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W. Sombart - Dal Lusso al Capitalismo, Sintesi del corso di Sociologia

Per il corso di Sociologia, tenuta dalla Prof. Sassatelli, 2020/2021

Cosa imparerai

  • Che fattori hanno contribuito alla genesi del capitalismo vero e proprio?
  • Come le merci di lusso sono definite e quali industrie producono merci di lusso?
  • Come le importazioni di merci di lusso hanno influenzato lo sviluppo economico di varie nazioni?
  • Come le industrie di lusso hanno sviluppato le forme organizzative e produttive del grande capitalismo?
  • Come il lusso ha contribuito allo sviluppo del capitalismo?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Caricato il 26/04/2021

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Scarica W. Sombart - Dal Lusso al Capitalismo e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! W. Sombart – Dal Lusso al capitalismo Presentazione a cura di Roberta Sassatelli Critiche rivolte contro il “consumismo”: nella cultura contemporanea la “società dei consumi” incarnerebbe i vizi dell’epoca, quali materialismo, superficialità, edonismo, insoddisfazione, massificazione, disordine morale. Si tratta di una costante rincorsa ad oggetti superflui che rispondono a bisogni falsi e indotti dall’industria pubblicitaria. In questa retorica anti-consumista raramente compare la nozione di lusso. Il lusso è un concetto poco utilizzato. Si tratta di una categoria associata ad oggetti innocenti che la maggior parte delle persone desidera ma che non può permettersi. I consumi voluttuari (superflui, non necessari) non figurano come categorie di analisi nelle descrizioni canoniche della nascita del capitalismo. Si sostiene che il capitalismo sia nato a seguito della diffusione di una mentalità borghese acquisitiva e calcolatrice, della rivoluzione industriale e tecnica, del diffondersi di punti vendita sempre più numerosi, dal sistema della moda e dallo sviluppo dei media e della pubblicità. La storia del lusso è importante per comprendere la nascita del sistema capitalistico e della sua variante tardo- moderna (visibilità, volume e continua innovazione delle merci). Secondo Sombart: sono stati i beni voluttuari – i consumi raffinati e superflui – ad aver avuto un ruolo importante nello sviluppo del capitalismo. Il consumo di beni di lusso contribuisce, incentivando commercio e produzione, a quell’accumulazione di capitale che ha costituito uno dei prerequisiti materiali per lo sviluppo dell’industria moderna. Questo tipo di consumo segna, a partire dalle corti rinascimentali, il propagarsi di un orientamento edonistico-estetico nei confronti degli oggetti. Secondo Sombart la domanda di beni voluttuari occupa un posto importante tra i fattori genetici del capitalismo, sia materialmente (sostenendo i consumi e favorendo lo sviluppo di forme di produzione sempre più efficienti e su larga scala) sia culturalmente (nuova configurazione dei bisogni che si andrà via via diffondendo dalla nobiltà alla borghesia, e infine all’intero tessuto sociale). Sombart vuole mostra che i lussi e la configurazione edonistico-estetica dei bisogni rappresentano un importante elemento dinamico del sistema capitalistico. A promuovere il capitalismo non sono stati la mentalità acquisitiva e calcolatrice dei piccoli borghesi di 7-800, ma anche i consumi voluttuari, i lussi a partire dal tardo Medioevo. Tali consumi avrebbero incentivato lo sviluppo del sistema di credito e di indebitamento, e avrebbe dato impulso a processi di scambio non solo economico tra classi e gruppi sociali diversi, velocizzando/allargando/liberando le dinamiche del gusto dalla costrizione in gerarchie sociale stabili e chiuse e inducendo la necessità di continui aggiornamenti degli stili di vita. Sombart e la genesi del capitalismo Sombart, più di molti altri suoi colleghi, ribadì che il proprio lavoro andava considerato come una “continuazione” e un “completamento” dell’opera di Marx sul capitalismo. - Sombart (in opposizione a Marx) assegnava un ruolo relativamente indipendente ai fattori culturali; - Come Marx, Sombart considerava il capitalismo come un sistema economico impersonale che finisce per vivere di vita propria e si impone alla volontà dei singoli. Il capitalismo è definito da Sombart non come un sistema di produzione, bensì come un sistema economico-sociale articolato in più dimensioni: esso è costituito da spirito o mentalità (ovvero l’insieme dei valori che orientano il comportamento degli individui); tecnica (relativa alle conoscenze tecniche e ai procedimenti utilizzati dagli individui per produrre beni e servizi e soddisfare i propri bisogni); e forma dell’organizzazione e della regolamentazione (ovvero il complesso di norme formali e informali che regolano l’attività economica). Tra le osservazioni sombartiane, quelle sulla genesi e le caratteristiche della mentalità capitalistica rimangono ancor oggi le più celebri. Sombart quindi considera il ruolo storico di alcune figure sociali affini all’imprenditorialità capitalista. Secondo Sombart, è in forza della loro posizione sociale marginale, eterodossa e deviante che alcune categorie sociali sono più propense a farsi interpreti di un orientamento economico nuovo e dirompente, improntato all’acquisizione, al profitto e all’organizzazione razionale delle procedure e dell’amministrazione: si tratta degli eretici, degli stranieri e degli ebrei. La marginalità, l’essere in qualche modo fuori dall’ordine costituito o comunque in posizione ambigua e instabile, favorirebbe quella capacità di innovare che si è storicamente ritrovata anche in alcuni tra i commercianti e gli artigiani borghesi, e successivamente tra quelle famiglie nobili. La genesi del capitalismo vero e proprio però non è solo legata ad alcune figure sociali specifiche, ma anche a fattori di accumulazione di capitale (dalla rendita fondiaria durante il Medioevo; capitali accumulati per via mercantile o manifatturiera, dovuti per lo più alla necessità di produrre forniture per eserciti regolari e di fabbricare o importare beni di lusso per le corti). Si tratta di beni che permettevano margini di guadagni ampi e facilmente trasformabili in capitale di impresa. Questi fattori (lusso ed eserciti) possono essere visti anche come effetti indiretti dello sviluppo dello stato: nella visione sombartiana l’imprenditorialità capitalista viene rafforzata dalla formazione della corte assolutista e dello stato nazionale che, a sua volta figlio dello spirito di intrapresa occidentale, stimola lo sviluppo tecnico, la diffusione degli eserciti, l’espansione coloniale con l’obiettivo, tra l’altro, di accrescere la disponibilità di metalli preziosi che alimentano la finanza pubblica e quindi, chiudendo il cerchio, permettono il mantenimento di una forza militare stabile e sempre più professionale. Lo sviluppo del capitalismo è dovuto, secondo Sombart da due fattori di crescita economica indotti dalla produzione e quelli indotti dal consumo, dando notevole importanza ai fattoi istituzionali. La cultura materiale, le relazioni tra i sessi e il lusso Sombart vuole ricondurre l’intero sviluppo del capitalismo ai consumi di lusso. Sombart tratta di fattori come le corti, l’evoluzione del rapporto tra i sessi, le merci esotiche che vengono dalle colonie, la propensione per il rischio dell’alta finanza, ecc. Accanto all’asceticismo e alla prudenza, sembra volerci ricordar, esistevano e anzi erano rifioriti durante il Rinascimento l’edonismo e lo spreco. Secondo Sombart a partire dal Trecento si possono trovare (in Italia, poi in Germania, Olanda e Inghilterra) le tracce dello sviluppo di un nuovo tipo di società in cui l’accumulo di capitale ha grande impulso e non è più basato sull’economia feudale bensì sul commercio e sullo sfruttamento delle colonie, sulla scoperta di nuove fonti di argento e di altri metalli preziosi e sul prestito di denaro. A questa nuova “ricchezza borghese” si aggiunse un inedito modello politico caratterizzato dal progressivo avvento dello stato assolutista secolare. Le corti rinascimentali, così come nel Seicento le corti assolutistiche, hanno un ruolo cruciale nello stimolare i consumi di lusso e il raffinarsi dei gusti: qui, anche grazie ad un nuovo rapporto tra i sessi e ad un accresciuto ruolo della donna, i piaceri materiali raffinati diventano armi sociali, veri e propri segnaposto nel gioco cortese. Sombart riporta, in larga misura, anche il vivere in città tipico del capitalismo, alla domanda di beni voluttuari. Le grandi città, Parigi su tutte, debbono la loro esistenza ad una vasta concentrazione di “grandi consumatori” (principi, ecclesiastici). Il consolidarsi delle grandi città contribuisce ad aumentare le esigenze di lusso: essa “crea nuove possibilità di vita allegra ed esuberante”. Le feste non rimangono circoscritte ai palazzi dei principi, bensì si estendono ad altri ambiti sociali, che provano l’esigenza di “locali di divertimento” come i teatri, i music-halls, i ristoranti raffinati, gli hotels. Persino i negozi si evolvono, diventano spazi del tempo libero, di svago mondano e non meri punti di approvvigionamento. Sombart cerca di documentare l’enorme incremento della domanda di beni voluttuari che ha luogo tra Sei e Ottocento, e la loro diffusione in tutti i ceti sociali. effetto e causa di quell’organizzazione capitalistica dell’economia che, anche grazie al diffondersi delle dinamiche della moda, può creare mercato per una crescente varietà di prodotti sempre nuovi, sottraendosi, almeno in parte, alle imprevedibili fluttuazioni dei capricci dei ricchi, disciplinando tutti i consumatori mediante linee guida che consentono comunque di operare distinzioni culturali tra giusti e desideri. Consumi e produzione culturale del valore economico Sombart offre un’immagine della genesi e dello statuto del capitalismo. Sombart tende a vedere il capitalismo, in quanto sistema economico “moderno” ed “europeo”, come un costrutto ideal-tipico. Secondo Sombart la cultura e le pratiche di consumo moderne hanno un precursore necessario nella “rivoluzione commerciale” che ha avuto luogo nel 5-600. In questo periodo, grazie agli enormi progressi nei trasporti e nelle comunicazioni, divennero disponibili, sui diversi mercati dell’Europa occidentale, molti prodotti nuovi e sconosciuti che sollecitavano i soggetti ad ampliare le proprie capacità di classificazione culturale, spingendoli a sviluppare una cultura materialista. “Edonismo e materialismo sembrano, in apparenza, contraddittori, ma entrambi condividono l’attenzione per l’accumulazione materiale […] i consumatori edonisti e gli investitori ascetici erano, di fatto, assai poco distinguibili. Nella prima modernità, entrambi hanno agio come innovatori economici, rimpiazzando un modello tradizionale di accumulazione della ricchezza con un nuovo modo di usarla, di renderla parte più attiva della vita sociale”; non c’era assenza di materialismo o di consumo tra i protestanti, bensì una maggiore semplicità nei beni prodotti e consumati. La diffusione di una cultura più mondana e terra fu capace di attribuire valore culturale ad una grande quantità di nuovi oggetti portati dalle colonie e che solo mediante questa attribuzione di nuovi significati poterono divenire delle merci dal valore economico. Tale cultura fu favorita dalle nuove tecnologie di comunicazione e rappresentazione, a partire dalla stampa e dalla cartografia sino alle tecniche di navigazione, che resero possibile una più facile circolazione di forme simboliche e, con essa, un sistema di innovazione culturale. Analizzando l’apparire e la diffusione di stampe orientate ad un pubblico di massa, mostrando che la stampa ed i liberi contribuirono a due tipi di mercato (quello di massa e quello delle elite), studiando la diffusione in Inghilterra della cotonina indiana stampata e il suo contributo alla strutturazione dei rapporti simbolici tra tali paesi, considerando l’avanzare del pensiero materialista e scientifico, si può tracciare lo sviluppo di un modello materialista di consumo, associato sempre più alla mobilità sociale, all’attitudine al cambiamento, alla trasformazione delle categorie culturali di spazio e tempo. La produzione culturale del valore economico. I consumi – intesi come processi di classificazione della cultura materiale – sono una parte fondamentale di tale produzione. Sombart non problematizza a sufficienza la nozione di lusso e di superfluo. Egli però rivela quanto sia difficile fare una storia del lusso sulla base di dati quantitativi affidabili, sia perché i beni di lusso non vengono chiaramente distinti dagli altri nelle statistiche disponibili, sia perché il lusso è un concetto relativo: ciò che è lusso cambia da epoca a epoca, ed anzi una delle caratteristiche del capitalismo è un continuo processo di democratizzazione e normalizzazione di beni voluttuari. Sombart è consapevole che il lusso – sia in senso quantitativo come spreco, sia in senso qualitativo come raffinatezza – esprime sempre una relazione, tuttavia non sembra voler davvero approfondire le conseguenze di questa sua intuizione. Werner Sombart – Dal Lusso al Capitalismo I. Come impostare la questione del lusso in modo corretto Che ruolo ha avuto il lusso per lo sviluppo del capitalismo? Il lusso è capace di favorire il capitalismo? Se sì, come? Gli economisti del XVII e XVIII riconoscevano che il lusso sollecitava lo sviluppo di nuove forme economiche che allora potevano essere colte sul nascere, quelle capitalistiche appunto. Tutti i fautori del “progresso” economico erano quindi anche sostenitori del lusso. I governi adottarono un atteggiamento favorevole al lusso: - Nei paesi a rapido sviluppo capitalistico durante il XVII secolo, furono abolite le leggi che proibivano/limitavano i consumi di lusso. - In Inghilterra l’ultima disposizione relativa all’abbigliamento, contenente divieti relativi ad altre spese voluttuarie e gastronomiche, venne promulgata nel 1621; - In Francia l’ultimo editto sui lussi a tavola risale al 1629; nel 1644 e nel 1672 venne ancora regolato l’abuso di metalli preziosi per forgiare gioielli. Nel 1656 divieto che proibisce i cappelli di castoro che costino più di 50 lire. Nel 1708 viene pubblica in Francia l’ultima legge suntuaria sull’abbigliamento. Successivamente le classi di governo si dimostrarono convinte della necessità dei consumi di lusso (nell’interesse dell’industria capitalistica) così come molti letterati dell’epoca: ciò che si apprezzava del lusso era la sua capacità di creare mercati. (“Se i ricchi non sperperassero, i poveri morirebbero di fame” – Montesquieu). La stessa idea, che, pur essendo un “male” ed un “vizio”, il lusso vada considerato utile per la collettività perché stimola l’industria, era diffusa anche in Inghilterra. - Hume: “il lusso buono è un bene e quello cattivo è un male, e tuttavia quest’ultimo è sempre preferibile alla pigrizia la quale, se il lusso scomparisse, probabilmente ne prenderebbe il posto”. - Defoe: egli detesta il lusso ma non condanna il commercio dei beni di lusso, nel quale vede l’origine di una ricchezza sempre crescente: “la smisurata vanità della nostra epoca nutre i commerci, di conseguenza, il povero”. Anche in Germania si è discusso del lusso e n’è stata riconosciuta l’importanza per lo sviluppo del capitalismo. - Schröder: “preferirei che il lusso nel paese fosse ancora maggiore; il lusso dei ricchi infatti nutre molti artigiani e poveri”. Sombart sostiene che quando si è iniziato a studiare la nascita del capitalismo moderno, si è parlato molto di lusso da un lato e si sono costruite intere teorie sull’importanza del mercato per l’industria capitalistica dall’altro, ma non si è saputo dire molto sul rapporto tra lusso e mercato. Si è discusso del lusso in modo sbrigativo, con l’aiuto di ragionamenti moralistici: su quali siano i lussi buoni e quelli cattivi. Nella teoria del mercato e della sua importanza rispetto alla nascita del capitalismo ha preso forma, da Marx in poi, l’infelice idea che il capitalismo sia stato favorito dall’ampliamento geografico delle relazioni di mercato, specialmente tramite lo sfruttamento delle colonie nel XVI secolo. A questa teoria hanno aderito quasi tutti gli storici dell’economia: la dilatazione geografica degli scambi commerciali, il mercato “remoto”, l’esportazione avrebbero reso “necessaria” l’organizzazione capitalistica. Parere rafforzato dalla teoria di Bucher, il cui pensiero è così riassumibile: artigianato = produzione per il cliente, capitalismo = produzione per una cerchia di acquirenti sconosciuti; artigianato = mercato locale, capitalismo = mercato interlocale. Secondo Sombart, questo orientamento, accettato da tutti gli storici dell’economia, sarebbe catastrofico. La produzione per una clientela specifica, e la vendita su mercati lontani non caratterizzano la contrapposizione tra artigianato e capitalismo. Da un lato, il capitalismo può essere associato ad una produzione per una clientela specifica dall’altro c’è stato, per secoli, un artigianato fiorente senza tratti capitalistici, il cui mercato era costituito dall’intero mondo conosciuto. Sombart ci vuole riportare sulla “strada giusta” riprendendo il filo dai pensatori del XVIII secolo, sottolineando il fatto che fu il lusso a dare un contributo decisivo allo sviluppo del capitalismo, fino alla fine del primo capitalismo. Quindi il lusso ha contribuito alla nascita del capitalismo moderno in diversi modi: - ha favorito il trasferimento della ricchezza dai feudatari ai borghesi (mediante l’indebitamento dei primi a favore dell’attività finanziaria dei secondi); - la sua diretta capacità di creare mercati, che si può illustrare come segue:  Per poter vivere, l’impresa capitalistica ha bisogno di un minimo di vendite;  L’entità di questo “minimo” dipende da due differenti condizioni:  La quantità di merci circolanti;  L’ammontare del valore di scambio delle merci circolanti  Questo “minimo” può essere ottenuto o tramite la vendita di una merce di notevole valore, o da molte merci di minor valore.  L’alto valore di una merce può dipendere da due differenti ragioni:  L’accumulazione, che si può avere per quelle merci che si possono definire merci composite/complesse, come le locomotive, le navi, ecc.. (si tratta in questo caso di una gran quantità di merci correnti, che vengono unificate in un solo prodotto complesso, che perciò assume un valore notevole);  La raffinatezza. Nella storia dei popoli europei, da quando la conosciamo, procedono parallelamente un bisogno di beni ordinari e di beni raffinati. Entrambi avevano dimensioni limitate, tanto che potevano essere soddisfatti da un’organizzazione di tipo artigianale, contadina. - La copertura del fabbisogno di merci ordinarie avveniva all’interno del villaggio della corte feudale, della città, e si basava sulle risorse dell’economia locale. - Il fabbisogno di merci raffinate, se non poteva essere soddisfatto dalla produzione all’interno della tenuta o del castello del signore, o da importazioni da località lontane, era coperto da artigiani, che lavoravano per un mercato interlocale o internazionale. Nel medioevo e nei secoli successivi lo sviluppo economico non interessa il consumo ordinario (che non costituisce un dato rilevante per il consolidarsi del capitalismo). Il fabbisogno di oggetti d’uso per la gran massa della popolazione (strumenti di lavoro, utensili, attrezzi,…) è soddisfatto, con due eccezioni, da un’economia di sussistenza o dall’artigianato. La ragione: la popolazione non aumentava, non cresceva la possibilità di trasportare merci, non si creò alcuna domanda di massa di singole merci specifiche; la tecnica di produzione delle merci (e quella dei trasporti) non si modificò, di conseguenza non nacque alcuna richiesta di merci complesse e quindi non sorse alcuna produzione capitalistica, o scambio capitalistico di merci. Le eccezioni nelle quali già prima dell’inizio del capitalismo maturo nacque una vendita di massa di merci di modesto valore, o una vendita di merci complesse, riguardano: 1) Le colonie, che hanno indotto uno sviluppo del mercato per l’industria capitalistica; 2) Gli eserciti moderni. Quale parte ha avuto il lusso (il sorgere di esigenze voluttuarie), nella genesi del capitalismo moderno? II. Il lusso e il commercio 1. Il commercio all’ingrosso Probabile che il traffico di merci abbia assunto forme capitalistiche prima della produzione. Difficile che, durante, il medioevo, il commercio fu il principale fattore responsabile dell’accumulazione della ricchezza nelle grandi imprese delle città italiane, della Francia, della Spagna o della Germania. Altri fattori certamente contribuirono a farle Ciò che si verificò nel secolo seguente, fu principalmente questo: 1. Il commercio al dettaglio e quello all’ingrosso si differenziano: solo pochi mercanti di seta sono anche grossisti; 2. I proprietari cominciano ad ammobiliare i propri negozi in maniera più elegante, per attirare la clientela fine o per rendere loro più gradito fermarvisi:  Toymen, commercianti di chincaglieria: i primi a migliorare l’arredamento. Da loro si trovavano solo oggetti di lusso raffinato, novità curiose che i francesi chiamano bijoux (giochetti in metalli preziosi riccamente decorati). In questi negozi si incontrava la società elegante. Qui si comperavano anche i cosiddetti bijoux frivoles “da regalare alle donne per bene”. 3. La forma del moderno commercio al dettaglio, il negozio dove si vendono generi di prima necessità, in cui le merci vengono riunite ed esposte in base ai loro usi, comincia a configurarsi a partire dal vecchio commercio per settori. Riorganizzazione delle merci nel negozio.  I primi negozi che forniscono tutto quanto serve per un dato uso sono quelli che trattano mobili e arredamento per la casa: in essi tutto si trova già in combinazione e ciò che serve ad arredare la casa è solo della migliore qualità. Furono i tappezzieri che per primi hanno allestito i loro negozi. Inoltre vi sono mobilieri di lusso, che nei loro negozi offrono in vendita ogni genere d’oggetti d’arredamento, dei quali solo una parte è stata da loro fabbricata. Alcuni di questi sono arredati in modo lussuoso. 4. L’oggettivazione del rapporto tra mercante e cliente, che caratterizza essenzialmente tutto il successivo sviluppo capitalistico del commercio, ha inizio con i negozi di lusso. 5. La grandezza di questi negozi di lusso: nella misura in cui i suddetti principi commerciali trovano applicazione, deve aumentare, di conseguenza, la base capitalistica sulla quale si fondano i rapporti d’affari. Ciò si riferisce in particolare ai negozi di seterie, una parte dei quali era appunto diventata molto grande. Anche e soprattutto nel commercio al dettaglio il capitalismo si fa avanti grazie al consumo di lusso. Le ragioni sono: 1. La natura delle merci rende necessaria una organizzazione capitalistica: sono merci di grande valore ed entrano in circolazione in quantità apprezzabili; 2. Il tipo di clientela stimola un evoluzione in senso capitalistico; essa pretende eleganza e servizio; inoltre, questa clientela non paga mai in contanti; il commerciante che tratta oggetti di lusso deve aver sempre a disposizione un grosso capitale, perché in conseguenza del sistema del credito, il rientro in cassa è lento. III. Il lusso e l’agricoltura 1. In Europa Il capitalismo in agricoltura fu favorito dalla trasformazione delle terre prima coltivate da piccoli contadini in pascoli per pecore allo scopo di soddisfare la crescente domanda di lana. Ciò ebbe inizio nel Medioevo, divenne prevalente in Italia, Spagna e Inghilterra. Un movimento nella direzione della grande impresa capitalistica in agricoltura è certo esistito, e non si è mai arrestato fino al XVIII secolo. Questo movimento ha un duplice significato per lo sviluppo del capitalismo moderno: - Da un lato, crea forme di organizzazione capitalistica; - Dall’altro, stimola l’industria capitalista riducendo lo spazio nelle campagne per i piccoli contadini indipendenti. Anche questo movimento, nella sua interezza, è da attribuirsi al lusso, perché le lane, prodotti nei nuovi allevamenti di pecore, costituiscono la materia prima per tessuti molti fini, prodotti per i consumi dei ricchi (tessiture). L’influenza del lusso sull’economia agraria favorisce uno sviluppo della tecnica produttiva, rendendola più raffinata; questo accresce i profitti e aumenta il valore della terra e spinge i proprietari terrieri ad una gestione economica di stampo più capitalistico, tanto che presto si spezzeranno le vecchie forme dell’agricoltura feudale e si aprirà la strada ad uno sviluppo capitalistico generalizzato. La maggior parte delle radicali trasformazioni tecniche ed economiche che si verificarono nell’economia agraria europea fino al XIX, è stata provocata dalla crescente richiesta di lusso della popolazione benestante. Rispetto a questa crescente influenza del lusso sull’economia agraria, le necessità delle masse hanno minore importanza. Le trasformazioni dell’agricoltura, che si verificarono fino al XVIII secolo, sono dovute essenzialmente al lusso. La rapida ascesa dei Comuni italiani negli ultimi anni del medioevo aveva avuto come risultato che, quasi ovunque in Italia, l’economia assumesse caratteri moderni: “la ricchezza diffusasi in tutti i ceti della popolazione aveva promosso l’aumento e il raffinamento della produzione agraria”. E che ci fosse spirito capitalistico ad aleggiare sui campi e sui vigneti dell’Italia di allora, può insegnarcelo lo studio dei principali codici di leggi cittadine, che quasi sempre avevano una sezione dedicata all’agricoltura: essi tendevano a tutelare i proprietari, difendendoli dalla morosità dei fittavoli o dei coloni, costituendo un corpo di guardie rurali (saltari), punendo chi rubava frutti dai campi, ecc. Situazioni analoghe a quelle italiane si verificarono durante il medioevo anche in Belgio, Germania, Francia, UK. In Spagna invece l’unica volta in cui fiorì l’agricoltura capitalistica fu il XVI secolo. Tale sviluppo fu il risultato di un rapido e massiccio aumento dei consumi. Nel sud del paese la viticultura aveva assunti vaste dimensioni. Le Cortes nel XVI secolo lamentarono che il vino, la cui produzione era redditizia, stava portando via la terra per coltivare grano; si cercò così di impedire che le terre a grano venissero ridotte sostituendole con i vigneti. I rapporti tra “le limitazioni dell’agricoltura e la crescente richiesta di lusso” in Inghilterra, nel XVII e XVIII secolo. Ciò che rivoluzionò l’agricoltura fu certamente la crescente importanza di Londra come centro di consumo dei generi voluttuari. L’agricoltura in Inghilterra deve esclusivamente a Londra l’impulso a scegliere nuove vie. I prezzi dei principali prodotti agricoli crescono, di regola, dalla periferia a Londra. Come è possibile che i londinesi possano esercitare una così rilevante influenza sul prezzo dei prodotti agricoli e, di conseguenza, sulla formazione delle aziende agricole? Ciò non dipende dall’incremento demografico. Ciò che ha esercitato un’influenza così considerevole sulla domanda di prodotti della campagna deve essere stato il raffinamento dei consumi della popolazione benestante. L’andamento dei prezzi dei differenti prodotti agricoli durante il XVIII: - In Inghilterra, nella prima metà del secolo, il prezzo del grano non cresce, mentre quello di altri prodotti (soprattutto la carna) aumenta notevolmente. Il consumo di carne a Londra era anche, nel XVIII secolo, veramente notevole, ma aumento pure considerevolmente. Attorno alla metà del XVIII dovevano essere esistiti, a Londra, non meno di 17 “grandi mercati della carne”, “per tutti i tipi di carne”. - Altre informazioni possiamo ottenerle dai rapporti in nostro possesso riguardanti il diffusissimo e progredito allevamento del bestiame nel XVIII secolo. Tali informazioni concordano sul fatto che sono soprattutto la sistemazione dei pascoli e l’allevamento intensivo le basi per lo sviluppo dell’agricoltura. In molti casi si era già verificata un’avanzata specializzazione nell’allevamento. Si distingueva tra allevamento di pecore e bovini, ma si distinguevano anche i metodi in modo che i territori montani furono destinati all’allevamento e proprio mentre le pianure fertili all’ingrasso. 2. Nelle Colonie La nascita del lusso in Europa ha avuto tutt’altre conseguenze sull’agricoltura delle colonie: ha stimolato la nascita di imprese capitalistiche in grande stile. Nelle colonie europee la produzione riguardava oggetti di lusso di notevole valore, un tipo di produzione che è intrinseco all’agricoltura coloniale. Gli articoli qui considerati sono: zucchero, cacao, cotone, caffè (tutte merci prodotte nelle colonie americane) e spezie (prodotto principale delle colonie dell’Asia meridionale). Se prescindiamo dall’organizzazione del lavoro nelle colonie olandesi, saldamente ancorata a piantagioni di spezie e che si basava sul sistema di lavoro forzato imposto agli indigeni, tutte le cosiddette merci di lusso fornite dalle colonie degli europei venivano prodotte in grandi piantagioni che presentavano caratteristiche nettamente capitalistiche. Qui si è diffuso per la prima volta un modello puro di capitalismo. Si deve allora ulteriormente ampliare il concetto di capitalismo: si devono definire capitalistiche anche quelle organizzazioni che si basano sul lavoro non libero, eseguito da schiavi comperati (la manodopera nelle colonie era per lo più fornita da schiavi). Ma tutti i requisiti propri di un’impresa capitalistica erano comunque certamente presenti: il predominio del principio del profitto, della razionalizzazione dell’economia, le grandi dimensioni dell’impresa, la separazione tra direzione della produzione e forza lavoro [...]. Carattere nettamente capitalistico presentano le piantagioni nelle colonie delle città italiane nel Mare Egeo già durante il medioevo. - Dalle isole più fertili (Creta, Chio, Cipro) provenivano vino, cotone, indaco, mastice, olive, gelso, fichi, laudano, coloquintide, carrube, e soprattutto zucchero. Nelle colonie americane, dopo un breve periodo di schiavitù dei pellerossa, prevalse quella dei negri. Il livello di sviluppo massimo raggiunto dell’impresa schiavistica precede di poco l’abolizione della schiavitù, quando già non tutte le piantagioni erano destinate alla produzione di merci di lusso – ovvero schiavi impegnati nelle piantagioni di cotone, a produrre materia prima da filare per i loro “fratelli” europei. Nei possedimenti inglesi delle Indie Occidentali c’erano, nel 1778, 663.899 schiavi negri.Negli anni dopo il 1830, la somma totale degli schiavi posseduti dai trafficanti raggiunge i 6.822.759 di unità. “È così, a suo modo, intrigante l’idea che le vezzose signorine di Parigi e Londra abbiano messo in piedi questo gigantesco esercito di negri solo per soddisfare i propri capricci”. IV. Il lusso e l’industria 1. L’importanza delle industrie di lusso È nella sfera della produzione industriale che meglio si nota l’influenza del lusso: in questo settore nesso tra espansione del lusso e sviluppo del capitalismo. Numerose sono le industrie nate per soddisfare le esigenze voluttuarie; molte vengono chiamate “industrie di lusso”. Ma tale concetto (“industrie di lusso”) non è impreciso? Le industrie del lusso sarebbero industrie che producono merci di lusso. Cosa dobbiamo intendere per “merci di lusso”? Merci che soddisfano una domanda di lusso, e possono essere designate come beni ad uso personale e merci di prim’ordine. Definiremo perciò “industrie di lusso” quelle aziende che producono merci di tale genere. Ma quelle che, ad esempio, vendono il velluto, non sono anch’esse industrie del lusso? Tali industrie non producono beni ad uso personale ma mezzi per produrlo (stoffa per i vestiti, ad esempio, beni di second’ordine). Ma se una fabbrica di tessuti di seta è un’industria di lusso, non lo sarà anche la manifattura dove si fila la seta, poiché produce la materia prima per i tessuti di seta (quindi merce di “terz’ordine”)? E così via dicendo… O la questione cambia non appena parliamo di mezzi di produzione? Si può dire che la segheria, nella quale viene lavorato il legno per la fabbricazione di mobili di lusso, cioè un bene di second’ordine, destinato a diventare un bene di lusso, è anch’essa un’industria di lusso? No. Il termine industria del lusso non deve venire applicato alla fonderia, nella quale vennero prodotte le tubature di ferro per i giochi d’acqua di Versailles, che dunque fornì quegli stessi oggetti senza i quali quell’impianto fondamentalmente di lusso non sarebbe esistito. Certo, esiste un rapporto tra tale tipo di industrie e la diffusione del lusso, e se si vuole valutare il significato di un fenomeno culturale in tutta la sua portata, si devono allora prendere in nel suo complesso, un’industria di lusso. La quantità di stoffe grezze per i borghesi e le masse diventò perfino preponderante. Ma tale industria era anche di lusso: nel XVIII i tessuti inglesi fini erano particolarmente apprezzate dai ricchi in tutto il mondo.  È possibile però riportare la distinzione tra tessuti grossolani e tessuti fini nell’industria di laniera inglese a differenti forme economiche e aziendali? Secondo Sombart si (ma con qualche riserva).  I fatti sui quali dobbiamo fondare il nostro giudizio sono i seguenti: alla fine della prima fase del capitalismo, esistevano nell’industria della laniera inglese due distinti sistemi di organizzazione della produzione: l’industria a domicilio capitalistica e l’artigianato.  L’industria a domicilio del capitalismo . Era predominante nell’UK occidentale, ma anche nelle grandi aree di produzione orientale, e del sud.  L’artigianato . Sopravviveva intatto, nei distretti del nord. Queste due zone si differenziano come rispettivamente le aree della lana pettinata (si producevano tessuti fini, flanella, …) e di quella cardata. Non erano quindi merci di maggiore valore, prodotti di lusso, quelle lavorate nella area ad organizzazione capitalistica, mentre la produzione dei tessuti ordinari era rimasta agli artigiani? Si deve anche ricordare che dell’industria tessile organizzata capitalisticamente abbiamo notizia già nel XVI secolo. - L’industria della sartoria. Nel XVIII derivano dal mestiere artigianale del sarto singole attività, che si costituiscono in imprese capitalistiche: sono quelle attività che hanno carattere voluttuario e sono rivolte ad una clientela raffinata e illustre che può spendere. È nel ramo della sartoria di lusso da uomo dove, per prima, si riorganizzò in modo capitalistico la produzione di abiti pronti. Nel XVIII la produzione di abiti pronti e di lusso non era malvista. Sia in UK che in Francia venivano prodotte confezioni di lusso. Alcuni sostengono che sia un certo Dartigalongue sarebbe il “primo fabbricante mondiale di abiti confezionati” (in realtà è il primo del quale conosciamo il nome). L’esistenza di abiti confezionati è storicamente accertata già da molti anni (dal 1741). A Londra si trovano già nel XVII secolo sarti che confezionano abiti pronti, con botteghe nei migliori quartieri della città.  Il campo in cui si sviluppò la sartoria di tipo capitalistico fu allora la confezione di abiti su misura: clientela molto esigente, che fa lavorare in genere a credito, spese notevoli per le stoffe e le decorazioni più care, che costano più del salario pagato per la confezione, il lavoro differenziato in taglio, molto qualificato, e cucito, meno specializzato. Il tagliatore guadagna bene: oltre ai ritagli e alla mancia, che i gentlemen sono soliti dargli quando provano il vestito, guadagna una ghinea alla settimana: i buoni tagliatori sono sempre richiesti. Gli altri lavoranti sono una schiera “numerosa come cavallette”, e in genere “poveri come topi”: tre o quattro mesi all’anno sono disoccupati, e conducono un’esistenza da proletari.  La prima associazione sindacale della quale si ha notizia è quella dei lavoratori di sartoria.  La sartoria da donna e i negozi di modista sono cominciati in grande stile già nel XVIII secolo. - La fabbricazione dei cappelli. Manifatture di cappelli di qualità vengono impiantate a Parigi, Marsiglia, Lione, Rouen,… . Anche in UK si svilupparono tali fabbriche, dove si fabbricavano cappelli cardinalizi. Infine anche in Germania (a Berlino fino alla fine del XVIII secolo, la fabbricazione di cappelli fu caratterizzata in linea di massima dal lavoro artigianale). - L’industria edilizia. Già al tempo dei papi rinascimentali, la costruzione di grandi palazzi e chiese assunse forme organizzative capitalistiche. Ad alcuni imprenditori molto attivi non era più possibile supervisionare personalmente la costruzione di tutti gli edifici presi in appalto: si facevano così rappresentare da un responsabile alla costruzione o da un sovrintendente (il “soprastante”). Nel XVII secolo la costruzione di palazzi reali francesi fosse affidata a imprenditori dotati di forti capitali.  L’industria edilizia parigina tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo: muratoria e carpenteria sono ampiamente organizzate secondo il modello capitalistico (solo finché si tratta di grandi edifici monumentali). In entrambi i settori incontriamo sempre le stesse ditte (Jacques Mazières & Pierre Bergeron e la ditta Poncelet Cliquin & Paul Charpentier). A questi due principali settori dell’edilizia si affianca poi il lavoro di copertura dei tetti, che presto trasforma la propria organizzazione in capitalistica. I rimanenti rami specializzati dell’edilizia, (ebanisteria, serramenti, vetreria), sono ancora organizzati artigianalmente all’inizio della nostra epoca.  La fabbricazione di carrozze, quella di tappezzerie e quella di sellerie, durante il periodo iniziale del capitalismo, prende i tratti di una nuova industria del lusso su base capitalistica, associandosi e costituendo l’industria delle carrozze. - L’ebanisteria. Troviamo l’ebanisteria che lavora con materiale di lusso, e in una certa misura si contrappone all’artigianato ordinario. I rimanenti rami specializzati dell’edilizia, (ebanisteria, serramenti, vetreria), sono ancora organizzati artigianalmente all’inizio della nostra epoca. Nel XVII secolo, l’ebanisteria di lusso si sviluppa in forma di azienda di grandi dimensioni, anche se da principio ciò non ha tratti propriamente capitalistici, essendo posta sotto tutela del re o dello stato.  Il modello di tutta la produzione di mobili artistici, fino alle fabbriche d’oggi, è stato la “Manifacture Royale des Gobelins”, che Colbert portò alla sua massima fioritura. Qui si fabbricavano tutti gli oggetti che servivano ad arredare i palazzi e i castelli del re: mobili di legno pregiato, o colorato, con incisioni o intarsi, ma anche tappeti e arazzi, lampadari e candelabri di bronzo e di cristallo; oggetti d’argento, d’oro, guarniti con pietre preziose. Sul modello delle Manifactures sono sorte ebanisterie di tipo propriamente capitalistico ovunque vi fosse un centro di consumo di mobili di lusso.  In Francia il famoso appaltatore Boule fornì il primo esempio di manifattura a ciclo completo di mobili artistici. Boule che organizzò il lavoro con i suoi 4 figli, produsse inizialmente solo per la corte, fabbricando tutti i tipi di mobili di legno e bronzo, casse per orologi, cassettoni, armadi, bauli, lampadari, e così via. Gli oggetti di Boule furono di moda per decenni. Bisogna trarre delle conclusioni sui fattori che hanno portato a questo sviluppo della produzione industriale largamente uniforme. V. La forma rivoluzionaria del consumo di lusso Qual è il fattore che, prima ancora dello sviluppo tecnologico, ha spinto l’industria verso il capitalismo? Per quale motivo in certe industrie si conserva la forma artigianale in altre essa viene sostituita dall’organizzazione capitalistica? - L’opinione corrente indica l’ampliamento geografico del mercato come il fattore responsabile del fatto che il capitalismo guadagna forza nei confronti del lavoro artigianale. - Secondo Sombart invece è stata molto più significativa l’influenza esercitata da una forte domanda di beni di lusso. In numerosi casi è una crescita nei consumi ad aprire la porta al capitalismo, ed è così che esso fa il proprio ingresso nella cittadella fortificata dell’artigianato. Tutto finora esposto cerca di confermare l’esattezza dell’ipotesi di Sombart. - Obiezioni. “Le industrie di lusso che diventano ben presto preda di forme capitalistiche, lo diventano non perché di lusso, ma perché sono industrie che producono per l’esportazione”. - Risposta. “Non tutte le industrie di lusso con una organizzazione capitalistica sono anche industrie che lavorano per le esportazioni (ricordare le manifatture di mobili, carrozze, tappeti, sartorie…; tutte producono per il mercato locale, o arrivano a produrre su ordinazione per una determinata clientela). In secondo luogo non tutte le industrie che esportano sono anche capitalistiche. Numerose le ditte artigiane nel medioevo con mercato interlocale e internazionale, quindi organizzate in modo assolutamente artigianale”. Dunque la dilatazione geografica delle vendite non può essere la ragione decisiva che ha consentito al capitalismo di emergere. Tesi di Sombart: la ragione decisiva è invece proprio l’ampliarsi dei consumi di lusso e che, comunque, le industrie si adattano al capitalismo perché sono industrie di lusso. Le ragioni che rendono l’industria di lusso più adeguata all’organizzazione capitalistica sono: a) La natura del processo di produzione. Quasi sempre un bene di lusso richiede materia prima costosa, che spesso deve venire acquistata lontano. Ciò favorisce il commerciante ricco ed esperto. Quale altra causa ha l’organizzazione industriale del lavoro a domicilio, se non quella che solo un ricco committente può acquistare una materia prima molto costosa? Nella maggior parte dei casi, poi il procedimento tramite il quale viene prodotta la merce di lusso è molto più dispendioso di quello utilizzato per produrre merci di qualità ordinaria (affermazione questa, che vale per allora, non per oggi). Ancora una volta, dunque, è favorito chi dispone di un forte capitale. Ma il procedimento per la produzione di beni di lusso non è solo più costoso, presuppone anche maggior ingegno, è più complesso, esige più conoscenze, una più ampia visione d’insieme, più talento e inclinazione. Per queste ragioni, solo i capaci, nel senso dei migliori, riescono ad emergere dalla massa, e con le loro abilità possono occupare la posizione di nuovi soggetti economici, destinati soprattutto alla direzione e all’organizzazione. Molto spesso l’alto livello qualitativo dei prodotti di lusso si può ottenere solo se il processo di produzione ha già raggiunto, mediante il lavoro specializzato e in squadre, un alto livello di complessità. b) Una causa che spinge proprio l’industria di lusso, piuttosto che le altre, verso il capitalismo, è data dalla natura delle vendite. Vi era il fatto che la sprezzante trascuratezza dei nobili dell’Ancien régime nel pagare i conti procurava frequenti perdite a chi trattava beni di lusso e che, di conseguenza, egli aveva bisogno di risorse di capitale assai maggiori di quanto non fosse il caso in tempi precedenti. Il commercio di prodotti di lusso è evidentemente assai più condizionato da grandi oscillazioni congiunturali di quanto lo sia la vendita di articoli d’uso corrente e di massa. La storia di tutte le industrie di lusso ci insegna che i capricci dei ricchi, i cui gusti già nel periodo iniziale del capitalismo cominciano ad orientarsi in base alle dinamiche della moda, cambiano rapidamente. Questo rapido mutamento comporta, da un lato, frequenti esuberi di merci invendute e, dall’altro, esige dal produttore una grande flessibilità mentale, affinché egli possa adeguare la propria produzione alle nuove esigenze. Ora, l’organizzazione capitalistica supera l’artigianato non solo nella capacità di far fronte alle congiunture sfavorevoli, ma anche in quella di sfruttare al meglio quelle favorevoli. c) A queste cause d’ordine generale, fondate sulla “natura stessa della cosa”, si aggiunge una terza causa di ordine storico: tutte le industrie di lusso, nel medioevo europeo, sono state create artificialmente da principi, o da stranieri dotati di spirito d’impresa. Lo straniero svolge un ruolo decisivo nella nascita dell’industria moderna (ad esempio gli emigrati francesi che sono i padri dell’industria berlinese). Vi è una ininterrotta catena di industriali migranti e di imprese industriali da loro fondate. Quelle che hanno fondato sono però quasi sempre industrie di lusso, il cui sviluppo interessa certamente soprattutto i vari signori delle nazioni in cui si vengono a trovare. Proprio tutte queste industrie che vennero deliberatamente fondate dagli stranieri presentano, fin da principio, un’impronta nazionale. Esse sorgono, in genere, al di fuori delle limitazioni poste dalle antiche corporazioni, e spesso si contrappongono agli interessi consolidati dagli artigiani del luogo. Nel momento in cui si stabiliscono, tali nuove industrie non badano ad altro se non all’utile e al profitto; esse costituiscono perciò il migliore terreno su cui può svilupparsi un nuovo e superiore sistema economico. d) Ma la più importante precondizione che dovette essere soddisfatta affinché potesse esistere un tale sistema economico era l’esistenza di uno smercio adeguato. Ora, e questa è l’ultima causa, poiché le altre possibilità di grossi giri d’affari – la vendita in grandi quantità di merci di minor valore, o la vendita di merci “complesse” – si realizzarono solo molto più tardi, le industrie del lusso erano le uniche a poter offrire l’opportunità di investire con profitto del denaro da trasformare in capitale. Così il lusso che era esso stesso figlio legittimo dell’amore illegittimo, divenne il padre del capitalismo.
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