, preferisce 2 ceramisti: Scordia e Tramonti. Ribadisce una specificità ceramica rispetto ad altri approcci di sperimentazione scultorea. Sono ultimi avamposti a difesa della specificità della ceramica che si sta superando in questo periodo. Dal 1954: Asger Jorn mette in mostra la sua posizione riguardo la questione negli Incontri Internazionali della Ceramica ad Albissola. Il merito fondamentale è quello di far lavorare a stretto contatto artisti di diverse provenienze, accomunati dell'esperimento e dall'errore. Anche Mirò teorizza un'arte collettiva proprio quando inizio a lavorare la ceramica. Tutte le sue ceramiche sono firmate Mirò-Artigas, riconoscendo il ruolo fondamentale del ceramista che lavora al suo fianco. Questa tendenza sembra essere un sistematico ritorno al primitivo. La nuova generazione, pur avendo studiato le specificità del materiale ceramico, rivendica una libertà di creazione. 1.2 Per arrivare alle sperimentazioni degli anni ‘70 e ai suoi movimenti radicali, vanno prese in considerazione alcune esperienze, che hanno contribuito seppur spesso in maniera silente. La Galleria La Salita: La Salita grande vendita (1964-65) è stata una grande mostra natalizia in cui erano esposti oggetti-opere dall’abbordabile costo commerciale. OBIETTIVO: denunciare, in maniera ironica e giocosa, la seria e complessa questione del mercato e dell'identità dell'arte Italiana. Entrando nel vivo delle sperimentazioni degli anni '70 va citato Riccardo Dalisi, attivo a Napoli. Dalisi costruisce la propria pratica a partire dal valore fondativo dell'errore e del gioco, nonché della partecipazione e dell'esperimento. Molto più interessato allo sviluppo del progetto che non all'oggetto finale. 1973: GLOBAL TOOLS → (Dalisi è tra i firmatari) Ispirati al ritorno alla campagna, attenti agli oggetti prodotti dall'uomo, si descrivono come un sistema di laboratori a Firenze per la propagazione del uso di materie tecniche naturali e relativi comportamenti. Laboratori che prevedono la partecipazione di tutti i firmatari e di Germano Celant. (molto noto per Arte Povera, pubblicato nel 1969). CELANT si era infatti occupato di redigere il catalogo della mostra Italy. New Domestic Landscape allestita al MoMa nel 1972, che includeva i designer fondatori della Global Tools. Gli allestimenti erano fondati su strutture simili a quelle di un supermercato, evidenziando la dimensione consumistica e standardizzata dei prodotti esposti. La vocazione commerciale non appariva contraddittoria, sostenendo invece la crescita di professionalità. La figura del professionista è cara a Germano Celant, che vi dedica l’opera Precronistoria. Nel catalogo sopraccitato Celant definisce il design come tautological medium: l'arte e tautologia che non può essere compresa fuori da sé stessa. L'artista è quello che è e fa quello che fa. Un'arte che esiste solo per se stessa. Celant propone un individualismo volto all'inserimento nel mercato. 1976: Biennale di Venezia → evidenzia la distanza delle posizioni di Crispolti e Celant. CRISPOLTI sostiene che l'operatore estetico debba agire in modo non unilaterale, ma dialogico in un'esperienza che diviene comune e bilaterale, come CO-OPERATORE. viene celebrata per venderla, seppur al contempo non la si prenda più da esempio, vivendo solo il presente. Bauman mette in luce il contrasto tra globalizzazione e localizzazione: essere locali in un mondo globalizzato è un segno di inferiorità e di degradazione sociale. Parte integrante dei processi di globalizzazione è la separazione ed esclusione nello spazio. Tenendo presenti tali intuizioni, Recalcati teorizza l’EVAPORAZIONE DEL PADRE, una delle caratteristiche fondamentali dell’ipermodernità. Va premesso che con “padre” si intende la Legge. Il simbolico tutore dell'ordine, vertice che regola i rapporti e i legami sociali. Recalcati parte dal contrasto tra desiderio e godimento. Il desiderio è legato a doppio filo con la Legge: si costruisce sul limite, sulla castrazione del godimento operata dalla Legge. Desiderio e Legge devono sempre convivere, come due parti perennemente collegate. Se la correlazione viene interrotta allora il desiderio perde la sua controparte castrante e apre ad un godimento edonistico senza limiti. Non si rinuncia più a niente, si accetta e si consuma in maniera passiva e acritica. Si è calati in un continuo presente di soddisfacimento, non esiste futuro e non esiste passato, tutto rispecchia il qui ed ora. Il nostro tempo è il tempo dove tutto si consuma e tutto, consumandosi, si distrugge, rivelando il suo carattere totalmente effimero ed evanescente. [...] Ciò che solo conta è l'imperativo al godimento illimitato. 2.2 Questo totale godimento determina un incentramento su sé stessi ed un rifiuto dell'altro cui conseguono nazionalismi, inasprimento dei confini e innalzamento delle barriere. La reazione complementare è la ricerca di un padre-padrone rassicurante, manifesta in movimenti politici estremi e fondamentalismi religiosi. Questo genere di tendenze porta delle reazioni contrarie che riconoscono la necessità di tornare ai termini dell'impegno civile, modificando il sistema culturale dal suo interno. Questo avviene anche nel mondo dell'arte: Manifesto per la resilienza (2013), firmato da un gruppo di artisti e curatori, afferma che non rifiutano il marketing e non sono contrari al mercato dell'arte, ma li considerano come stimoli alla resilienza e non vette da temere o conquistare. Anticipano il movimento della Resilienza italiana: sostengono il ruolo del testimone; l'arte-critica, affermatasi nell'ultimo ventennio, è una rinnovata presa di posizione politica dell'artista. Arte intesa come testimonialità, come capacità di sollecitazione costruttiva sul soggetto individuale e collettivo. All’aprirsi degli anni 2000, la scena artistica è prevalentemente interessata da temi quali: impegno, ritorno al reale, testimonianza. Gli artisti non riconoscono maestri o modelli, non hanno riferimenti che superino il dato biografico, la vita e gli incontri si tramutano in opera, ancorati saldamente all’hic et nunc. La produzione artistica si fonda sull'esperienza personale. Foster li definisce come racconti di viaggio travestiti da mercato dell'arte. Una traduzione del reale che dà vita a manufatti. Da questo consegue l'affermarsi della pratica, tipica dell'inizio anni 2000, dei progetti di residenza artistica. Si tratta di periodi trascorsi in luoghi periferici a contatto con le tradizioni connesse alla storia locale - soprattutto artigianali e di ceramica - con lo scopo ultimo di creare un artefatto. 2.3 2001: prima Biennale di Ceramica nell'Arte Contemporanea "il volto felice della globalizzazione", progetto di avvicinamento delle persone all'arte, mentre nel mondo si vivevano il G8 e l'attacco alle Torri Gemelle. Alcuni progetti presentati: 1. Soo-Kyung Lee con Incontro temporaneo L'artista di Seul fa realizzare dalla ceramista locale Anna Maria Pacetti dodici vasi bianchi secondo la tradizione stilistica orientale. Prima di procedere alla decorazione, Lee traduce dal coreano all'inglese e poi al italiano diversi racconti folkloristici, che vengono così snaturati e perdono parte del loro messaggio. Sulla base dei suddetti racconti, uniti ai pregiudizi sulla cultura orientale della ceramista, prendono forma le decorazioni. I vasi non sono più pura rappresentazione della cultura coreana, ma hanno in sé anche parte della cultura italiana e di come questo si relaziona con il mondo. 2. Roberto Cuoghi con Da idā e pingalā a idá e idā o pingalā e pingalā Si tratta di un libro d'artista scritto in italiano con tranelli sintattici intraducibili e affidato a traduttori professionisti fino ad ottenere risultati privi di senso. "Perdere la lingua più che trovarla." Si può intuire che la maggior parte dei lavori presentati alla Biennale non hanno identità, conciliandosi bene con la non-epoca in cui sono prodotti, che trascina con sé valori appartenenti al passato, come manualità qualità artigianale,...che in quanto superati diventano oggetto di recupero. Un contatto con la tradizione che viene e ricombinata liberamente per formare una nuova narrazione. L'intenzione è quella di promuovere un locale, un'alternativa al globale mercato dell'arte. Segue la seconda Biennale, del 2003: 1. Rothbart in Meditation/Meditation rielabora il trauma dell' 11 Settembre tramite la pratica artistica. Porta in vari luoghi delle ciotole in ceramica, che fotografa nei vari ambienti, e chiama specifici partecipanti ad interagire con i recipienti. Le ciotole fanno riferimento a quelle buddhiste che vengono portate in giro per il mondo dai monaci, i quali vivono di ciò che gli viene offerto ponendolo all'interno. 2. Andries Botha gioca sul contrasto tra reale e virtuale mettendo in discussione la realtà tramite la pratica ceramica. In un video si vede il crollo del manufatto torre, poi ricostruito dai cocci. La ricostruzione è al contempo presentata fisicamente nello spazio espositivo. Queste Biennali nascono da un'esperienza di residenze, il fattore interessante è che molti degli artisti invitati a partecipare non si erano mai relazionati prima con la ceramica. Ricerche simili vengono portate avanti negli anni a seguire: Al Museo Carlo Zauli di Faenza a partire dal 2003 hanno inizio le residenze artistiche: gruppi di artisti estranei al linguaggio ceramico vengono chiamati a lavorare con questo materiale per produrre un'opera ciascuno. Uno degli obiettivi è portare in territori periferici, accomunati da una forte tradizione artigianale, nomi riconosciuti all'interno del sistema dell'arte, per annullare la distanza tra quest'ultimo e le pratiche ceramiche. All'epoca infatti i due mondi erano nettamente separati. L'esperienza faentina è pioniera in quanto esperienza di congiuntura pubblico-privata, sostenuta infatti anche dal comune, che richiede dunque la partecipazione attiva del pubblico residente, nonché la formazione di una nuova generazione di artisti; non è però la prima esperienza di questo tipo. La Bottega Gatti di Faenza già dal 1991 portava avanti progetti con i principali attori della scena contemporanea italiana e internazionale (Burri, Paldino, Fioroni,...). Con l'apprendista stregone (1991), per la prima volta artisti di fama internazionale senza esperienza ceramica vengono invitati a dialogare con i ceramisti. Si tratta chiaramente di un'iniziativa privata destinata ad un pubblico ristretto e selezionato. Viene a crearsi un network, una nuova forma di aggregazione non esclusivamente territoriale, promuovendo così l'evoluzione degli oggetti tradizionali. L'intento è smuovere i confini fra classi di oggetti (ceramica, arte, design), che le consuete classificazioni culturali e merceologiche distinguono e tengono separate. Ci si disinteressa del materiale, la ceramica non è più estranea rispetto al mondo dell'arte contemporanea. Nel corso della Biennale 2003 Man Ray afferma che gli artisti contemporanei sono responsabili della salvaguardia di un'apertura creativa all'interno di ogni tradizione, garantendo anche la diversità culturale della nostra epoca. Bisogna resistere alla omogeneizzazione del capitalismo globale e alla tendenza di standardizzare i prodotti. Il rischio è che le tradizioni ceramiche locali perdano la loro varietà per andare incontro alle aspettative dei turisti. La collaborazione con diverse espressioni artistiche (dominanti sulla scena contemporanea) può invece fare evolvere anche l'arte ceramica e non assegnarla ad un così triste destino. Una ricerca quindi in grado di ripartire dal tessuto sociale della provincia, coinvolgendo e dialogando con il pubblico, non mitizzato come esotica distanza dal centro, ma spazio attivo di partecipazione e incontro. 2.4 Bhabha ripensa gli studi colonialisti che prevedono un colonizzatore dominante e un colonizzato dominato. Bhabha sposta l'attenzione sulle differenze culturali dalle quali far nascere un terzo spazio capace di ibridare i linguaggi in uno nuovo. Questo ha molto in comune con quanto visto finora relativamente a Bourriaud, alla Biennale di Albissola o al Museo Carlo Zauli. E anche con le teorie di Recalcati, secondo il quale la testimonianza resiste all'alienazione all'interno dell'alienazione stessa. Quindi il terzo spazio di Bhabha non svela diversità tra centro e periferia, crea invece un'ibridazione che permette di ridefinire e comprendere il centro. Questa terza via può essere applicata alla scena artistica contemporanea, soprattutto parlando di ceramica: quest'ultima ha in sé una ibridità in quanto scultura e oggetto d'uso. Nell'ibridazione dei linguaggi di artista e artigiano risiede la possibilità di riscriverli entrambi. Afferma Matteo Zauli Oggi questi due mondi, ceramica e arte, non sono più così separati: si sono riconosciuti, forse dopo tanti anni era inevitabile. Se inizialmente gli artisti presentavano il progetto che il ceramista realizzava, piano piano si sono sempre più interessati al processo, adesso nessuno demanda interamente la creazione al ceramista. L'artista oggi si è appropriato del linguaggio del ceramista e genera un'arte che non è più manifestazione nè del centro né della periferia ma di uno spazio terzo. Riconfigurazione del centro anziché opposizione. Come gli artisti nutrono un crescente interesse verso la ceramica oggi, anch'essa lo nutre nelle pratiche performative. IBRIDAZIONE DEFINITIVA: non esistono più centro e periferia. LOREDANA LONGO: Inserisce la ceramica all’interno di una metodologia, quella dell’esplosione, portata avanti per diversi anni. L'artista è affascinata dalla violenza, distruzione che è creazione. L'esplosione trasforma creando qualcosa che prima non esisteva. Collabora con ceramisti (i fratelli Zanovello), che sono gli esecutori, lei non tocca mai la ceramica. Fist (2017): mani in ceramica esplose fissate sulla sommità di bastoni anneriti con fumo. I ceramisti realizzano i calchi delle mani della Longo, per poi colarvi all'interno argilla liquida. Prima che la materia asciughi viene inserita una carica esplosiva e fatta detonare. La cottura fissa per sempre quel momento. In esposizione le sculture vengono accompagnate da un'opera video che documenta le esplosioni. Creative Execution: fa esplodere contemporaneamente oggetti ceramici, appoggiati a terra ancora freschi, davanti allo spettatore. 3.3 LORENZA BOISI: Si definisce agitatrice culturale, ha dato vita a spazi artistici di aggregazione e incontro. Profonda conoscitrice del materiale ceramico e della sua storia, cui associa una certa perizia tecnica. Sostiene che la conoscenza tecnica di base sia fondamentale nella ceramica, solo se si detiene tale conoscenza la si può consapevolmente “dimenticare” in favore di semplicità, come fa lei stessa. Può così tornare alla semplicità del gesto e alla cosiddetta emotività concettuale: parla di se stessa, del suo vissuto, in maniera personale e semplice, senza voler soddisfare alcuni standard, tematici o tecnici. Non delega il lavoro ad un ceramista, vuole produrre le sue opere dall'inizio alla fine. SISSI: Inizia la propria ricerca dal racconto privato, partendo da diari personali. Fa largo uso della fotografia, tramite la quale impara a conoscere ciò che la circonda. Agisce direttamente sulla terra bagnata in maniera istintuale, mediante la performance, capace di catturare la forza emotiva. EMANUELE BECHERI: La sua produzione artistica consiste in gran parte in improvvisazioni musicali che accompagnano la proiezione di film a lui sconosciuti. Compone armonie senza avere conoscenza della musica, si forma come autodidatta. Fa prevalere il sentimento sopra la tecnica. Porta quindi lo stesso approccio e la stessa ricerca artistica nel rapporto con la ceramica, in Time out of joint (2008) ad esempio la combustione degli accendini dà vita a forme scultoree, al di fuori quindi anche in questo caso dal controllo dell'artista. 2018: a Casa Masaccio mette per la prima volta in mostra le sue terrecotte, in stanze condivise con alcuni Maestri della materia. È molto forte infatti il suo legame con la tradizione artistica e anche ceramica con gli artigiani. Recupero dei Maestri che non è citazione, ma ripensamento delle loro opere. ANTONIO VIOLETTA: Produce opere in grafite e terra, entrambe polveri. Lavorare delle polveri è un ricordarsi che polvere siamo e polvere torneremo. Anche Violetta riporta una dimensione emotiva nella sua produzione: con l'emozione sostiene che si riesca ad inquadrare il cuore del problema. L'artista nasce con un dono innato ed ha la responsabilità di restituire al mondo questa sua fortuna sotto forma di bellezza. Le grandi opere sono quelle fuori dal tempo, capaci di parlare a chiunque in qualunque momento. PAOLO GONZATO: La sua produzione è scultorea, ha intenzioni distanti dell'oggetto d'uso, spesso dispositivi simbolici. Porta il tema del simulacro, nel suo riprodurre e copiare modelli ceramici del passato. Ad esempio l'opera COPY era una grande urna copiata da una copia grafica di Piranesi del Settecento. L'idea di simulacro si ha anche nel collezionismo, in quanto sostiene che il possesso e la vicinanza di determinati oggetti, trasferisca delle capacità e delle intuizioni all'artista. La sua ricerca si fonda quindi sulla citazione e fa riferimento ad un passato nostalgico. 3.4 FRANCESCO SIMETI: Heirloom (2018): serie di sculture, compendio di stilemi del mondo decorativo della ceramica. Universalità data dall'accumulo di storie passate non solo italiane (Asia, Portogallo,..). ALESSANDRO NERETTI (NERO): Da anni lavora sul recupero dei calchi e degli stampi. Lo stampo della scultura originale diviene il punto di partenza per riappropriazioni e assemblaggi che permettono di ribaltare la tradizione di partenza. Nero sostiene che sia difficile testimoniare una storia unica, in quanto esistono solo versioni parziali e stereotipate della stessa che generano necessariamente un'opera autobiografica. Nero è quanto di più lontano dalla produzione capitalista: adora gli scarti. Lo scarto è l'elemento sul quale si fonda l'economia capitalista, cui lui oppone il continuo riciclo dei materiali. La produzione dell'artista si fonda sull'idea di ricerca e condivisione. Non è legata ad un territorio, tanto che egli è costantemente precario, alla ricerca di spazi alternativi in cui creare. Rifiuta il territorio e la tradizione adesso legata come unico orizzonte. POL POLLONIATO: Produce opere in comunione con altre figure locali, in particolar modo ceramisti e operai. Il lavoro di POL nasce e parla del territorio di Nove, una comunità che da più di quattro secoli lavora la terra. Torna sempre alla tradizione territoriale, reinterpretando lo stampo originale. ANDREA SALVATORI: Reinterpreta e stravolge lo stampo in maniera libera e ironica. Nato a Faenza, lavora la ceramica da più di 20 anni. Ha frequentato la bottega di Bertozzi e Casoni, da cui ha imparato molto. L'artista parte da qualcosa di già esistente per poi assemblarlo, smontarlo e rimontarlo o anche distorcerlo. Per quanto la sua produzione non sia necessariamente legata al territorio di Faenza, egli afferma con consapevolezza di portare con sé il proprio bagaglio di tradizioni e cultura ceramica ovunque vada. BERTOZZI E CASONI: Faentini, la ceramica non è stata una scelta consapevole, ma una conseguenza naturale delle loro origini, divenuta cifra del loro fare artistico. All'inizio degli anni Ottanta si uniscono con altri giovani artisti faentini nel gruppo “nuova ceramica": in risposta all'arte concettuale che si era affermata all'epoca, ragionano su un ritorno al fare, per mezzo della scultura ceramica. Le tematiche principali erano riflessioni sulla transitorietà della vita e sulla morte, nonché tutto ciò che di contemporaneo era attorno a loro. Questo portano nelle loro composizioni: giochi dai riferimenti colti, omaggio alla storia dell'arte contemporanea. Creano un simulacro della loro contemporaneità: ad esempio, Warhol imita il prodotto commerciale creandone appunto un simulacro, B e C realizzano il simulacro della post-scultura di Warhol, facendo aperto riferimento ad essa. Tenendo conto delle resistenze che l'arte ha sempre avuto sulla ceramica, ritenendo l'arte minore o ancor peggio artigianato, ad oggi si può parlare di un grande successo del materiale a livello internazionale. Loro in particolare hanno sempre tentato di staccarsi dalla tradizione artigianale per far sì che la ceramica fosse riconosciuta tra le arti, come scultura. ONTANI: Attitudine alla citazione, ogni dettaglio delle sue opere è riferimento ad un mondo, a una cultura, a una storia. Ontani non cita apertamente, ma a partire dal proprio bagaglio di storie e saperi dà vita alle sue opere. CORVI MORA: Da ceramista è interessato ad unirsi ad una cultura di inizio Novecento, periodo in cui il ceramista diviene designer e lavora da solo in studio. È interessato al rapporto della ceramica con il quotidiano, oggetti da toccare, da prendere in mano poiché fanno parte della vita. Da gallerista è appassionato anche a posizioni diverse: sculture ceramiche di grandissima originalità che non hanno nulla a che fare con gli oggetti d'uso, il cui scopo è provocare una riflessione. Portare la ceramica in galleria significa anche manifestare un disagio rispetto a come il ruolo del gallerista sia diventato negli ultimi decenni sempre più simile a quello di un mercante di oggetti di lusso e basta. La galleria dovrebbe essere un laboratorio di cultura e non solo una boutique. ORNAGHI E PRESTINARI: Riproducono oggetti che abitualmente vengono realizzati in ceramica, li rielaborano e li portano nei musei. Il loro interesse principale è presentare oggetti simili a quelli che utilizziamo quotidianamente e che risalgono nelle forme e nell'uso a migliaia di anni fa, sempre realizzati in ceramica. Materiale che ha una continuità con la storia dell'uomo, diventa un collegamento tra storia individuale e collettive ed un ponte tra diverse generazioni. La loro ricerca poi riguarda anche il senso del lavoro manuale in un'epoca post-artigianale, caratterizzata dall'automazione all'interno del processo lavorativo. Una società fondata su etica del lavoro ed estetica del consumo. Bourriaud sosteneva che dopo l'ambito delle relazioni fra umanità e divinità, poi fra umanità e oggetto, la pratica artistica si concentra ormai sulla sfera delle relazioni interpersonali. L’artista si concentra sui rapporti che il lavoro creerà nel pubblico o su un'invenzione di modelli di partecipazione sociale. Per Cuoghi fare arte è l'unico modo di sopravvivere a se stesso e alla sua tendenza suicida. Non ha però mai studiato in maniera accademica, è totalmente assente un metodo. La sua è una produzione caotica, priva di leggi, volta a produrre il più possibile confusione in modo da giungere a risultati inediti. Il putiferio, il caos e l'assenza di leggi si incatenano all'individuo, rappresentando il rituale di se stesso. AUTOFICTION. Con autofiction si fa riferimento allo scrivere quella che in apparenza è la propria autobiografia, ma nella realtà è falsa. Secondo Szeeman gli artisti rappresentano il quotidiano attraverso una rielaborazione simbolica in grado di rivolgersi alla pluralità e stimolare il cambiamento. Francesco Carone sostiene che l'uomo non può evitare di fingere, fingendo anche quando finge (dicendo quindi talvolta a sua insaputa la verità). Fingiamo quando diciamo la verità e non diciamo la verità quando fingiamo. Non si parla di bugie, ma di finzione, involontaria, tanto da diventare la nostra realtà. Se l'arte davvero è la nostra forma di espressione, può discostarsi da questa dinamica? No. L'arte visiva può però fare affidamento sulla materia. Allora ci si domanda, la materia ha memoria? Oppure siamo noi che investiamo la materia di memorie, ma lei non è che un pezzo di idiota muto? Nel primo caso esisterebbe allora una differenza tra ricavare una forma da materia già lavorata o da materia grezza. Più lavoro è stato fatto più energia ha assorbito il materiale. Il materiale diviene una macchina del tempo che mette in relazione due sconosciuti, l'energia dello scultore antico, sommata a quella dell'odierno e a quella primordiale, popolano l'opera che si spera qualcuno modifichi nuovamente. SERENA FINESCHI: Si concentra sulla corporeità, poiché siamo presenti al mondo solo tramite il nostro corpo. Nel suo lavoro il corpo è la dimensione, la misura. L'argilla stessa è un corpo che va toccato. CLEO FARISELLI: Allo stesso modo mette al centro il corpo, come motore del proprio lavoro. Vive le opere come condensatori e intensificatori di vita, cercando di coinvolgere in queste anche terzi. I corpi-opere delle due artiste sono parti di loro stesse, estensione e materializzazione della loro biografia. VINCENZO CABIATI: Parte da corpi de-materializzati, frame di scene filmiche o fotografie, per dare vita a personaggi-simbolo del suo processo creativo. Sono opere parziali, parziale è il dettaglio, il frame, la prospettiva. Non svelano nulla dei personaggi che rappresentano, non raccontano storie, fissano solo momenti. Secondo Cabiati l'artista nasce dall'unione tra finzione, invenzione e identità. EMILIANO MAGGI: La sua produzione è di ispirazione cinematografica. Fin da piccolo è ossessionato del mondo fiabesco ed orrifico. Luogo in cui scappa e in cui ha scoperto il creare. Il cinema e i suoi protagonisti sono alter ego dell'artista. Investiga molto anche il tessuto, il costume come espressione dell'identità artistica. MARCELLA VANZO: Unisce fotografia, performance e ceramica. Improvvisa, ispirata dagli oggetti che popolano il suo studio a creare opere ceramiche. Spesso associa la ceramica alla fotografia, poiché anche le immagini sono oggetti, che la ceramica è in grado di commentare aggiungendo il non detto alle immagini.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved