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Wendy Griswold - Sociologia della Cultura, Sintesi del corso di Sociologia

Sintesi del libro coerentemente al programma frequentanti del corso Sociologia della Cultura dell'UNIPG.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 18/06/2019

Gretsel98
Gretsel98 🇮🇹

4.4

(39)

28 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Wendy Griswold - Sociologia della Cultura e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! IL CONCETTO DI CULTURA Cultura è un concetto che appartiene alla storia occidentale, come parola è usata in diverse accezioni In generale si distinguono due concezioni di cultura: - Umanistica (o classica): “cultura alta”, da “colere” = coltivare -> coltivare l’animo; in generale riferito alle scienze umane ma non è il contrario di ignoranza; concezione classica comporta rischi: o Considerare una cultura migliore di altre -> etnocentrismo o Conflitto cultura-civiltà o Può essere indebolita da dinamiche sociali ed economiche o Aura di sacralità (viene a cadere con la società delle immagini) - Antropologica (o moderna): variegato insieme dei costumi e delle abitudini delle diverse popolazioni, varia a seconda del contesto sociale Nell’approccio sociologico, la cultura risulta composta da - Norme - Valori (ciò che è desiderabile, ma che non si desidera effettivamente) - Credenze - Simboli Geertz definisce la cultura come una “struttura di significati trasmessi storicamente e incarnati in simboli, ovvero un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche, per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano o sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita” = la cultura offre un senso, un programma di interpretazione, riflessione e azione all’essere umano - Relativismo, evita valutazioni - Presuppone uno stretto legame tra cultura e società, c’è un adattamento reciproco da entrambe le parti - Può essere studiata empiricamente IL DIAMANTE CULTURALE - Oggetto culturale: significato condiviso incorporato in una forma (simboli, credenze, valori, pratiche) - Creatori culturali: produttori di oggetti culturali - Ricevitori (fruitori) - Mondo sociale: contesto in cui la cultura viene creata e esperita Tutti e quattro gli elementi sono legati e connessi tra di loro PROBEMI SOCIALI Sono costruzioni, non sono fatti oggettivi ma produttori di significati Quando una situazione ha significato per uno specifico gruppo ed è negativo, essa può essere definita come problema sociale Problema sociale è oggetto culturale, prodotto da claims-makers (fabbricanti di questioni), interpretato da uno specifico gruppo di ricevitori “un problema sociale viene fabbricato quando un pubblico giudica che la questione sollevata è credibile” Il mobilitarsi dei ricevitori dà vita ad un movimento sociale Per nascere, un problema sociale richiede la presenza di un’identità collettiva che una volta attivata produce un modo di pensare condiviso, una mente sociale, che considererà certe situazioni come problematiche e bisognose d’intervento Tutte le forme di identità collettiva sono delle costruzioni, che influenzano pensiero e comportamento dei componenti -> le persone che sollevano questioni circa un problema sociale proveranno a raggiungere le persone attraverso la loro identità collettiva -> le forme dei problemi sociali sono specifiche di ogni cultura e società I sistemi culturali trasformano eventi e oggetti in oggetti culturali con significati specifici per ogni cultura; certi fenomeni del mondo sociale sono resi significativi, trasformati in oggetti culturali e in problemi sociali; una volta compiuta questa trasformazione, diventa possibile per gli individui cercare soluzioni, perché l’esistenza di un problema implica l’esistenza di una soluzione Per creare un oggetto culturale e poi definirlo come problema sociale, esso dee essere articolato come un insieme di idee e istituzioni tra loro interconnesse; così, i problemi sociali tendono ad esprimere un comodo adattamento alle idee e alle istituzioni della società in cui essi si sviluppano Le situazioni selezionate come problemi sociali hanno due specifiche: - (Sono o) possono essere drammatizzate perché trattano di temi mitici profondamente radicati nella cultura - Sono politicamente vitali (collegati a potenti gruppi d’interesse) I valori e i temi culturali plasmano o impediscono la definizione stessa di problema sociale Una volta generato il problema, esso deve connettersi ad un pubblico in modo tale che alcuni dei ricevitori siano spinti all’azione per creare un movimento sociale: anche se un determinato pubblico accetta che una cosa è un problema sociale, non è detta che si mobiliti -> la definizione di un problema richiede azione varia tra le culture, che le persone siano motivate a riconoscere l’esistenza del problema e ad accettare la possibilità che venga risolto secondo una certa linea d’azione Bisogna formulare il problema in modo tale che il pubblico accetti la sua rilevanza: framing - Frame: schema interpretativo che permette alle persone di dare un senso a ciò che esperiscono, in gran parte definito dagli individui in base al loro senso di identità collettiva I movimenti sociali devono far coincidere i frames, ovvero connettere gli orientamenti interpretativi degli individui e delle organizzazioni dei movimenti sociali in modo tale che un insieme di interessi, valori e credenze individuali e di attività, obiettivi e ideologie siano congruenti e complementari o È necessario (per sostenere questa convinzione) fare opere buone, autocontrollarsi e fare attività finalizzata = ascetismo intramondano Il puritano è quindi un uomo interessato a monitorare il suo stato di grazia, impegnato in infiniti calcoli morali e nella cristianizzazione metodica della propria vita, lavora duramente senza spendere i propri guadagni, se ha successo lavora ancora di più, senza riposo (l’auto-compiacenza è segno di dannazione) -> 1) crescita del capitale 2) lavoro duro = buona cosa Weber non nega che le persone tendono a perseguire i propri interessi, ma sostiene che le loro idee e le loro culture plasmano i modi in cui essi li perseguono Critiche all’approccio weberiano: 1) È soggettivo: chiede ai sociologi di entrare nella testa delle persone, mentre si dovrebbe pensare alla cultura come comportamento osservabile (piuttosto che come un sistema oggettivo di creazione di significato) 2) Le persone si comportano in modo contraddittorio, non sempre sono guidati dal proprio sistema di credenze o dalla propria cultura 3) Le culture contengono fondamenti logici che sottendono varie linee d’azione a cui fare riferimento in diversi contesti, senza che tali fondamenti siano internamente coerenti 4) Le persone hanno repertori culturali multipli, che vengono usati più come forme di suggestione che come mappe; tuttavia, le contraddizioni non paralizzano le persone, perché esse ricorrono a risorse ideologiche diverse in situazioni diverse CULTURA COME CREAZIONE SOCIALE I creatori culturali, in momenti di ispirazione, creano qualcosa di nuovo, cambiano il mondo culturale in cui vivono gli esseri umani; la cultura e le opere culturali sono creazioni collettive e non individuali Durkheim: teoria della rappresentazione collettiva: ogni società ha un qualche tipo di rappresentazione collettiva che dimostri ai suoi membri di essere tra loro interconnessi; particolare attenzione alla religione ( = legame fondamentale tra gli uomini nei tempi antichi) “Le forme elementari della vita religiosa” (1912) analizza il totemismo degli aborigeni australiani e di alcuni gruppi degli indiani d’America; postulato funzionalista: un’istituzione umana come la religione non può riposare sull’errore e sulla superstizione, al contrario essa risponde a profondi bisogni umani; tramite lo studio delle religioni è possibile: 1) Cogliere gli elementi costitutivi della religione 2) Trovare i fondamenti di tutte le religioni 3) Scoprire il bisogno umano che causa la credenza e la pratica religiosa L’analisi durkheimiana si basa su quattro idee chiave: - La rappresentazione collettiva - Distinzione tra sacro e profano - Origini del sacro - Conseguenze sociali della religione La religione è alla base di tutte le categorie del pensiero: sono tutte rappresentazioni collettive che esprimono realtà collettive; gli esseri umani non possono concepire il tempo e lo spazio indipendentemente da distinzioni socialmente condivise anche se arbitrarie e innaturali; tutte le categorie del pensiero, tutte le idee essenziali, sono sociali; gli esseri umani sono duplici: componente biologica individuale e componente sociale condivisa, e le categorie di pensiero derivano dalla seconda > la religione e la cultura sono rappresentazioni collettive Tutte le religioni hanno in comune la distinzione tra sacro e profano; ciò che caratterizza il sacro è che esso è assolutamente separato dal profano e non può essere avvicinato impunemente, questa separazione è il cuore del fenomeno religioso; la distinzione tra sacro e profano organizza e classifica tutti gli esseri sociali e naturali, questa distinzione può essere vista nella forma più elementare nelle religioni totemiche delle società tribali I totem sono al centro delle forme elementari della religione: il totem è sacro e ogni sorta di proibizione rituale lo circonda; il totem simboleggia due cose: il principio totemico e il clan, è allo stesso tempo simbolo di dio e della società perché dio e la società sono la stessa cosa; la società fa sorgere il senso del divino attraverso: il suo controllo sui suoi membri, che si manifesta nella sua abilità di causare o inibire le loro azioni; e la sua forza positiva, per l’azione rafforzatrice e vivificante della società Effervescenza collettiva: la gente sente di non essere più se stessa o di essere trascinata via Identificare la religione con la superstizione è sbagliato, la forza religiosa è autentica ma la fonte non è quella che pensa il credente, bensì un potere morale dal quale dipende e da cui riceve tutto il meglio che è in lui, ovvero la società; la forza religiosa non deriva da un totem o da un dio, ma dall’esperienza del sociale; la religione è il sistema di idee attraverso cui le persone rappresentano la loro società; poiché la religione è la radice delle classificazioni attraverso cui si apprende il mondo, tutta la cultura umana è una rappresentazione del sociale Tutti gli oggetti culturali sono rappresentazioni collettive; la cultura è una rappresentazione collettiva in due sensi: - Gli oggetti culturali sono prodotti da individui che si relazionano ad altri individui - Nei loro prodotti culturali le persone rappresentano le proprie esperienze Approccio della produzione collettiva ai significati culturali: se la cultura è una rappresentazione collettiva, allora l’approccio della produzione collettiva è alla ricerca dei meccanismi attraverso cui la collettività cerca di autopresentarsi; ci sono due tipi di produzione collettiva: 1) Comprende le interazioni tra gli individui e il modo in cui queste stesse interazioni generano cultura (interazionismo simbolico) 2) Si concentra sull’organizzazione dei produttori e dei consumatori culturali Interazionismo simbolico: si interessa al modo in cui l’individuo costruisce attivamente le proprie norme e i propri ruoli: il sé dell’uomo non è una forma platonica preesistente, ma è creata dall’interazione sociale Cooley [1964]: un’interazione contempla tre fasi 1) Il sé immagina la reazione di un altro alla sua apparenza 2) Il sé immagina il giudizio dell’altra persona alla sua azione 3) Il sé ha una reazione emotiva (orgoglio o vergogna) a questo giudizio Mead [1934]: la competenza sociale non si costruisce solo con l’interazione a due, ma anche con l’altro generalizzato (idea astratta della società), è un fattore determinante del pensiero dell’individuo con cui la società esercita il controllo sui suoi membri Goffman [1959]: il sé quando interagisce con gli altri è come un attore che recita un ruolo, se la performance ha successo, il sé vede confermata una certa identità; i ruoli della società sono forme vuote che hanno delle aspettative e sono interdefiniti, ma ciascuno interpreta il ruolo a modo suo; il ruolo sociale è uno schema, la sua interpretazione ne determina il successo o l’insuccesso L’interazione umana crea cultura, che viene riprodotta e trasmessa attraverso la loro ripetuta espressione e attraverso la socializzazione dei nuovi membri del gruppo Identità concetto chiave: viene prodotta dalle interazioni con altri e richiede la conferma degli altri; il sé cerca di proiettare un certo insieme di significati su coloro con ci interagisce e a sua volta cerca di interpretare i significati costruiti dai partner nell’interazione Subculture Gli individui non sono semplicemente membri di un singolo gruppo o comunità, ma di una pluralità di essi Mead [1934]: ci sono due tipi di gruppi: gruppi sociali astratti (operano come gruppi sociali solo indirettamente) e le classi sociali/sottogruppi concreti (unità sociali effettivamente funzionanti, nella misura in cui i membri individuali sono direttamente relazionati tra loro); se le classi sociali hanno relazioni abbastanza forti da resistere ad alcune influenze dell’altro generalizzato, diventano una subcultura Una subcultura esiste entro un più ampio sistema culturale e ha contatti con la cultura esterna; ha un potente insieme di simboli, significati e norme comportamentali che sono vincolanti per i suoi membri; fa riferimento non solo a preferenze di consumo ma anche ad uno stile di vita L’idiocultura è la subcultura del subgruppo: ricca di implicazioni, vivacizzata da simboli ed espressioni noti solo ai membri del gruppo e utilizzati per separare questi dagli estranei Le subculture creano significato, producendo oggetti culturali che sono significativi per i membri del gruppo e incomprensibili per gli estranei Le subculture possono riprodurre la cultura dominante, sfidarla o cambiarla Molti movimenti sociali nascono come subculture Weber: essi passano dalla separazione dell’ascetismo ultramondano all’impegno riformista o anche rivoluzionario dell’ascetismo intramondano Ogburn [1936]: “ritardo culturale” Va distinta una cultura materiale e una cultura adattiva; quando quella materiale cambia, quella non materiale deve cambiare in risposta; la cultura adattiva è quella parte di cultura non materiale che si adegua alle condizioni materiali; ci vuole un po’ perché questo adattamento si realizzi compiutamente, questo scarto è il “ritardo culturale” Innovazioni culturali: a certe condizioni, le vecchie regole, culturali e sociali, non sembrano più applicabili; si crea un vuoto morale, e in questa situazione la gente cerca nuove linee di condotta, nuovi significati con cui orientarsi nella vita l’innovazione culturale riorienta gli individui stabilità; i mercati culturali reagiscono al mutamento sociale, ci sono periodi di “agitazione” in cui sia il mondo sociale sia gli oggetti espressivi (cultura) cambiano più rapidamente del solito, e sono periodi fertili per la produzione di nuove ideologie e nuovi generi (i mercati culturali e le forme della cultura hanno modo di cambiare insieme); modernizzazione e urbanizzazione sono le occasioni di creatività culturale di più grande impatto, ma anche riconfigurazioni sociali su scala minore possono essere culturalmente produttive; Ulf Hannerz [19923]: la cultura è “un network di prospettive, con una produzione continua di forme culturali esplicite” PRODUZIONE DI IDEE Gli oggetti culturali richiedono creatori e ricettori ed hanno una relazione con il mondo sociale che li produce e che li riceve, sia se si tratta di ideologie sia se si tratta di oggetti fisici. I creatori producono una quantità in eccesso di tutti gli oggetti culturali. Questi competono per l’attenzione del pubblico allo stesso modo. Una volta che un’idea è stata espressa a parole o con simboli, è un oggetto culturale. Ogni concetto è ancorato al proprio contesto istituzionale. Diversi sociologi hanno suggerito che alcuni periodi e luoghi sono più ricchi di produzione ideologica rispetto ad altri. Robert Wuthnow [1987] si concentra sui momenti di rottura nell’ordine morale. Quando il vecchio modo di fare le cose e di intendere le relazioni sociali non sembrano più funzionare, le persone vanno alla ricerca di nuove idee. Sono periodi “fertili”. Ann Swidler [1986] afferma che in tempi normali le persone tirano avanti con pezzi di ideologie, frammenti culturali magari incoerenti, ma durante i “tempi instabili” le persone vogliono chiarezza e coerenza ideologica. In momenti turbolenti c’è eccesso di offerta ideologica e le idee devono competere per le risorse. Wuthnow la descrive come una “selezione” per suggerire perché alcuni movimenti ideologici sopravvivono mentre la maggior parte di essi muore. La selezione che ha successo diventa stabile attraverso l’istituzionalizzazione, quando lo stato o qualche altro potente attore istituzionale introduce l’ideologia nella prassi. Non tutte le idee promettenti ottengono l’istituzionalizzazione. RICEZIONE A diversi tipi di persone corrispondono diversi tipi di oggetti culturali. Una grande massa di ricerche confermano la realtà della stratificazione sociale. Il nesso tra gusto culturale e posizione socioeconomica non è sempre detto. Molti oggetti culturali attraversano i confini di classe, genere, etnia e religione. Gans [1974] denomina il pubblico di ricevitori di qualsiasi oggetto culturale “cultura di gusto”, senza presumere circa le loro caratteristiche sociali o demografiche. Peterson [1992] ha chiamato i gruppi di classe media “onnivori culturali”. Come non si sceglie la “cultura di gusto” a cui si partecipa, neppure si scelgono le conseguenze che da questa derivano. Bourdieu [1979]: la cultura può essere considerata una forma di capitale. Il capitale culturale può essere accumulato e investito e convertito in capitale economico. Ha tracciato una mappa del sistema di rapporti tra il capitale economico e quello culturale. A volte c’è corrispondenza, ma altre volte le due forme di capitale sono in conflitto. E, sebbene quello economico possa essere sostenuto, aumentato o svalutato da forme di capitale non economico, i tipi di capitale non economico facilmente negoziabile possono variare da luogo a luogo. Il possesso o meno del capitale culturale può comunque spiegare un’ampia gamma di caratteristiche della stratificazione sociale. Poiché si crede che il capitale culturale sia importante, i gruppi sociali hanno naturalmente la tendenza a inflazionare il valore di ciò che essi già possiedono e a cercare di impedire ad altri gruppi di possederne. 1) La ricezione di diversi tipi di oggetti culturali è spesso stratificata per classe sociale 2) La gente può consapevolmente o inconsciamente utilizzare la cultura per difendere i propri vantaggi sociali o per superare gli svantaggi Una condizione non dipende dall’altra. Peterson: le persone più istruite hanno più esperienze culturali su cui basarsi a tutti i livelli, hanno un repertorio culturale più ampio e questo può essere socialmente più utile che avere una conoscenza raffinata. Erickson [1996]: ha mostrato come sul posto di lavoro l’esibizione della conoscenza di forme culturali elitarie sia rara, probabilmente perché non è una strategia vincente per ottenere consenso. Quello che funziona è la varietà culturale che deriva dall’avere ampie reti sociali. La teoria della ricezione di Jauss connette l’aspetto sociale e culturale del processo di costruzione del significato. Il concetto di “orizzonti di aspettative” aiuta a comprendere come un oggetto culturale possa venire interpretato da persone con conoscenze ed esperienze sociali e culturali diverse e suggerisce che ogni evento può essere trasformato in un oggetto culturale attribuendogli un significato (es. morte dei bambini). L’attenzione prestata alle diverse interpretazioni che si costruiscono di uno stesso oggetto culturale può rivelare la presenza di assunti sociali fortemente radicati. Diversi gruppi sociali possono condividere diversi orizzonti di aspettative e perciò costruiscono differenti significati condivisi dello stesso oggetto culturale. Molte considerazioni su come i produttori di significati cercano di attirare l’attenzione dell’orizzonte di aspettative di un gruppo di ricevitori usano il modello del framing. Se i creatori culturali riescono a dare al loro prodotto o messaggio una forma che ne evoca una che già appartiene al pubblico, è più facile che persuadano tale pubblico a “comprare”. Al contrario, a volte i creatori di oggetti culturali non hanno idea di come essi verranno ricevuti. LIBERTÀ DI INTERPRETAZIONE CULTURALE Nel momento in cui gli esseri umani hanno esperienza di oggetti culturali, essi reagiscono, costruiscono interpretazioni, elaborano significati. Gruppi diversi possono costruire significati diversi a partire dallo stesso oggetto culturale. 1) Si può costruire qualunque significato: i ricevitori sono forti e gli oggetti culturali sono deboli > libertà illimitata (si può fare ciò che si vuole con gli oggetti culturali che si ricevono). Lévi-Strauss [1961]: la mente umana è come un bricoleur, l’artigiano che può modellare o costruire cose a partire da qualsivoglia pezzo o avanzo di materiale avesse a disposizione. Il ricevitore di un oggetto culturale può quindi produrre significati praticamente indipendenti dallo stesso oggetto culturale. Questa concezione nega autonomia agli stessi oggetti, assume non ci siano distinzioni tra di essi ma solo tipi di persone diverse che fanno esperienza di oggetti culturali attribuendo ad essi significati differenti, che diventano una funzione della mente del ricevente. Nega alla cultura il ruolo di rappresentazione collettiva e implica il venir meno della capacità della cultura di funzionare come mezzo attraverso cui le persone “comunicano, perpetuano e sviluppano il loro sapere e il loro atteggiamento verso la vita”. 2) Si deve sottostare ai significati che sono intrinseci all’oggetto culturale: gli oggetti culturali sono forti e i ricevitori sono deboli. Sostiene che i significati culturali sono strettamente controllati e che i ricevitori non hanno virtualmente alcuna libertà di interpretazione. “Superstizione del significato giusto”. Anche se un creatore può puntare su una particolare interpretazione o reazione ad un’opera, la gente differisce enormemente nelle sue risposte ad un dato oggetto culturale. L’occhio di ciascuno spettatore è condizionato dal suo posizionamento sociale, e ciò accade indipendentemente da quello che era lo scopo del creatore. Spettatori diversi, significati diversi. La prima teoria è quella della “cultura popolare”, che concepisce la gente non come priva di poter ma come attivamente produttrice e manipolatrice di significati. La seconda è quella della teoria della cultura di massa e suggerisce che gli oggetti culturali possono schiacciare i loro ricevitori, che sono impotenti. Teoria della cultura di massa: concepisce l’industria culturale come la tecnologia per produrre intrattenimento di massa che si basa su un gusto comune, che enfatizza l’aspetto relativo allo spettacolo su quello morale o intellettuale, allo scopo di catturare una porzione di mercato che sia la più grande possibile; i prodotti della cultura di massa rendono i loro ricevitori apatici e intorpiditi che li rendono passivi e predisposti alla tirannia politica, mentre i produttori creano materiali sempre più violenti, sensazionali, scioccanti, capaci di far reagire un pubblico incline a stancarsi; in questa concezione tutti i pubblici sono innocenti e tutti possono farsi sedurre. Teoria della “cultura popolare”: “cultura popolare” in quanto cultura della gente come persone comuni, diversa dall’élite; comprende i prodotti della cultura di massa ma anche la saggezza, il senso comune, i valori, i modi di vita della “gente”; l’idea di cultura popolare deriva dalle vecchie definizioni antropologiche di cultura centrate sui “modi di vita”; Snow e Anderson [1993]: tutti hanno bisogno di senso nella propria vita, la pienezza di significato non è un lusso ma una necessità umana; la cultura popolare è il sistema di significati a disposizione della gente comune; la rivalutazione della cultura popolare è avvenuta in due modi, entrambi presuppongo un pubblico ben lontano dall’essere passivo; nel primo gli studiosi hanno analizzato la cultura popolare alla ricerca di significati nascosti ed è emerso che il pubblico popolare è capace di decodificare significati che risultano particolarmente soddisfacenti alla luce della sua esperienza sociale; nel secondo il ricevitore è visto non solo come un soggetto che decodifica significati ma anche capace di costruire attivamente significati sovversivi, gli oggetti possono anche essere patriarcali o rappresentare le “idee della classe dominante” ma la gente non per questo si trova ad accettare i significati imposti come se arrivassero dall’esterno bensì ne producono di nuovi. Nel modello della cultura di massa, gli oggetti culturali impongono i propri significati sui loro pubblici, ma nel modello della cultura popolare il pubblico crea i propri significati. Poiché gli oggetti culturali sono interpretati non in solitudine, ma da esseri umani interagenti, sembra probabile che diverse interpretazioni, o reinterpretazioni continueranno ad essere prodotte da gruppi con esperienze diverse. CULTURA E ORGANIZZAZIONI: FARE LE COSE IN UN MONDO MULTICULTURALE Le organizzazioni spesso si trovano a confrontarsi con l’aspetto espressivo e simbolico (cultura). Molte delle ambiguità della vita organizzativa derivano dal ruolo svolto dalla cultura e dagli oggetti culturali, sia dentro l’organizzazione sia interferendo con le sue operazioni dall’esterno. Le attività di un’organizzazione sono più difficili da gestire in un’economia globale in cui le culture locali e quella internazionale si scontrano, dove sistemi di significati incompatibili devono essere riconciliati, dove chi fa affari o lavora per un’organizzazione non può evitare di gestire significati così come non evita di gestire denaro, prodotti e persone. CULTURE ORGANIZZATIVE Le organizzazioni operano entro e tra culture, ma esse a loro volta producono cultura. I manager e i lavoratori creano e ricevono oggetti culturali che possono facilitare o ostacolare le attività dell’organizzazione. Questo avviene su due livelli: il livello dell’individuo o del piccolo gruppo e il livello del gruppo più grande (o dell’organizzazione nel suo insieme). Cultura e motivazione. Le organizzazioni hanno obiettivi, e quindi hanno il problema di motivare i propri membri a lavorare per questi obiettivi. Questo è particolarmente evidente nelle organizzazioni orientate al Tesi del “carattere nazionale”: premette che alcune società producano deviazioni sistematiche dal modello weberiano, nonostante in alcuni casi ciò possa impedire l’efficienza organizzativa. La convergenza verso una norma burocratica razionalizzata (la “gabbia d’acciaio” di Weber) non sembrava realizzarsi se si guardavano culture diverse. La globalizzazione, la rapida espansione attraverso i confini nazionali ha significato che le singole aziende si sono dovute preoccupare di comprendere le differenze culturali. Nuove tendenze teoriche nelle scienze sociali hanno aiutato a colmare lo scarto tra cultura e struttura, rendendo l’esplorazione della loro reciproca influenza non solo plausibile ma anche appagante. Uno degli approcci che riconosce compenetrazione tra cultura e struttura è il neoistituzionalismo. Considera le organizzazioni non come burocrazie rigidamente integrate mobilitate per perseguire certi scopi, ma come assemblaggi debolmente connessi di persone, strutture e sistemi. Invece di essere strutturate secondo un singolo principio di efficienza, tendono a conformarsi ai propri contesti istituzionali. Data una certa plasticità alla struttura, le organizzazioni e le relazioni organizzative si adattano ai loro contesti istituzionali e li rispecchiano. Questo approccio rende possibile scoprire connessioni tra la cultura nazionale/locale da un lato e la struttura organizzativa dall’altro. In generale, tutte le organizzazioni devono operare in un contesto culturale esterno e la relazione tra organizzazione e contesto non è mai semplice. Molte organizzazioni non possono ignorare il contesto in cui operano, ma lo devono capire. LAVORARE ATTRAVERSO CULTURE Le differenze culturali producono effetti su “come si fanno le cose”. Gli scopi organizzativi implicano la capacità di sincronizzare attivamente le operazioni entro una pluralità di culture. Transazioni del genere implicano il riconoscimento di e la negoziazione con sistemi culturali diversi. Un modo di lavorare in contesti culturali differenti è quello di tener duro sulla missione principale dell’organizzazione ma adattarsi per le questioni minori. Le trappole per le organizzazioni che cercano di gestire la pluralità culturale sono moltissime. Se la cultura implica significati condivisi, allora muoversi in culture diverse richiede la comprensione di diversi sistemi di significato e degli assunti, dei principi e delle sfumature che un particolare oggetto culturale può evocare in questi sistemi. Heginbotham [1975]: la mancanza di coordinamento culturale può minare anche il programma costruito nel modo più razionale. Un oggetto culturale è un portatore di significato, ma essi variano a seconda degli esseri umani che interagiscono con esso. I significati non sono intrinseci ad un oggetto culturale, ma costruiti da quegli esseri umani che interagiscono con l’oggetto. La necessità di stare attenti ai significati multipli e alle sfumature a base culturale conduce a oggetti culturali intangibili quali le parole. Una notevole confusione interculturale deriva dalle traduzioni che, per quanto accurate possano essere, non catturano l’aureola di implicazioni di cui una cultura circonda la parola. Le interpretazioni giuste degli oggetti culturali intangibili possono essere comprese attraverso lo schema del diamante culturale. In una situazione in cui il creatore di un oggetto culturale e il suo ricevente provengono da culture diverse, l’individuo o l’organizzazione devono stare costantemente attenti alla possibilità di diverse costruzioni di senso, perché questi significati non equivalenti possono avere conseguenze significative per la “realizzazione delle cose”. LA CULTURA IN UN MONDO CONNESSO Oggi solo pochi gruppi isolati non sono consapevoli delle loro relazioni con il resto dell’umanità. E anche questi gruppi sono profondamente influenzati da queste relazioni. Persone geograficamente lontane diventano oggetti culturali per altri sconosciuti. Il mondo sta diventando progressivamente interconnesso: si sta dirigendo verso una singola omogenea cultura (McLuhan, “villaggio globale”) ma al contempo una maggiore interconnessione aumenta le differenze tra le società. La globalizzazione sta esercitando contemporaneamente pressioni verso l’unità e verso la frammentazione. TECNOLOGIE E COMUNITÀ CULTURALI - Comunità territoriale: si può localizzare su una mappa, con proprietà spaziali, ha un nome e dei simboli ad essa associati, è un oggetto culturale per i suoi residenti ma anche per i molti che non vi risiedono - Comunità relazionale: è un’entità formata da persone legate insieme da reti di comunicazione, i suoi membri possono essere dispersi geograficamente e non conoscersi, ma costituiscono una collettività significativa, autocosciente Nel passato vi era una considerevole sovrapposizione tra queste due comunità. Ma in una società progressivamente mobile e altamente differenziata, c’è sempre meno identità. I membri di entrambi i tipi di comunità sono uniti dalla cultura. Non significa che tutti i membri di una comunità condividano una stessa coscienza collettiva indifferenziata, ma significa che complessi non irrilevanti di significati condivisi sono riconosciuti dai membri di ogni comunità. La cultura può tenere insieme una comunità per secoli, anche quando le forze sociali hanno disperso o soppresso i suoi membri. Oggi siamo nel cuore di una grande rivoluzione culturale: la crescita esplosiva delle comunicazioni elettroniche a livello globale, che va ad influenzare la stessa natura del pensiero umano. Questa è la terza rivoluzione culturale. Le culture orali. Per la maggior parte della sua storia, l’umanità è vissuta in una cultura rigorosamente orale, in cui la comunicazione dipendeva da interazioni faccia a faccia. Le culture orali sono caratterizzate dalla diffusione di un sapere ampiamente condiviso per tutta la comunità, richiedono operazioni di memorizzazione da parte di alcuni specialisti, che agiscono da depositari, ma la maggior parte del sapere è conservato in comune e continuamente ripetuto. Sono caratterizzate da un grande uso dei proverbi e dal fiorire della poesia epica, i vocaboli tendevano al concreto, erano sofisticati dove c’era bisogno: non esistevano dizionari per immagazzinare le parole, quindi quelle usate poco venivano dimenticate, la storia era modificata per servire a scopi attuali. Avevano un ordine sociale su piccola scala, indifferenziato, in cui la gente pensa, fa e crede in gran parte le stesse cose. La sovrapposizione della coscienza di un individuo e quella collettiva è quasi totale. Sono piene di magia, incantate da forze misteriose e da spiriti. I confini tra reale e irreale sono facilmente superati. L’alfabetizzazione. Diversi sistemi di scrittura non fonetica erano già sorti nel mondo antico, erano sistemi estremamente complessi perché la popolazione alfabetizzata doveva conoscere migliaia di segni per avere una capacità di lettura adeguata al vocabolario parlato: solo un gruppo molto ristretto di specialisti sapeva leggere. Gli alfabeti fonetici, in cui i caratteri rappresentano suoni invece che parole o concetti, sono più semplici da imparare. Ciò ha incoraggiato l’adozione diffusa della scrittura e rese possibile un’ampia partecipazione alla cultura scritta. L’alfabetizzazione su larga scala distingue le società moderne da quelle premoderne. La seconda rivoluzione della comunicazione arrivò con la stampa a caratteri mobili di Gutenberg nel quindicesimo secolo, rendendo possibile la comunicazione scritta su una scala vastissima. Il passaggio dal manoscritto alla cultura stampata democratizzò la conoscenza dell’alfabeto in Occidente e permise la trasmissione e la comparazione del sapere. La conoscenza dell’alfabeto divenne molto più diffusa come conseguenza della stampa. Goody e Watt [1963] identificano due conseguenze intellettuali dell’alfabetizzazione: 1) Separazione della storia dal mito 2) Crescente individualismo basato sul sapere altamente specializzato Questi i cambiamenti cognitivi prodotti dall’alfabetizzazione popolare, che influenzano chiunque in una società letterata. La scrittura e l’alfabetizzazione furono un mezzo per le comunità relazionali di sviluppare e conservare il loro senso di comunanza. In più, la stampa consentì a tutti di diventare membri di più comunità relazionali. Anderson [1991]: la stampa ha fatto nascere la comunità territoriale dello stato- nazione. La coscienza nazionale è emersa in Europa occidentale a partire dalla diffusione nel diciassettesimo secolo delle lingue vernacolari in forma stampata, che soppiantarono il precedente uso del latino come lingua comune. Diventava possibile farsi un’opinione su altra gente, sconosciuta, che condivideva gli stessi oggetti culturali. Dato che le lingue vernacolari erano territorialmente radicate, la nazione assunse specificità territoriale oltre che linguistica. I media elettronici. Le comunicazioni elettroniche furono la terza grande rivoluzione delle comunicazioni umane che segna il passaggio dall’era moderna all’era postmoderna. Condividono uno stesso insieme di attributi: 1) Mettono in relazione persone situate in luoghi distanti in tempo reale. Possono raggiungere molte più persone della stampa. 2) Permettono l’espressione diretta di idee ed emozioni, rendendo possibile un’immediatezza ed una intimità che si erano avute in precedenza solo con la comunicazione faccia a faccia. Meyrowitz [1985]: la possibilità di un’immediata ed intima comunicazione ha mandato in pezzi antiche barriere sociali. 3) Democratizzano l’accesso culturale in termini spaziali e temporali 4) Democratizzano l’accesso culturale fondato sull’istruzione. Molte forme di comunicazione richiedono ben poche abilità tecniche, qualunque persona competente può padroneggiarli e usarli. L’effetto di democratizzazione dei media ha avuto effetti sociali. La stampa tende a segmentare il pubblico. La televisione, in virtù delle minime competenze tecniche e degli sforzi limitati richiesti per decodificare i suoi significati, così come del suo accesso virtualmente universale, tende ad essere vista da pubblici immensi, dispersi, indifferenziati: potrebbe segmentare il pubblico in culture di gusto distinte, ma questo effetto non sembra essersi prodotto. L’IMPATTO CULTURALE DI INTERNET Anche se internet è rivoluzionario in termini tecnologici, non sembra essere necessariamente rivoluzionario in termini di cultura. In diverse aree, internet non ha cambiato le pratiche culturali, bensì le ha solo riprodotte su scala maggiore. Tuttavia, in molti paesi l’uso di internet è cosa recente e l’immagine complessiva è molto varia. “The Internet in Everyday Life” Wellman & Haythornthwaite [2002]: - Aumento dell’accesso. Più persone navigano online. La distinzione digitale tra membri più e meno ricchi nei paesi occidentali sta svanendo, anche se a livello globale c’è ancora una considerevole differenza. - Questionario, quantitativa - Intervista in profondità, qualitativa, prevede domane preparate ma lascia libero l’intervistato, quindi non è strutturata; da preferire quando il tema indagato è poco conosciuto ma si parte da un’ipotesi di ricerca; l’interscambio tra il ricercatore e l’intervistato è produttore di conoscenza perché permette di cogliere le specificità dei punti di vista dato che le domande vengono poste in modo diverso ai diversi intervistati; metodo induttivo - Osservazione partecipante: nasce nel 1922 con Malinowski che esplicita la necessità di afferrare il punto di vista degli indigeni, che non sono popolazioni primitive e immature ma hanno una propria cultura, va solo ascoltato il loro punto di vista per capirla; consiste nel cercare di mescolarsi, partecipare ai riti spogliandosi del proprio punto di vista, è l’inserimento di chi conduce la ricerca all’interno di un gruppo sociale, rapportandosi con i membri del gruppo; questo consente di descrivere fatti, luoghi ed individui, di interpretare, di fornire il punto di vista di ciascuno dei soggetti che emergono dalle attività quotidiane del grppo - Focus group: rileva informazioni dall’interazione fra gruppi di persone in di presenza una persona che faccia da moderatore fra i gruppi; ci si focalizza su un argomento da indagare in profondità - Analisi dei documenti: analizza gli oggetti culturali raccogliendo una serie di documenti (artefatti, statistiche, documenti) considerati i luoghi in cui i processi sociali si sono costituiti, trasformati e oggettivati; è uno studio dal basso, quindi all’interno del punto di vista coinvolto La ricerca avviene secondo delle fasi: 1) Formulazione del problema di indagine 2) Concettualizzazione del problema (analisi della letteratura) 3) Progettazione e costruzione della base empirica (scelta del target e del metodo) 4) Trattamento, elaborazione e analisi della base 5) Esposizione dei risultati della ricerca Esiste anche un altro metodo di ricerca, la ricerca g-sensitive: si basa sul confronto tra uomini e donne, cercando di leggere e interpretare similitudini e differenze tra i generi; fa riferimento alla distinzione fra sesso (biologico) e genere (culturale); studia come si costruiscono i ruoli maschili e femminili, ruoli che sono interdefiniti LA RETORICA Nasce nel 465 a. C. a Siracusa, dopo la tirannia, con Empedocle di Agrigento, a partire dalle arringhe in tribunale per la restituzione dei beni confiscati. Si divide in quattro fasi: 1) Inventio: cosa voglio dire? 2) Dispositio: do un ordine alle cose 3) Elocutio: abbellisco il discorso 4) Actio: pronuncio il discorso accompagnandolo ai gesti INDUSTRIA CULTURALE ITALIANA: IL CINEMA - Neorealismo (1943-55): inizia in letteratura con “Gli indifferenti” di Moravia (1929), “Gente in Aspromonte” di Alvaro (1931) e “Fontamara” di Silone (1933); il termine “neorealismo” viene coniato nel 1943 e del movimento facevano parte autori quali Pavese, Fenoglio, Brancati, Calvino, Levi, Rigoni Stern, Cassola; la poetica del neorealismo mirava a superare sia la propaganda del regime, sia l’intimismo e voleva raccontare la vita reale ma con sentimento (guerra, povertà, passioni, cultura popolare), nascono così nuovi protagonisti del racconto ed un nuovo stile narrativo; nel cinema segna una rottura sia con la produzione del periodo fascista sia con quella dei “telefoni bianchi” (hollywoodiana), nonostante ciò tra il 1945 e il 1953 su 822 film prodotti in Italia, solo il 31,5% è di stampo neorealista; tuttavia alcuni film vinsero l’Oscar: “Sciuscià” e “Ladri di biciclette” di De Sica (1946-48), ma ebbero scarso successo di pubblico, che continuava a preferire prodotti statunitensi e di evasione, l’unica eccezione fu “Roma città aperta” di Rossellini (1945) “Roma città aperta”: è ispirato a fatti realmente accaduti e ambientato nel 1943 dopo l’armistizio di Cassibile; gli Alleati sono sbarcati ma non sono ancora arrivati a Roma, dove è attiva la resistenza; la figura di don Pietro racchiude in sé altre due figure: don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo, mentre la morte del personaggio Pina commemora in realtà Teresa Gullace, uccisa dai soldati nazisti mentre tentava di parlare al marito prigioniero Luchino Visconti: regista teatrale, cinematografico, sceneggiatore e musicista, considerato uno dei padri del neorealismo; appartiene a una delle più importanti e ricche famiglie d’Europa (Visconti); si iscrive al partito comunista, nel 1956 manifesta contro l’occupazione sovietica dell’Ungheria; vive a Villa Erba, casa molto amata e particolarmente legata all’infanzia del Visconti; le sue produzioni principali sono:  Ossessione (1943)  La terra trema (1948): ispirato a “I Malavoglia” di Verga, è il primo film interamente in dialetto e identifica il Sud come terra di autenticità  Bellissima (1951)  Rocco e i suoi fratelli (1960): riprende i temi di “La terra trema”, è un film sull’emigrazione interna e racconta la storia di una famiglia lucana emigrata a Milano; Visconti dichiara esplicitamente che l’emigrazione dal Sud al Nord è una tragica perdita di cultura  Il Gattopardo (1963): ispirato all’omonimo libro di Tommaso di Lampedusa del 1958, “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” (tutto deve cambiare affinché tutto resti come prima)  La caduta degli dei (1969)  Morte a Venezia (1971): ispirato all’omonimo libro di Thomas Mann del 1912, rappresenta il passaggio di Visconti al decadentismo  L’innocente (1976): ispirato all’omonimo libro di Gabriele D’Annunzio del 1892 - Commedia all’italiana: stessi elementi e a volte stessi registi e attori del neorealismo ma in un’ottica edulcorata, gli attori sono i protagonisti (Totò, De Filippo, Chiari, Mastroiani, Sordi, Tognazzi, Manfredi, Gassman, Lollobrigida, Loren); nel 1951 inizia la serie “Peppone e Don Camillo”, con Fernandel e Gino Cervi, che offre una visione rassicurante dello scontro politico tra comunisti e democristiani; nel 1953 inizia “Pane, amore e fantasia” con Gina Lollobrigida e Vittorio De Sica, che mette in scena un carabiniere del nord in un villaggio del sud, con annessi stereotipi - Negli anni ’60 la rinascita: “Il sorpasso” (Risi 1962) con Gassman e Spaak, “Per un pugno di dollari” (Leone 1964); i grandi autori: Fellini, Visconti, Antonioni, Pasolini o Federico Fellini (1920-1993):  I vitelloni (1953)  La strada (1954)  Le notti di Cabiria (1956)  La dolce vita (1959), con Marcello Mastroiani e Anita Eckberg  Giulietta degli spiriti (1965)  Amarcord (1973) o Michelangelo Antonioni (1912-2007):  L’avventura (1959)  La notte (1960)  L’eclisse (1961)  Deserto rosso (1964)  Blow up (1966) o Pier Paolo Pasolini (1922-1975): poeta, scrittore, regista e giornalista di cultura; provocatore, critico nei confronti della borghesia, dei consumi, del ’68 (primo articolo scritto “Contro i capelli lunghi”); assassinato nel 1975; si iscrisse al partito comunista, da cui fu espulso poi nel 1949 per il suo carattere eccessivamente critico; produzione cinematografica:  L’Accattone (1961): il protagonista è Vittorio Cataldi, sottoproletario; film neorealista in cui la realtà non viene mitizzata per non evidenziare un’ideologia rispetto ad un’altra, bensì per evidenziare la dimensione umana presente anche negli aspetti più degradati, mantenendo sempre uno stile poetico (la colonna sonora è “Passione secondo Matteo” di Bach)  Mamma Roma (1962)  Il Vangelo secondo Matteo (1964)  Uccellacci e uccellini (1966): con Totò e Ninetto Davoli  Teorema (1968) - Primi anni ’70 continuava la commedia all’italiana con film quali: o “Detenuto in attesa di giudizio” di Nanni Loy (1971) o “Pane e cioccolata” di Brusato (1973) o “Un borghese piccolo piccolo” di Monicelli (1977) o “Ultimo tango a Parigi” e “Novecento) di Bertolucci (1972-75) o “Ci eravamo tanto amati”; “Brutti, sporchi e cattivi”; “Una giornata particolare”; “La famiglia” di Ettore Scala (1974-76-77-87) o “La grande abbuffata”; “L’ultima donna”; “Ciao maschio” di Marco Ferreri (1973-76-77) o “Io sono un autarchico”; “Ecce bombo” di Nanni Moretti (1976-77) Con i fratelli Taviani nasce il cinema politico - Negli anni ’80 è l’apice della crisi del cinema italiano: nel 1955 erano stati venduti 819 mln di biglietti, nel 1977 già scesi a 370 mln ma nel 1981 erano solo 195 mln. La produzione cinematografica in Italia scende sotto i 100 film l’anno
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