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Guide e consigli
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Wendy Griswold sociologia, Appunti di Sociologia

ottimo riassunto del testo di Wendy Griswold

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 09/04/2020

Sebinho92
Sebinho92 🇮🇹

5

(1)

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Anteprima parziale del testo

Scarica Wendy Griswold sociologia e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Wendy Griswold Sociologia della cultura Il libro è un'introduzione alla sociologia della cultura, quella branca della sociologia che osserva i fenomeni culturali da una prospettiva sociologica. Fornisce anche suggerimenti circa il modo in cuì i fenomeni culturali funzionano nei più generali processi sociali. Si farà uso del modello del “diamante culturale” per analizzare i rapporti tra quattro elementi: e gli oggetti culturali (simboli, credenze, valori) e i creatori culturali: comprese le organizzazioni che producono e distribuiscono oggetti culturali e i ricevitori culturali: cioè le persone che fanno esperienza della cultura e degli oggetti culturali e il mondo sociafe: il contesto in cui la cultura viene creata ed esperita. Capitolo 1 La cultura e il diamante culturale Cultura è una di quelle parole difficili da definire. Quando i sociologi parlano di cultura, solitamente intendono una di queste quattro cose: e Normezil modo con cui la gente si comporta in una società. *. Valori: ciò a cui tengono. e Credenze:il modo in cui essi pensano che il mondo funzioni. *. Simboli espressivi: rappresentazioni, spesso delle stesse norme sociali, dei valori e delle credenze. Ci sono due scuole di pensiero: discipline umanistiche da un lato e le scienze sociali dall'altro. Parlare di cultura e società significa parlare di due aspetti astratti dell'esperienza umana: quello espressivo e quello relazionale, lo stesso oggetto può essere analizzato da un punto di vista culturale o da un punto di vista sociale. Discipline umanistiche Il termine cultura è spesso riferito alle belle arti, allo spettacolo e alla letteratura seria. Viene chiamata “cultura alta", in quanto opposta a quella popolare. L'irriflessa equazione tra cultura e arti è il risultato della linea di pensiero umanistica, in cui la cultura viene tradizionalmente considerata una sfera di valore superiore e universale. Molti intellettuali europei affermavano l'esistenza di un'opposizione tra cultura e civiltà. La “civiltà” indicava i progressi tecnologici della Rivoluzione Industriale e le trasformazioni sociali che accompagnavano l'industrializzazione. Protestavano quindi contro il pensiero illuminista, contro la credenza che il progresso fosse necessariamente benefico. Essi vedevano la cultura come il suo polo positivo e come la salvezza degli esseri umani civilizzati. La domanda che viene dunque spontanea è: come possiamo credere nel valore straordinario della cultura senza cadere nell'etnocentrismo, nella devozione alla cultura dell'Europa occidentale vista come il vertice dell'esperienza umana? Matthew Arnold rispose a questa domanda formulando una teoria universale del valore culturale secondo la quale essa poteva restituire all'umanità dolcezza e luce (bellezza e saggezza) derivanti da; * La consapevolezza e la sensibilità nei confronti dell’arte * “una ragione giusta” (un'intelligenza tollerante, flessibile e aperta) Il diamante culturale Gli oggetti culturali sono prodotti da esseri umani. Questo fatto è intrinseco a ogni definizione di cultura. Altre persone oltre ai loro creatori fanno esperienza di oggetti culturali. È solo quando questi oggetti diventano pubblici che entrano a far parte della cultura e diventano oggetti culturali. Le persone che sperimentano realmente l'oggetto possono essere diverse dal pubblico atteso o originale. | ricevitori culturali sono attivi produttori di significato. Sia glì oggetti culturali sia la gente che li crea e li riceve non operano nel vuoto, ma sono ancorati ad un contesto, il mondo sociale. Abbiamo quindi identificato quattro elementi: i creatori, gli oggetti culturali, i ricevitori e il mondo sociale. Disponiamo questi quattro elementi su una struttura a diamante: il diamante culturale ha quattro punti e sei legami. Il diamante culturale è uno strumento euristico inteso a favorire una più piena comprensione della relazione di qualsiasi oggetto culturale col Mondo sociale. Esso non dice quale debba essere la relazione tra i vari punti, ma solo che lì esiste una relazione. Il Mondo sociale Creatore Ricevitore Oggetto culturale diamante rappresenta i prodotti culturali e sociali della relazione tra i punti e non semplicemente un rimbalzare analitico da un punto all'altro. Quindi quando analizziamo un oggetto culturale abbiamo bisogno di identificare le caratteristiche dell'oggetto e le sue somiglianze e differenze rispetto ad altri oggetti in quella cultura. Abbiamo bisogno di considerare chi l'ha creato e chi lo ha ricevuto. Abbiamo bisogno di pensare ai diversi legami. Rispetto al legame tra oggetto culturale e pubblico. Una volta che abbiamo capito i punti e i legami specifici del diamante, possiamo dire di avere una comprensione sociologica di quell'oggetto culturale. Capitolo 2 Il significato culturale Per definizione, un oggetto culturale ha un significato condiviso: ad esso è stato attribuito un senso che è condiviso dai membri della cultura. A livello aggregato, una cultura è un “modello di significati” che è durato nel tempo. Il senso o il significato si riferisce alla capacità dell'oggetto di suggerire o indicare qualcos'altro. Possiamo identificare due tipi di significato: semplice e complesso. e Ilsignificato semplice denota una corrispondenza biunivoca: esprimiamo questo tipo di significato quando parliamo de segni e di ciò che rappresentano. e Il significato complesso si trova nei segni tipicamente chiamati simboli: invece di rappresentare un singolo referente, i simboli evocano una varietà di significati, alcuni dei quali possono essere ambigui. | simboli non denotano, connotato, suggeriscono, implicano, essi evocano emozioni forti e possono spesso unire o disgregare i gruppi sociali. La cultura è fatta di significati complessi. Perché abbiamo bisogno del significato? Gli esseri viventi si sviluppano e agiscono in accordo con istruzioni codificate nei loro geni. Mentre gli animali hanno l'istinto, gli esseri umani sono diversi. Non sono psicologicamente completi alla nascita, devono imparare a vivere. Berger ha suggerito che la fonte ultima della paura umana non è il male, ma il caos. Una totale assenza di ordine, un mondo senza struttura è terrificante per l'uomo. Gli esseri umani creano la cultura attraverso il processo di esternalizzazione, oggettivazione e interiorizzazione, costruendo i mondi in cui agiscono. La cultura fornisce significato e ordine attraverso l'uso di simboli, laddove ciò che abbiamo designato come oggetti culturali sono arricchiti di significati che vanno al di là della loro utilità materiale. Cultura e significato nella teoria del riflesso Da dove provengono e quale differenza fanno i significati? Due delle più importanti risposte sociologiche a queste domande possono essere considerate come versioni di una stessa teoria del riflesso, in cui la cultura è concepita come un fedele riflesso della vita socìale. La terza risposta, di Max Weber, afferma che è la vita sociale a riflettere la cultura. La cultura come specchio La cultura è lo specchio della realtà sociale. Il significato di un particolare oggetto culturale sta nelle strutture sociali e nei modelli sociali che esso riflette. Ne consegue che lo studioso dovrebbe cercare corrispondenze dirette tra cultura e società. Il modello del riflesso è plausibile sotto molti aspetti, compreso il suo rifarsi al senso comune. Si tratta di due connessioni sul diamante culturale che possono variare o meno insieme, ma che sono concettualmente distinte. In un caso, la violenza televisiva è un riflesso del mondo reale, nell'altro, il mondo sociale è un riflesso della violenza televisiva. Tra idealismo e materialismo La premessa di fondo dell'idealismo è che la cultura può meglio essere compresa come la materializzazione di idee, di spirito, bellezza e verità universale. Come tale essa è separata e autonoma dall'esistenza materiale stessa. Se l’idealismo dà precedenza all'ideale rispetto al materiale, il materialismo inverte la relazione: ciò che la concezione materialista implica per la sociologia della cultura è che la religione, l’arte, le idee, le leggi e la cultura in generale soho i prodotti della realtà materiale e che dovremmo analizzarli in quanto tali. | materialisti partono dall’assunto che la direzione della causalità è dalla terra al cielo, non dal cielo alla terra. Materialismo storico secondo Marx, quello che Feuerbach, non vedeva erano le radici sociali e storiche del mondo materiale. Nel termini del materialismo storico, il punto di partenza di ogni analisi è sempre f'homo faber {l'uomo produttore), gli uomini che lavorano per sostenersi attraverso la produzione e la riproduzione. Non solo le cose materiali, ma anche la stessa coscienza sono prodotti sociali, sosteneva Marx, e lo stesso può dirsi della cultura. Marx affermava che la cultura, il governo, la religione, la politica e le leggi sono tutte “sovrastrutture” poste su una base fatta di forze materiali di produzione e delle loro fondamenta economiche. Marx sosteneva che non si deve giudicare un periodo di trasformazione {o ogni altro perìodo) per la sua coscienza, a partire da ciò che la gente vive în quel periodo e pensa e crede, ma piuttosto si deve spiegare la coscienza del periodo con le contraddizioni della sua vita materiale. L'analista critico dovrebbe cercare, pertanto, le origini sociali dei valori o dello “spirito” dell'epoca. La teoria marxista ha reso possibile l'analisi sociologica della cultura offrendo ipotesi circa la natura dei legami tra società e cultura, la direzione causale e i principi di relazione tra i due termini. Tradizione marxista Un gruppo influenze di pensatori che applicarono l'analisi culturale di Marx fu quello della Scuola di Francoforte. {Adorno, Horkheimer etc.). Gli esponenti della scuola di che benché una tale visione della cultura sembri prevedere regole per ilcomportamento chiare e semplici, l'osservazione mostra che le persone si comportano in modi contradditori e che hon sono guidati dalla propria cultura come ha suggerito Weber. Sewell afferra che l'immagine di regole culturali è troppo formale e rigida. Invece egli preferisce pensare in termini di schemi culturali, presupposti informali che sottendono regole più formali. Swindler sostiene che le culture assomigliano di più a cassette degli attrezzi, nel senso che esse contengono fondamenti logici che sottendono varie linee d'azione cui far riferimento in diversi contesti. Le persone hanno repertori culturali multipli, e li usano più come fonte di suggestioni che come mappe vere e proprie. Modernità e scontro di culture La tesi dello scontro di civiltà sostiene che a partire dalla fine della guerra fredda, le linee di divisione nel mondo contemporaneo sono diventate più culturali che economiche o politiche. Vi sono varie civiltà, radicate in culture religiose diverse, che interpretano il mondo assai diversamente. Queste differenti interpretazioni producono inevitabilmente conflitti di significato fondamentali. La tesi di Huntington di una guerra tra civiltà basata su fondamenta culturali diverse precede di sei anni l'11 settembre 2001. Un’opposizione binaria di Islam contro occidente è semplicistica e offuscante. Anche se islamisti radicali in gruppi come Al Qaeda possono concepire la loro lotta in questi termini, i combattenti palestinesi hanno solo deboli legami con l'islam, l'Iraq di Saddam Hussein era decisamente laico e la maggior parte dei musulmani aborrono il terrorismo. Quindi trasporre le idee di Huntington in un'immagine binaria di guerre di cultura sarebbe un errore, Allo stesso tempo, tuttavia, non possiamo semplicemente sminuire l'impatto di profonde differenze nelle visioni del mondo. La cultura conta, come sottolinea il titolo di un libro Curato da Harrison e Huntington, la sfida è capire come. Marx, Durkheim e Weber immaginarono uno una società moderna in cui le caratteristiche particolari o ascrittive -gli attributi con cui siamo nati come il colore della pelle, il nome di famiglia la religione o la regione di origine- sarebbero contati e sempre meno. Essi immaginavo in una società caratterizzata dalla conoscenza specialistica in cuì le posizioni erano ricoperte grazie al merito personale, dove la libertà umana era in un rapporto di tensione con le burocrazie impersonali e dove ogni cosa era chiara è efficiente ma anche presumibilmente senza anima. Nel bene o nel male, anche quella dei paesi industriali avanzati o postindustriali, non ha sperimentato le trasformazioni previste sia dalla scienza sociale sia dalla fantascienza. | particolarismi di razza ed etnia persistono. La religione non è scomparsa. Le tradizioni, genuine o inventate, sono rimaste potenti. E la stessa modernità ha prodotto forti reazioni culturali in due direzioni: il postmodernismo e il fondamentalismo. “Postmodernismo” è un termine che molti oggi applicano alla cultura della società contemporanea. Moltì credono che la società abbia fatto il suo ingresso in questo nuovo stadio successivo alla modernità, uno stadio post-industriale dello sviluppo sociale dominato dalle immagini dei media in cui la gente è collegata con altri luoghi e altri periodi attraverso canali di informazione sempre più numerosi. Se l'uomo moderno era caratterizzato da speranza e ansia quello postmoderno è caratterizzato da una tranquilla assenza di illusioni. Le menti moderne erano scettiche; quelle postmoderne sono ciniche. Il “declino della metanarrazione” fa riferimento al fatto che le ere precedenti sembravano avere sempre una storia (una narrazione) che le posizionava e le definiva. | teorici del postmodernismo sostengono che le persone non credono più a simili storie sul cambiamento sociale. AI posto di questa metanarrazione c'è un crescente cinismo basato sulla sensazione che la vita è priva di senso e la cultura è solo un gioco di immagini senza riferimento a una qualche realtà sottostante. Potremmo concettualizzare questo modello postmodernista come una versione della teoria del riflesso con la differenza però che gli specchi sono rivolti l'uno verso l'altro e non verso il mondo sociale. Gli oggetti culturali post-moderni esprimono libertà ed esuberanza poiché i significanti non hanno bisogno di essere correlati ad alcun significato specifico, una costruzione postmoderna può presentare spirali gotiche, archi rinascimentali, finestre moderne ed un cortile coloniale spagnolo; solo un pazzo prigioniero di una qualche palude metanarrativa cercherebbe di interpretare una costruzione simile. Allo stesso tempo La glorificazione autoconsapevole che il movimento fa dell'assenza di significato -facendo dell'anomia una virtù- può sfociare in un vuoto nichilismo. Alcuni studiosi hanno sostenuto che il postmodernismo costituisce una fase particolare, uno stile del modernismo invece che qualcosa di completamente nuovo. Questa modernità inoltre con i suoi oggetti culturali moderni o postmoderni ha prodotto un contromovimento straordinariamente forte, di dimensioni mondiali. Si tratta dell'impulso verso il fondamentalismo religioso. Il fondamentalismo appare in molte forme: gli Indù che buttano giù la moschea di Babri, i musulmani sciiti che depongono lo scià dell'Iran, i cristiani americani che chiedono la preghiera nelle scuole e rifiutano l'educazione sessuale. Ciò che questi movimenti hanno in comune è il loro veemente rifiuto della modernità, o almeno di certi aspetti della modernità. Se la sociologia come disciplina ha generalmente presunto una crescente secolarizzazione e i postmodernisti l'hanno celebrata, i fondamentalisti difendono gli ideali religiosi e i modelli sociali tradizionali, che considerano legittimati dalla religione. La loro semplicità e il loro impegno appassionato attraggono molte persone alla loro causa perché essi offrono un insieme stabile di significati ed interpretazioni spesso basati su qualche testo religioso che dà sicurezza in un mondo caotico. In altre parole, essi offrono una cultura con significati chiari, ed una metanarrazione, come testimoniano chiaramente i proclami di Osama Bin Laden e altri leader di Al-Qaeda. Capitolo 3 La cultura come creazione sociale Chi crea gli specifici oggetti culturali? Come vengono arricchiti di senso? Quali tipi di creatori e di operazioni creative rappresentano il punto a sinistra del nostro diamante culturale? | sociologi suggeriscono un'alternativa sia alla concezione della “cultura c'è sempre stata” ad un estremo, sia alla concezione della cultura come creazione da parte di un “genio individuale”. Questa alternativa afferma che la cultura e le opere culturali sono creazioni collettive, e non individuali. Possiamo comprendere meglio specifici oggetti culturali considerandoli non espressioni uniche dei loro creatori ma il prodotto di una produzione collettiva, fondamentalmente sociale nella sua genesi. Questa concezione della cultura come prodotto sociale trae origine dal lavoro di Durkheim sulla religione. Durkheim e la produzione sociale della cultura Cosa può tenere insieme la società? Nella vita moderna, notava Durkheim, le persone possono essere classificate in molti modi: esse hanno diverse occupazioni, diversi saperi e competenze, diverse credenze e diverse esperienze di vita. Egli confrontò tutto questo con uno stato sociale precedente, meno differenziato, che chiamò “solidarietà meccanica”, in cui la gente era integrata perché aveva vite simili. Ogni membro della società poteva dire fiduciosamente “la mia gente fa questo”, “la mia gente crede questo”. Le credenze e le cognizioni condivise di un popolo costituivano la sua coscienza collettiva, e questa coscienza governava i suoi pensieri, i suoi atteggiamenti e le sue pratiche. Il cambiamento si verificò quando la società crebbe in dimensioni e densità e gli individui cominciarono a specializzarsi. La forma più ovvia di specializzazione è data dai diversi tipi dì lavoro, ma sì verificò anche una specializzazione istituzionale. Nel passato, per esempio, l'insegnamento ai giovani di ciò che era necessario sapere, l'esecuzione di rituali religiosi, e i passaggi alla vita e alla Morte avevano luogo entro la famiglia, e la società nel suo insieme esercitava una forte pressione contro le deviazioni. Le istituzioni moderne -le scuole, le moschee, gli ospedali- separarono questi processi vitali dalla famiglia, ma anche l'uno dall'altro. Si chiese allora Durkheim: in queste condizioni dì specializzazione e differenziazione, come potevano stare insieme simili società? Egli considerò un ventaglio di possibilità. In alcuni casi egli sottolineò il bisogno delle persone di “fare scambi", uno stato che chiamò di “solidarietà organica”: il contadino scambia ì suoi prodotto con l'insegnante che a sua volta istruisce suo figlio e così via. Legami sociali: il ruolo della religione e il senso del sé viene prodotta dalle interazioni con altri e richiede la conferma degli altri; il sé cerca di proiettare un certo insieme di significati su coloro con cui interagisce, e a sua volta cerca di interpretare i significati costruiti dai partner nell'interazione. Goffman analizza questo processo impiegando le metafore della performance teatrale: quando interagisce, il sé è un attore che recita un ruolo davanti ad un pubblico. Se la performance ha successo, il sé vede confermata una certa identità sia nei confronti dei partner dell'interazione sia verso sé stesso. Subculture Gli individui non sono semplicemente membri di un singolo gruppo o comunità, ma di una pluralità di essi. Mead ne ha identificati due tipi: gruppi sociali astratti, come per esempio i debitori, che operano come gruppi sociali indirettamente; e le “classi sociali o i sottogruppi concreti" come i gruppi politici, i club, le aziende, che sono tutte unità sociali effettivamente funzionanti, nella misura in cui i membri individuali sono direttamente relazionati uno all’altro. Se queste relazioni reciproche sono abbastanza forti da resistere ad alcune delle influenze dell'altro generalizzato societario, il gruppo diventa una subcultura. Una subcultura esiste entro un più ampio sistema culturale e ha contatti con la cultura esterna. Entro il dominio della subcultura funziona un potente insieme di simboli, significati e norme comportamentali che sono vincolanti peri membri. Una subcultura non fa solo riferimento a preferenze di consumo, ma anche ad uno stile di vita. L'interesse della sociologia per le subculture è sorto all’inizio del ventesimo secolo con le ricerche urbane della Scuola di Chicago. Lo studio si concentrava su subculture non assimilate e le domande poste riguardavano quando e come queste subculture si sarebbero assimilate all'interno della vita americana dominante. Le subculture con i loro sofisticati simboli e significati, sono prodotti da persone che interagiscono e pertanto sono stati di grande interesse per i sociologi che si ispiravano all’interazionismo simbolico. Le subculture creano significato, producendo oggetti culturali che sono significativi per i membri del gruppo e incomprensibili per gli estranei. Spesso enfatizzano il contrasto, come nelle subculture giovanili costruite attorno alla musica e allo stile. Molti movimenti sociali nascono come subculture. Ritardi e direzioni culturali È la società ad influenzare la cultura o la cultura ad influenzare la società? Le teorie del riflesso di matrice marxista come quella funzionalista non sanno rispondere a questa domanda in modo convincente. Se la cultura riflette passivamente il mondo sociale, allora il cambiamento deve prima avvenire in quel mondo. In questa concezione, le innovazioni nella musica, nell'arte e nelle idee devono essere tutte risposte a cambiamenti sociali. Una simile posizione deterministica suggerisce che il mondo sociale cambia sempre per primo, lasciandosi dietro la cultura. L'ipotesi del “ritardo culturale" fu avanzata da un sociologo americano, W. Ogburn, il quale sosteneva tra l'altro che i sociologi dovevano distinguere tra “cultura materiale” e “cultura adattiva". La cultura materiale sono le case, macchine, fabbriche etc. Quando questa cultura cambia, quella non materiale, che comprende pratiche, consumi e istituzioni sociali, deve cambiare come risposta. Ogburn credeva che ì cambiamenti nella cultura materiale solitamente precedessero i cambiamenti nella cultura adattiva. In un certo senso, questo è vero per definizione. Allo stesso tempo però possiamo citare numerosi esempi in cui è la cultura non materiale a guidare. La descrizione di Max Weber di come lo spirito del capitalismo esplose nella boschiva Pennsylvania del settecento ne è un esempio. Capitolo 4 Produzione, distribuzione e ricezione della cultura Molti sociologi hanno creduto che fosse insufficiente sottolineare semplicemente, seguendo Durkheim o Marx, che la cultura è un prodotto collettivo. Abbiamo bisogno di comprendere come vengono prodotti gli oggetti culturali e soprattutto sapere quale impatto i mezzi e i processi di produzione abbiano sugli stessi oggetti culturali. Questo nuovo approccio della produzione di cultura considera il compresso apparato interposto tra | creatori di cultura e i consumatorì. Questo apparato comprende meccanismi di produzione e di distribuzione, tecniche di commercializzazione come la pubblicità, l'utilizzo di mass media e il targeting, la creazione di situazioni che mettono a contatto potenziali consumatori di cultura e oggetti culturali. Il sistema dell'industria culturale Sottosistema Sola SOTTOSISTEMA tecnico MANAGERIALE ISTITUZIONALE consumatori CREATORI RECETTORI organizzazioni feedback Hirsch ha elaborato un utile modello chiamato “sistema dell'industria culturale”, espressione che descrive l'insieme di organizzazioni che producono articoli culturali di massa come dischi, librì di facile lettura e film a basso costo. Secondo Hirsch questi oggetti culturali condividono alcune caratteristiche: 1. l'incertezza della domanda; 2. una tecnologia relativamente economica; 3. un'eccedenza di aspiranti creatori culturali. Il sistema dell'industria culturale opera per regolare e confezionare l'innovazione e dunque per trasformare la creatività in prodotti commerciali e prevedibili. 1. la ricezione di diversi tipi di oggetti culturale è spesso stratificata per classe sociale; 2. la gente può consapevolmente o inconsciamente utilizzare la cultura per difendere î propri vantaggi sociali o superare gli svantaggi. Si noti che il secondo punto non dipende dal primo. Come ha osservato Peterson, le persone più istruite hanno più esperienze culturali su cui basarsi, esperienze a tutti i livelli: alto, basso, di massa, d'élite, comune, raro ecc. Hanno un repertorio culturale più ampio, e quella vastità può essere socialmente più utile che avere una conoscenza raffinata di filosofia o delle belle arti. Orizzonti di aspettative Jauss, critico letterario tedesco, ha offerto ai sociologi una chiave di lettura utile per comprendere la ricezione culturale. Contribuendo alla formulazione della teoria estetica della ricezione letteraria, ha rilevato che quando un lettore prende un libro, non si relaziona ad esso come fosse un recipiente vuoto che attende di essere riempito del suo contenuto. Piuttosto, egli colloca il libro entro un “orizzonte di aspettative" plasmato dalla sua precedente esperienza letteraria, culturale e sociale. Un lettore interpreta il testo sulle basi di corme si adatta alle sue aspettative o le mette in discussione. Costruendo il significato del testo, egli finisce per modificare il suo stesso orizzonte di aspettative. L'attenzione prestata alle diverse interpretazioni che si costruiscono di uno stesso oggetto culturale può rivelare la presenza di assunti sociali fortemente radicati. La teoria della ricezione di Jauss consente di connettere l'aspetto sociale e quello culturale presenti nel processo di costruzione del significato. La teoria suggerisce che ogni evento può essere trasformato in un oggetto culturale attribuendogli un significato. Molte considerazioni su come i produttori di sìignificati cercano di attirare l'attenzione dell'orizzonte di aspettative di un gruppo di ricevitori usano il modello del framing. Se i creatori culturali riescono a dare al loro prodotto 0 messaggio una forma che ne evoca una che già appartiene al pubblico, è più facile che persuadano tale pubblico a “comprare”. La propaganda politica funziona così in modo piuttosto evidente. A questo punto sorge spontanea la domanda: se ogni gruppo ha il suo diverso orizzonte di aspettative, può costruire i significati che più gli piacciono? Possono gli oggetti culturali essere interpretati in qualunque modo si voglia o la loro forma e il loro contenuto definiscono i significati che si possono trovare in essi? Sia il mondo accademico che il pubblico più generale hanno discusso con forza la questione che concerne nella sostanza il grado di libertà a disposizione dei ricevitori culturali in quanto produttori di significato. Vediamo di esaminare anche questa controversia. La libertà di interpretazione culturale Nel momento in cui gli esseri umani hanno esperienza di oggetti culturali, essi reagiscono, costruiscono interpretazioni, elaborano significati. Ma quanta libertà hanno le persone nell’operare questa costruzione di senso? Teoricamente, possono esserci due risposte antitetiche: 1. Si può costruire qualunque significato (i ricevitori sono forti/gli oggetti culturali sono deboli); 2. Si deve sottostare ai significati che sono intrinseci all'oggetto culturale {i ricevitori sono deboli/gli oggetti culturali sono forti). La concezione secondo cui i ricevitori possono far significare agli oggetti culturali qualsiasi cosa nega autonomia agli stessi oggetti culturali. Il significato diventa così in assoluto una funzione della mente del ricevente. Una simile posizione è un anatema per il tradizionale approccio umanistico della cultura. Ma anche agli scienziati sociali non piace, perché nega alla cultura il ruolo di rappresentazione collettiva. All'estremo opposto, l’altra posizione sostiene che i significati culturali sono estremamente controllati e che i ricevitori non hanno alcuna libertà di interpretazione. Una simile convinzione è stata denominata “superstizione del significato giusto”. Quando spingiamo queste posizioni ai loro estremi logici, nessuna sembra accettabile. La teoria della cultura di massa propende verso il lato della cultura forte/ricevitori deboli. La teoria della cultura popolare concepisce la gente come attivamente produttrice e manipolatrice di significati. La seduzione della cultura di massa Nella concezione dei teorici della cultura il termine “industria culturale” acquista connotati poco lusinghieri. Coloro che adottano la prospettiva della cultura di massa concepiscono l'industria culturale come la tecnologia per produrre intrattenimento dì massa su una scala fino a quel momento impensabile. | prodotti della cultura di massa rendono i loro ricevitori apatici e intorpiditi. Quindi predispone ricevitori passivi alla tirannia politica. Negli anni della scuola di Francoforte, sia la destra che la sinistra erano d'accordo sul fatto che il pensiero indipendente fosse in pericolo, entrambe erano preoccupate del lavaggio del cervello indotto dai media. Il rapporto della cultura di massa con la violenza è un altro argomento sempre alla moda. La musica pop e specialmente la televisione sono costantemente sotto esame nel loro impatto sul pubblico, particolarmente sui bambini, per quanto questo esame abbia avuto scarso effetto inibitorio sull'industria culturale. Resistenza attraverso la “cultura popolare” In qualche modo, l'espressione “cultura popolare" è ridondante. La cultura è pubblica, e ogni cultura deve essere in qualche modo “popolare”. Ma il termine ha preso a significare la cultura della gente, gente in quanto persone comuni, la maggioranza diversa dall’élite, l'opposizione tra “cultura alta” e “cultura popolare”. Tra i sociologi, la rivalutazione della cultura popolare è stata avviata negli anni sessanta, quando gruppi precedentemente ignorati cominciano a chiedere rispetto. Gli studiosi che esaminarono le opere, i generi e i sistemi di significato prima disprezzati scoprirono che essi contenevano materiali complessi e belli, trovarono diffuse rappresentazioni di egemonia di classe, di patriarchia, di razzismo etc. La rivalutazione della cultura popolare è avvenuta in due modi, ed entrambi questi approcci presuppongono una concezione del pubblico che è ben diversa dalla passività. Nel primo, gli studiosi hanno analizzato la cultura popolare alla ricerca di significati nascosti, significati che erano accessibili ai loro ricevitori ma che restavano ignotì agli accademici. Nella seconda forma di rivalutazione della cultura popolare, il ricevitore è visto non solo come un soggetto che codifica significati ai quali i ricevitori d'élite sì sono sottratti, ma anche capace di costruire attivamente significati sovversivi. Gli oggetti della cultura di massa possono essere patriarcali o rappresentare le “idee della classe dominante", come dice la teoria, ma la gente non per questo si trova ad accettare i significati imposti come se arrivassero dall'esterno. Essi producono i loro stessi significati. Nel modello della cultura di massa, gli oggetti culturali impongono i propri significati (semplici o sensazionali) sui loro pubblici, ma del modello della cultura popolare il pubblico crea i propri significati. Resta da vedere, man mano che si sviluppa la tecnologia delle comunicazioni di massa, quale concezione della relazione tra oggetto culturale e ricevitore si rivelerà più adeguata. Il vero pericolo, non previsto dalla teoria della cultura di massa né da quella della cultura popolare, potrebbe essere che le persone smettano del tutto di interpretare gli oggetti culturali. Questo rigetto è già avvenuto, in qualche misura e rispetto ad alcuni oggetti culturali, e i teorici della cultura postmoderna si aspettano che la tendenza aumenti. Es. guida in stato di ebbrezza: “autista ubriaco" come oggetto culturale significativo e dunque problema sociale. Nel caso americano, la risposta sta nelle idee e nelle istituzioni. La cultura americana sottolinea la responsabilità individuale. Pertanto, una tragedia come un incidente fatale deve avere qualche colpa individuale; imputarlo al “sistema” non è una soluzione americana. I problemi sociali tendono ad esprimere un comodo adattamento alle idee e alle istituzioni della società in cui essi si sviluppano. Per questa ragione, i problemi pubblici sono generalmente costruiti in un modo e non in altri ugualmente possibili; è la ragione per cui il problema negli Stati Uniti è la “gravidanza adolescenziale” e non “i bambini poveri”. Le streghe sono un problema sociale in Nigeria perché la cultura locale offre un insieme di idee che sostengono la credenza nella stregoneria, un insieme di rimedi per combattere l'influenza delle streghe, ed un insieme di istituzioni, compresi i media -specialmente la stampa giornalistica- e mercati avidi di commercializzare rimedi contro il malocchio. Come osservò molto tempo fa il sociologo William I. Thomas, se la gente definisce una situazione come reale, essa sarà reale nelle sue conseguenze. La carriera di un problema sociale Se i problemi sociali sono culturalmente definiti, è ragionevole attendersi che essi aumentino e calino in popolarità nel corso del tempo. Hilgartner e Bosk hanno cercato di identificare cosa spieghi “il sorgere e il declino dei problemi sociali”, cominciando da cosa viene identificato come problema sociale. Questi autori immaginano un'arena pubblica in cui ha luogo una competizione tra le situazioni che potenzialmente possono etichettarsi come problemi sociali. Questa competizione si realizza in due forme: 1. nella definizione o nell'inquadramento dello stesso problema; 2. nella cattura dell'attenzione delle istituzioni, le cui risorse o “capacità di azione" sono limitate. Queste situazioni che vengono selezionate come problemi sociali sono fenomeni che hanno caratteristiche specifiche: esse sono o possono essere drammatizzate; trattano temi mitici profondamente radicati nella cultura etc. | vincitori di questa competizione acquisiscono lo statuto di problemi sociali ampiamente riconosciuti. Una volta che | promotori di un problema (claims-makers) sono riusciti a fare in modo che diventi un problerna sociale, la domanda che si pone è: qualcuno si muoverà per risolverlo? Perché questo succeda, il problema deve connettersi ad un pubblico in modo tale che alcuni dei ricevitori siano spinti all'azione. La costruzione di un movimento sociale Anche se un determinato pubblico accetta che una certa cosa è un problema sociale, questo fatto di per sé non significa che qualcuno si mobiliterà per fare qualcosa. | movimenti sociali richiedo che le persone siano motivate a riconoscere che esiste un problema, ad accettare la possibilità che venga risolto e a considerare una certa linea di azione come adatta a produrre questo risultato. Secondo Camson: “il trucco degli attivisti è connettere il discorso pubblico e l'esperienza delle persone, integrandoli in un quadro coerente che supporti e sostenga l’azione collettiva”. Per collegare un pubblico a questo problema occorre formulare il problema in modo tale che il pubblico accetti la sua rilevanza. Questo è normalmente concepito come un problema di framing. Secondo Goffman, un frame è uno schema interpretativo che permette alle persone di dare un senso a ciò che esperiscono. Snow e colleghi hanno mostrato come i movimenti sociali devono far coincidere i frames delle potenziali reclute. L'allineamento dei frames è “la connessione degli orientamenti interpretativi degli individui e delle organizzazioni dei movimento sociali, in modo tale che un insieme di interessi, valori, credenze individuali e di attività, obiettivi e ideologie delle organizzazioni dei movimenti sociali siano congruenti e complementari” Coloro che creano il frame devono colmare il divario tra la loro visione del problema e quella del pubblico. Devono scuotere le persone, commuoverle. Questo significa fare appello anche alla sfera emotiva. Gli attivisti dei movimenti spesso usano l'arte per raggiungere i cuori dei potenziali sostenitori della loro causa. | problemi sociali competono sempre per l’attenzione dei pubblici rilevanti. | media aiutano i problemi a conquistare e mantenere questa attenzione. Nel bene o nel male, ì Media possono dar forma ad un problema e alla sua soluzione per enormi masse di persone, costruendo un movimento sociale in modi che nulla hanno a che vedere con il risultato di un processo democratico. Capitolo 6 Cultura e organizzazioni: fare le cose in un mondo multiculturale Proprio come coloro che affrontano i problemi sociali, gli uomini e le donne delle organizzazioni spesso si trovano confrontarsi con l'aspetto espressivo e simbolico, con la cultura. Molte delle ambiguità della vita organizzativa derivano dal ruolo svolta dalla cultura e dagli oggetti culturali, sia dentro l'organizzazione, sia interferendo con le sue operazioni dall'esterno. In questo capitolo esamineremo come la cultura influenzi è modì in cui individui agiscono nelle transazioni economiche, le modalità con cui governi cercano di realizzare i programmi e quelle con cui le organizzazioni cercano di produrre e commercializzare i prodotti, come ad esempio gli hamburger. L'uomo che gestisce la licenza israeliana di McDonald's è alle prese con un grosso problema: conciliare i propri obiettivi commerciali con le leggi e la sensibilità religiosa di Israele. Israele adora la cultura popolare americana, e, di ciò che è americano, niente è più emblematico di un Big Mac. Ma niente è anche meno puro rispetto alla tradizione ebraica, e qui nasce il problema. Il dilemma dell’uomo d'affari israeliano esemplifica un tema comune: la conciliazione della cultura globale con quelle locali. La cultura globale fortemente influenzata dalla cultura popolare americana e diffusa dai media e viaggiatori, rende il Big Mac disponibile in quanto oggetto culturale. In questo caso, l'oggetto culturale è creato indirettamente da un'azienda americana e direttamente da un franchiser israeliano, che cerca di raggiungere quei consumatori israeliani che accettano la promozione da parte dell'azienda di un certo insieme di associazioni simboliche. Nella sua configurazione globale, l’hamburger in quanto oggetto culturale significa moderno, americano, fresco, giovane e di tendenza. Ma anche in sede locale il Big Mac e gli altrì prodotti di McDonald's sono oggetti culturali. Così come costruiti dai conservatori credenti essi sono impuri, non ebrei, estranei, assimilazionisti, un affronto alla religione e all'identità ebraiche. L'uomo d'affarì vuole tradurre in profitto il primo set di significati e raggiungere il pubblico che lo sa intendere, inoltre vuole tenere da parte il secondo set (sa comunque che un ebreo ortodosso non andrà mai a mangiare un pezzo di carne macinata ricoperto di formaggio) e impedirgli di influenzare un pubblico maggiore. Idealmente, gli piacerebbe scomporre questo secondo oggetto culturale, facendo in modo che il McDonald's non significhi estraneo o non ebreo, pur continuando a significare americano e di tendenza sul piano globale. Come parte del suo programma economico, egli sta predisponendo un'inchiesta per vedere proprio cosa pensano della purità gli ebrei israeliani secolarizzati. La loro definizione di kosher scarta tutti i cheeseburger o solo quelli imbottiti di bacon? oggetto culturale. In ogni organizzazione il potere conta, incluso il potere simbolico. Per esempio, anche se la razza e l'etnia o il genere possono non importare nello svolgimento di una certa mansione, e, sebbene tutte queste categorie possano essere rappresentate in una determinata fabbrica o in un ufficio, queste caratteristiche importano moltissimo nel mondo esterno. Inoltre, i membri di questi gruppi si portano al lavoro pezzi e frammenti di culture diverse: i portoricani in media hanho un rispetto degli amici, dei parenti e delle istituzioni comuni che ì messicani americanizzati non possiedono. Per questa ragione le subculture lavorative possono frammentarsi lungo linee etniche o di genere. Il management, che detiene il potere simbolico di "spiegare le cose", cerca di scoraggiare questa forma di divisione perché opera contro l'equivalenza funzionale. Dal punto di vista di un datore di lavoro, una donna afroamericana addestrata dovrebbe essere come un maschio samoano ugualmente addestrato, e comunque dovrebbe essere possibile per lui assegnare compiti senza guardare alle caratteristiche ascrittive. Le affinità culturali sono fortemente sentite, tuttavia, e le persone sono attratte da altre persone con cui condividono sistemi di significato. Quando incontra altri potenti simboli che provengono dall'esterno dell'organizzazione, il potere simbolico organizzativo può arrivare solo fino ad un certo punto. Che influenza ha la divisione tra lavoro e management sulle subculture entro un'organizzazione? Da un lato la chiara coscienza di classe immaginata da Marx non sembra realizzarsi in moltì luoghi. Negli Stati Uniti la maggior parte degli occupati si percepisce come "classe media" indipendentemente dalla posizione, mentre in Cina una persona posizionata allo stesso Modo potrebbe ben definirsi un operaio o uno "del popolo". In una società omogenea come il Giappone i sindacati aziendali e la socializzazione tra operaio e manager colmano lo scarto, mentre nella società eterogenea come la Nigeria, l'appartenenza etnica da un lato avvicina e dall'altro opera contro la solidarietà sia a livello dei Lavoratori sia a quello manageriale. Nel suo studio sulla solidarietà dei Lavoratori nelle fabbriche americane, Fantasia ha mostrato che la coscienza di classe non è né rilevante né aproblematicamente data, ma è piuttosto uno schema cognitivo che emerge hel corso di determinate lotte che oppongono i lavoratori al Management. Le culture della solidarietà sorgono in periodi di crisi organizzativa come sono quelli caratterizzati da scioperi e licenziamenti, quando i sistemi di significato e di azione diffusi tra i lavoratori si oppongono al regime dominante dentro l'organizzazione. Le cultura della solidarietà sono gruppi più o meno uniti che possono o meno sviluppare una chiara identità e struttura organizzativa, ma rappresentano l'espressione attiva della solidarietà del lavoro entro un sistema industriale ed una società ad esso ostile. Ma cosa ne è della cultura manageriale? i gradini alti di un'organizzazione rappresentano semplicemente la cultura Nazionale dominante o esiste una specifica cultura dei manager e dei padroni che rappresentano l'élite, la borghesia? Max Weber ci suggerisce che entrambe le alternative sono corrette. Gli atteggiamenti prodotti del nesso tra duro lavoro e successo mondano sono durati a lungo anche dopo che i loro legami con la fede religiosa si erano sciolti. Poiché questi atteggiamenti erano tipici della classe media dominante essi avevano anche la tendenza di imporsi culturalmente, come risulta chiaro da una lettura dei libri scolastici dell'800 con le loro massime del tipo “un penny risparmiato è un penny guadagnato”. Ai livelli più alti della cultura aziendale, un'etica burocratica ha sostituito l'etica protestante di Weber con il risultato che il contributo di un'azienda al benessere sociale è diventato un problema di relazioni pubbliche. Questa subcultura manageriale favorisce un'astrazione crescente delle funzioni organizzative ed un “ascetismo psicologico” attraverso cui il sé razionalizzato del manager diventa uno strumento per la carriera nella vita lavorativa, la quale è progressivamente separata delle relazioni familiari o extra lavorative. Finora abbiamo esaminato due modelli dì cultura organizzativa, uno che sottolinea il consenso, l'altro la divisione. Nel modello consensuale, i fini ed i valori condivisi entro un'organizzazione sono la norma, e la dissidenza è un problema che ti richiede una soluzione. Questo modello che presume una sola cultura organizzativa è essenzialmente funzionalista. Nel modello conflittuale, i gruppi dentro un’organizzazione sono pensati come aventi interessi diversi; la classica linea di divisione e passa tra il lavoro e la direzione, ma anche il genere, l’etnia o la funzione organizzativa possono dare origine a simili culture della solidarietà. Questi diversi interessi generano prevedibilmente conflitti intra-organizzativi. Il modello conflittuale che ha le sue radici del marxismo e in altre sociologie del conflitto, problematizza il consenso apparente interpretandolo come una subordinazione degli interessi di gruppo all'ideologia dominante della classe capitalistica. Martin ha evidenziato un terzo modello, chiamato della frammentazione, che mette in discussione sia l'armonia del modello consensuale sia la stabilità e prevedibilità del modello conflittuale. Nel modello della frammentazione, le organizzazioni sono bersagliate dall'ambiguità e le persone assumono prospettive multiple. Una singola persona in un'organizzazione non è tanto un attore organizzativo o un membro dì un gruppo importante, ma un nodo nell'intersezione di più gruppi, categorie e appartenenze {un ingegnere americano, maschio, di origine coreana e presbiteriano, che lavora per la IBM, ha una grande famiglia ed è politicamente un liberale). Questioni diverse attiveranno identità diverse. Se questo è il caso l'analista organizzativo, invece di cercare una sola cultura organizzativa o più subculture in conflitto dovrebbe cercare tipi di questioni che evocano diversi sistemi di significato. Comunque, Martin invita l'analista ad adottare tutte e tre le prospettive, almeno in via provvisoria, per una più piena comprensione di come i processi culturali {persone che creano significati) influenzino gli output organizzativi. Le organizzazioni in contesti culturali Le teorie sociologiche della burocrazia, specialmente quella di Weber, affermano che le organizzazioni delle società moderne convergono verso un solo Modello, altamente efficiente: una struttura burocratica di posizioni, razionalizzata e con chiare linee di autorità, specializzazione funzionale e una separazione dell'aspetto personale da quello burocratico. In altre parole, dal punto di vista di un dipendente: sai chi è iltuo capo, qual è la tua mansione e la tua vita privata è separata dalla vita lavorativa (non sei proprietario della tua scrivania). Durante gli anni cinquanta si studiarono delle variazioni in questo modello burocratico. La ricerca di queste differenze produsse ciò che possiamo chiamare la tesi del “carattere nazionale”, che aveva come premessa che numerose società producevano deviazioni sisternatiche dal Modello weberiano, nonostante simili forme particolari di burocrazia potessero impedire l'efficienza organizzativa. Crozier mostrò che le aziende nel suo paese producevano infinite regole e squisite distinzioni funzionali e una inflessibilità burocratica che era spesso in contrasto con il fine organizzativo dì svolgere le mansioni. Così, le regole e le rigidità eccessive, sebbene burocraticamente irrazionali, erano razionali culturalmente, minimizzando la discrezione manageriale e la sottomissione del dipendente. In altre parole, la cultura francese valorizzava più l'autonomia della produttività, e le organizzazioni riflettevano questo valore. Alla metà degli anni ottanta, l'interesse per i rapporti tra le organizzazioni e le culture circostanti è tornato prepotentemente alla ribalta. La globalizzazione dell'economia è stata la ragione principale di questo sviluppo. Molte compagnie che erano state un tempo esclusivamente americane o europee si sono espanse in tutto il mondo. Questa espansione ha significato che le singole aziende si sono dovute preoccupare di comprendere le differenze culturali. La ricerca di Lincoln e Kalleberg offre un buon esempio del nuovo interesse per l'interazione tra cultura e struttura della produzione degli esiti organizzativi. All'inizio della loro ricerca notarono che i manager delle aziende americane e gli studiosi continuavano a fantasticare su quali delle tecniche del management giapponese avrebbero potuto funzionare in America. Hanno provato a confrontare le spiegazioni culturali e quelle strutturali delle differenze registrate nella dedizione del lavoratore all'azienda e nella soddisfazione sul lavoro. Essi etichettarono come “teoria strutturale” la concezione secondo cui il corporativismo del benessere spiegava le differenze nella dedizione e nella soddisfazione sul lavoro; questa forma di corporativismo implicava la sicurezza del posto, la cooperazione tra lavoratori e direzione, un processo decisionale decentralizzato con un alto grado di partecipazione del lavoratore etc. Ciò che i due chiamavano “teoria culturale”, d’altra parte, suggeriva che fossero invece le differenze nazionali nei valori dei lavoratori a spiegare le differenze nazionali nella dedizione e nella soddisfazione. La posizione strutturalista afferma che il corporativismo del benessere aumenta la dedizione del lavoratore e la sua soddisfazione ovunque essa venga applicato. Le aziende giapponesi, specialmente quelle delle industrie principali, tendono ad applicarlo in più occasioni, ma gli stessi principi sarebbero di beneficio ovunque. Un approccio strettamente culturalista d'altro canto sembra sostenere che le forme organizzative giapponesi siano adatte alla cultura giapponese, che valorizza la collettività più che l'individuo, la cooperazione ed il rapporto di dipendenza personale fra i dipendenti ed i supervisori. Per questa concezione queste forme non avrebbero successo se esportate in altre culture. Un approccio promettente che riconosce la compenetrazione di cultura e struttura è quello noto come
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