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Guias e Dicas
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Impero. Viaggio nell'impero di Roma seguendo una moneta - A. Angela, Resumos de História da Roma Antiga

Immaginate di partire per un viaggio attraverso l'Impero romano. Per compierlo basterà seguire un sesterzio. Soffermandoci sulle persone che via via entrano in possesso della moneta, scopriremo i loro volti, le loro sensazioni, il loro modo di vivere, le loro abitudini, le loro case. Passeremo così dalle mani di un mercante a quelle di uno schiavo, da una prostituta fino all'Imperatore.

Tipologia: Resumos

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Baixe Impero. Viaggio nell'impero di Roma seguendo una moneta - A. Angela e outras Resumos em PDF para História da Roma Antiga, somente na Docsity! VIAGGIO NELL’IMPERO DI ROMA SEGUENDO UNA MONETA di Alberto Angela L’Impero Romano all’età di Traiano ha raggiunto la sua massima estensione (primi anni dopo Cristo). Il libro è il racconto di un grande viaggio, seguendo una moneta, in tutto l’Impero, incontrando persone di ogni regione, stili di vita, usanze. L’impero era caratterizzato da un’unica moneta, il ​sesterzio, ​ed era caratterizzato da un continuo scambio di prodotti e alimenti. Il viaggio è immaginario ma quasi tutti i personaggi di cui si parla sono realmente esistiti, grazie ai racconti degli storici, i frutti di continue ricerche su stele tombali, iscrizioni e testi antichi. Di alcuni si conoscono anche i volti, grazie ai ritratti ritrovati dagli archeologi. L’idea di fondo è quella è quella di dare un’idea il più possibile veritiera dell’epoca, della gente, di luoghi. Stile molto narrativo ma ogni racconto è stato studiato nei dettagli da fonti e documentazioni archeologica per essere descritto nel modo più dettagliato possibile. Lo scopo è immergersi nella realtàirealtà di quei tempi, nella vita quotidiana. Il viaggio dura tra anni e si conclude nel 117 d.C. L’impero Romano è stato un esempio di prima grande globalizzazione della storia: era in uso un’unica moneta, un’unica lingua ufficiale (unita al Greco in Oriente), quasi tutti sapevano leggere, scrivere e far di conto, c’era uno stesso corpo di leggi e una libera circolazione di merci. Sulle strade trovavi autogrill o motel, affittare mezzi per spostarsi da un posto all’altro; c’erano problemi simili ai nostri come l’aumento di divorzi, il crollo delle nascite, la congestione del sistema giudiziario per il numero eccessivo di processi, scandali per chi rubava i soldi pubblici, disboscamenti intensi, cementificazione di alcuni tratti costieri per la costruzione di ville, ecc. C’era anche la guerra nelle terre in cui ora si trova l’Iraq (Mesopotamia). Colpisce questa incredibile “modernità” di una società dell’antichità. L’imperatore esistente in questi anni di viaggio è Traiano, colui che ha portato l’Impero Romano alla sua massima estensione, donandogli ricchezza, prosperità e un benessere mai più conosciuti nella storia. ROMA Riti magici Storia di una donna che è alla ricerca di una maga per dare inizio ad un rito affinchè suo marito possa morire. E’ un uomo violento, sposato per il volere dei genitori, lei ha un amante con cui vuole stare. La donna ha portato con sé le unghie e i capelli 1 del marito che la maga usa per creare un impasto con la farina e creare una statuina a sua somiglianza. La strega usa un intruglio messo a bollire che prende il nome di caccabus​, strumento delle donne del popolo che usano per preparare sia cure a base di vegetali che fatture e malefici. La caccabus sarà per molto tempo associata alle streghe. Sono donne anziane, brutte, povere che approfittano della disperazione e credulità della gente. La statuina viene riposta (dopo una serie di formule magiche) a testa in giù dentro un contenitore cilindrico di piombo, messo a sua volta dentro altri due. Questa Matrioska viene sigillata con della cera e sull’esterno la maga incide con un coltello formule e figure sacre del male. Una volta pronto la donna deve portarlo alla fonte Anna Perenna​, divinità che si occupa dello scorrere dell’anno e del suo continuo rinnovarsi. Infatti l’augurio che si sente spesso tra i romani è “Annare perennereque commode” (trascorri un ottimo anno da capo a coda), pronunciato spesso a Capodanno, il 15 Marco (Idi di Marzo). Il tipico Capodanno romani è fatto di banchettamenti, canti, balli e sesso. Le coppie si sdraiavano sull’erba o si riparano sotto le tende improvvisate. La fonte è stata rinvenuta durante la costruzione di un parcheggio sotterraneo e sono riemersi molti oggetti lanciati in acqua come offerte. Ad esempio molte uova (simbolo di fertilità), pigne (fertilità o castità) e oggetti magici tipici di sortilegi. Dagli scavi è emerso un caccabus, delle monete (si lanciavano nella fontana anche nell’antichità) e delle lucerne (essendo i riti notturni occorrevano per poterci vedere). Nel fondo della fontana sono stati ritrovati piccoli fogli di piombo su cui sono incise delle maledizioni (poste, si presume, sulle statuine realizzate dalle streghe) e anche delle statuine che si sono conservate perché, una volta adagiate nel fondo, sprofondavano in uno strato di argilla che, privo di ossigeno, ha impedito ai batteri di agire e dissolverle nei secoli. Tutti i contenitori sono di piombo e sempre 3 (simbolo magico). Nasce il sesterzio Della produzione delle monete, nella zecca, se ne occupavano gli schiavi. Le monete realizzate sono: - aureo (moneta d’oro) - i denari ( monete d’argento) - sesterzi (monete di bronzo) - dupondi (monete di bronzo) - assi (monete di rame) - semissi (monete di rame). Per produrre un sesterzio occorre, prima, creare delle barre di bronzo nelle fonderie. All’inizio il bronzo è un liquido denso e ustionante che viene versato nello stampo di argilla refrattaria. Una volta raffreddate le barre di bronzo si tagliano a fette con degli scalpelli e poi sagomarle per dare una forma il più tondo possibile. La si peserà con 2 CONTRATTO DI ACQUISTO DI SCHIAVI: esistono diversi tipi di schiavi. I più istruiti avevano la possibilità di acquistare, sotto di loro, altri aiutanti. Una sorta di gerarchia. Il tutto registrato con documenti precisi. Il viaggio della turma prosegue fino a Vindolanda, uno dei forti più estremi del sistema difensivo romani (Il vallo di Adriano). Qui scoppiano spesso scontri con le tribù d’oltre confine, che popolano l’attuale Scozia. I soldati sostano in una piccola città dove si sta svolgendo un rito di purificazione: è stata preparata una grande catasta di legno, viene acceso da giovani a torso nudo (nonostante il freddo), pieni di tatuaggi. Tutti hanno fiaccole accese ad illuminare la notte. E’ un rito per la fertilità della vita. Il forte di Vindolanda sembra una piccola città di militare piena di vita. Ha una pianta quadrata con due torri che troneggiano. Il forte non è occupato da legionari romani, ma da soldati delle diverse etnie conquistate dai romani nelle generazioni precedenti. A questi popoli viene chiesto di inviare soldati che affiancheranno i legionari romani. Al loro comando viene messo un nobile della loro gente. Sono reparti molto uniti dal punto di vista culturale e linguistico ma che combattono per la causa di Roma. E si sacrificano, perché occupano sempre le prime file negli schieramenti di battaglia. Il premio per questi soldati è un pezzo di terra, il permesso di ufficializzare l’unione con la propria donna (ed eventuali figli) e la cittadinanza romana, la più ambita. In questo paese sono stati ritrovati tantissimi reperti di calzature, lettere, pettini, stoviglie. Curioso il sistema di piegare le lettere: non esistevano le buste, na le tavolette cartoncino venivano messe in fila come tessere del domino, legate con un cordino e dei fiori. Sulla prima pagina si scriveva il nome del destinatario. Queste lettere si sono conservate per secoli grazie al terreno bagnato e privo di ossigeno, a 6/8 metri di profondità. PARIGI La moneta ha ripreso il viaggio perché persa dal decurione alle terme e recuperata da un mercante di vino, che è impegnato in un viaggio commerciale. Viaggiano sotto la pioggia e vediamo come a quei tempi si riparassero con gli impermeabili, con grossi cappucci a punta, realizzati con di cuoio reso impermeabile dal grasso. Esistevano anche gli ombrelli, sebbene nati inizialmente per proteggersi dal sole. Il nome deriva da umbrella, umbra. Altra importante invenzione che abbiamo ereditato dai romani sono le strade. ​Sono il monumento più duraturo, costruite per scopi militari (per consentire ai legionari di raggiungere velocemente le varie parti dell’Impero), ma usate anche per altri scopi, ad esempio economici e culturali. Grazie alle strade è stato possibile raggiungere la 5 globalizzazione della storia da parte dei Romani (per lingua, moneta, leggi, usi e costumi). Per costruire una strada si creava un fossato, largo 4 /6 metri e profondo anche 2. Si riempie, poi, di strati di pietra fino ad arrivare in superficie con uno strato di ghiaia mista ad argilla (che deve provenire da altro luogo). Infine il tutto è ricoperto da uno strato di grosse pietre disposte a scaglie di tartaruga e che formano il manto stradale. Vengono disposti in modo che la strada risulti bombata per far affluire l’acqua piovana. Le strade romane erano costeggiate dai marciapiedi dove era più facile camminare senza scivolare sulle lastre della strada. Altri dettagli: i marciapiedi erano dotati di massi di pietra per agevolare la salita o discesa da cavallo. In pianura erano più alte per far sì che si ritrovassero sotto la neve; in montagna venivano scavate delle rotaie per far in modo che le ruote riuscissero a percorrere le strade senza scivolare. Solo le vie principali avevano lo strato superiore, quelle secondarie erano ricoperte di ghiaia e per questo molto polverose. Parigi era molto piccola, nata sulla riva della Senna, per mano romana, una volta sconfitta la popolazione nomade appartenente ai galli. TREVIRI Città tedesca al confine con Lussemburgo. Città romana, con terme, ponti, anfiteatri, circhi per le corse dei carri. Qui era fondamentale la produzione del vino. Il sesterzio passa nelle mani di un giovane ricco proprietario di vigneti, che sta raggiungendo la sua terra per controllare la produzione di vino. Il vino era molto apprezzato tra i romani e raggiungeva tutte le parti dell’Impero, trasportato in giare nelle navi. La produzione del vino, inizialmente, veniva concessa agli ex soldati delle legioni, alla fine della loro carriera. Successivamente fu concessa anche ai privati che crearono grandi aree di produzione. I vigneti sono formati da filari diversi dai nostri, costituiti da alberi messi in fila indiana i cui tralci sono intrecciati come un fil di ferro e ripiegati fino a formare un 8. In questo modo i grappoli crescevano da entrambi i lati e occupavano meno spazio, per poter piantare più alberi. Sono gli schiavi ad occuparsi della vendemmia, della pigiatura del vino (i calcatores) e dell’imbottigliamento. Il succo d’uva pigiato esce da alcune aperture e cola in una vasca più piccola dove ci sono ceste di vimini che funzionano da filtro, trattenendo bucce e vespe morte. Il succo viene raccolto e versato in piccole anfore che altri schiavi versano in grandi giare di terracotta (dolia), in cui il vino fermenterà. I galli hanno inventato la botte in alternativa alle giare dei romani, adottata poi prontamente. Occorre massimizzare la spremitura degli acini, pertanto, dopo la pigiatura con i piedi, vengono usate anche delle travi che, una volta azionate una vite di legno, preme sugli acini così forte da far uscire altro succo, che viene aggiunto nella dolia. Questo meccanismo è quello del torchio a vite usato fino al XIX secolo. Il vino verrà lasciato a riposare per una decina di giorni, poi si sigilleranno le 6 giare con coperchi di terracotta e inizierà la maturazione, che durerà mesi o anni. Quello che rimane sotto il torchio viene usato per accendere il fuoco nelle case (nulla viene sprecato, riciclaggio ecologico). In queste zone si produceva vino bianco (ai piedi del fiume Mosella) ma gli archeologi hanno ritrovato anche dei noccioli di ciliegia, usati per colorare di rosso il vino; altra usanza era l’uso del miele in modo che gli zuccheri fermentando, ne aumentino la gradazione. Spesso veniva fatto anche affumicare il vino per accelerarne la maturazione. Inoltre gli acini vengono pigiati insieme ai raspi, quindi risultano molto amari: per ovviare questa situazione, il vino veniva conservato in grandi contenitori di piombo o si aggiungeva panetti di piombo per addolcirlo (i romani erano ignari delle conseguenze sulla salute). Lungo la strada di Treviri si trovano diverse tombe: ai tempi non erano costruite ai margini della città, ma direttamente lungo le strade. Sulle lapidi si ritrovano frasi riferite al defunto e a possibili messaggi da lasciare ai vivi. Alcune tombe sono particolarmente imponenti, soprattutto quelle di famiglie nobili. Il nostro sesterzio finisce nelle mani di una cameriera che preparara del vino freddo (usa del ghiaccio inserito in un colino di bronzo e ci versa sopra il vino che si raffredda al contatto) e finisce come resto di un soldato (ha la barba, come era consuetudine tra i soldati che avevano poco tempo per radersi). E’ stato chiamato alla frontiera dell’Impero, lungo il Reno. I legionari sono agili e veloci nei loro spostamenti, sono abituati a percorrere tanti chilometri con peso notevole sulle spalle (trasportano le loro armi e tutti gli attrezzi che occorrono per sopravvivere nell’accampamento). Questo perché ognuno, una volta arrivato a destinazione, deve essere pronto per montare la tenda e tutto l’accampamento ad una velocità incredibile. Prima di tutto si costruisce una trincea tutta intorno lunga tre chilometri, poi si montano le tende. Questa rapidità è frutto di esercizio, anche in tempo di pace i legionari sono abituati a questo tipo di esercitazioni. Sono professionisti, al contrario degli eserciti dei barbari che puntano tutto sulla forza fisica e poco sull’organizzazione. I legionari sanno come disporsi in battaglia e dove colpire il corpo del nemico. Non è facile diventare un legionario, c’è grande selezione. L’addestramento è durissimo quasi peggio della guerra stessa. OLTRE IL RENO Il centurione si trova, ora, a Mogontiacum, sulle rive del Reno. Le grandi città dell’Impero si trovano sempre lungo i fiumi perché rappresentano gli aeroporti dell’antichità, con tutto il commercio di navi. I romani hanno due tipi di flotte: quelle marine e quelle fluviali, non meno importanti. Il Reno e il Danubio non sono solo strategici per il commercio, ma fungono anche come frontiera. Le frontiere romane 7 Il sesterzio, ora, si trova nelle mani di cliente di una locanda, che sta trascorrendo del tempo in compagnia di un amico. Notiamo che spesso i romani scambiano tra di loro barzellette e racconti divertenti. Conosciamo queste barzellette grazie al Philogelos (“Amico della risata”), raccolta umoristica di barzellette scritte in greco, compilata attorno al V secolo d.C. Le barzellette sono state raccolte per categorie e personaggi bersagli del sarcasmo: abitanti considerati poco svegli di alcune cittadine (Cuma, Sidone, Abdera), ad alcuni personaggi con grossi difetti di carattere (il burbero, l’avaro, il vigliacco, l’invidioso, quello con l’alito cattivo, ecc). A Modena, nel frattempo, troviamo un soldato (che ha ricevuto il sesterzio dopo essere stato cliente della locanda) che è ospite di un banchetto a casa di un amico. Notiamo come sono le pratiche del corteggiamento: l’ufficiale è particolarmente attratto dalla moglie del padrone di casa. Non è una novità, anzi lo stesso Ovidio descrive dettagliatamente come bisognerebbe “corteggiare” senza essere scoperti, con gioco di sguardi, sfioramenti, per poi arrivare al vero e proprio contatto fisico. Per secoli i romani hanno considerato l’adulterio a senso unico: la relazione sessuale tra una donna sposata e un uomo estraneo alla famiglia. L’uomo era libero di avere rapporti con chi volesse, anche con le schiave presenti in casa. Fino ad Augusto un marito tradito poteva farsi giustizia da solo, uccidendo la moglie. L’amante rischiava la morte ma, spesso, la castrazione. Augusto cercava di riportare in auge i valori morali, riducendo le relazioni extraconiugali. L’adulterio divenne un reato pubblico: la legge imponeva al marito di ripudiare la moglie e chiedere il divorzio, la donna colpevole perdeva metà della sua dote e veniva rilegata in esilio. Inoltre non poteva più contrarre matrimonio e vestire con la toga bruna riservata alle prostitute. Anche l’amante dell’adultera perdeva i suoi beni e rilegato in un’altra isola. La legge prevedeva anche l’uccisione di entrambi se colti in flagrante (solo per mane del parte del padre della donna): fondamentale era che venissero uccisi entrambi, se fosse stato ucciso solo uno, in quel caso si sarebbe trattato di omicidio. Il marito poteva uccidere l’amante solo se li avesse sorpresi a casa propria e se l’amante fosse stato di ceto sociale inferiore. Gli amanti delle donne (come il caso della moglie del padrone di casa che sta intrattenendo un banchetto a casa propria) erano principalmente ospiti del marito; le donne avevano poche occasioni per creare amicizie fuori da casa. Un’altra categoria di amanti è quella degli schiavi, sempre reperibili in casa e, soprattutto, obbligati al silenzio. Sebbene in età severiana si fossero inasprite le pene per adulterio, notiamo come i casi di adulterio diminuirono anche grazie alla facilità dei divorzi. RIMINI L’ufficiale esce dalla villa (ha consumato con la moglie del padrone di casa, ne è soddisfatto, ma è pronto a partire). Riceve il proprio cavallo preparato dallo schiavo 10 di casa, per questo servizio non richiesto, lo ripaga con il nostro sesterzio. Lo schiavo si chiama Lusius e sarà impegnato ad accompagnare una coppia di schiavi e il loro bambino, che soffre di un brutto tumore alla testa, da un chirurgo famoso di Rimini, amico del loro padrone. Non tutti i padroni sono severi con i propri schiavi, molti li trattano con rispetto e si sentono responsabili delle loro vite, come il padrone di questi schiavi che si è offerto di pagare il viaggio e l’operazione del loro bambino. Al contrario dei padroni dei genitori di Lusius che lo avevano venduto subito dopo la nascita (gli schiavi non avevano diritti nemmeno sui propri figli). Lungo il cammino Lusius ha modo di osservare la divisione delle terre in tanti quadrati, divisi tra i diversi proprietari. Per delimitare un’area dall’altra veniva usata la ​groma che ha la forma dello scheletro di un ombrellone che, al posto delle stecche, ha una croce di legno orizzontale alle cui estremità pendono dei fili con attacco del piombo. Una volta posizionata la groma, i vari pesi segnavano con precisione gli angoli del terreno da delimitare. Queste terre venivano assegnate soprattutto ai legionari in pensione, come liquidazione. Venivano posizionati soprattutto ai confini ed era un modo per esportare la romanità ai confini con i territori barbari. Durante il viaggio dei nostri schiavi c’è una sosta, dovuta dalle sofferenze del bambino per i suoi mal di testa. Durante la sosta Lusius scende e osserva i dintorni e scorge un piccolo tempietto per le guarigioni. Alle pareti del tempio ci sono tanti ex voto: parti anatomiche e organi di terracotta, pietro o legno che sono stati portati dalle persone che vogliono una grazia oppure che l’hanno ricevuta e vogliono ringraziare gli dei. Il viaggio riprende e abbiamo modo di occuparci del ruolo del medico in epoca romana. Il medico doveva anche essere in grado di effettuare operazioni chirurgiche, avere mano ferma e non bloccarsi di fronte alle urla del paziente (non c’era anestesia totale). I mali più comuni tra i romani era quello del mal di denti, che colpiva principalmente i ricchi perché nella loro alimentazione era più facile trovare cibi dolci. I rimedi spesso erano infruttuosi e la conclusione era l’estrazione del dente. Per questo i resti cranici ci rivelano come la bocca dei romani fosse spesso senza molti denti. Anche per la cataratta venivano usati rimedi con erbe e colliri creati da miscele specifiche. Spesso i colliri venivano realizzati dal medico che sul sigillo scriveva il suo nome (per pubblicità) e anche le istruzioni per l’uso (antenato del bugiardino). L’operazione del bambino riesce (viene sedato con delle erbe) e la famiglia si riposerà a casa di un amico del padrone, prima di riprendere il viaggio verso casa.Gli archeologi hanno ritrovato un teschio di un bambino di 5-6 anni con una deformazione cranica e, su un lato, è visibile una apertura del cranio praticata da un chirurgo. Il bambino è sopravvissuto dalla operazione, ma il tumore lo ha portato via dopo poco. Lusius è contento di questo viaggio che gli ha permesso di vedere il mare per la prima volta (di solito gli schiavi vivevano solo in un posto senza avere la possibilità di 11 viaggiare). Lusius soggiorna in un’umile locanda che paga con il sesterzio, che riprende subito il suo viaggio, passando nelle mani di un soldato, in viaggio verso Sud. TEVERE Il Tevere ha un’importanza sia perché legato alla nascita di Roma (sulle sue sponde la leggenda dice che sono stati trovati Romolo e Remo nella cesta e cresciuti dalla Lupa) ma anche per i grandi scambi commerciali. Seguendo il Tevere era possibile arrivare a Roma. Le chiatte che scorrono sul Tevere principalmente trasportato legname per uso domestico. Queste chiatte faranno un unico viaggio, seguendo la corrente. Non conviene trascinarle controcorrente, sono troppo grosse. Essendo fatte di legno, verranno distrutte e vendute come legname. Ma non tutte le imbarcazioni vengono distrutte al loro arrivo, altre vengono trascinate controcorrente, trainate da buoi o da schiavi. Per questo che lungo le rive non ci sono alberi, tagliati per consentire il passaggio. Le rive del Tevere sono comunque non curate, non ci sono muretti che contengono gli argini e spesso avvengono inondazioni. Inoltre ci sono molte case costruite sul fiume, i cui interni sono visibili dalle barche di passaggio. Il nostro sesterzio è nelle mani di un giovane che viaggia su una barca: lo ha vinto la sera precedente giocando a dadi contro un soldato. ROMA Il giovane, di nome Aulus Hilarius, scende dalla barca dopo aver scaricato la merce, e và in giro per Roma per alcune commissioni per la sorella (recuperare delle spezie e un profumo). Spesso venivano assegnate commissioni da amici e parenti perché non era solito andare a Roma e solo lì si trovava tutto ciò di cui si aveva bisogno e che era difficile da reperire in provincia. Roma è affollatissima, per le strade troviamo gente che cammina a piedi e quelli che vengono trasportati dagli schiavi sulle lettighe (come se ci fossero due livelli di strada). Quando due lettighe si incontrano, gli occupanti si scrutano da lontano e, incrociandosi, si ignorano o, addirittura, tirano la tendina, per indicare la superiorità di ceto. Hilarius decide di fermarsi al lato della strada e di osservare intorno a sé: nella folla vede passare un postino. Nella Roma imperiale non esistono numeri civici, quindi i ​tabellarius​, usano una tavoletta di cera con tutte le indicazioni che si basano sui monumenti che si incontrano (come fossero una sorta di navigatori). Il punto zero da cui si parte per dare indicazioni è il Foro Romano, da cui si parte elencando tutti i monumenti da raggiungere e attraversare per arrivare alla destinazione indicata. I tabellari dell’epoca conosceva bene il territorio quindi non necessitavano di indicazioni particolarmente dettagliate. 12 molta attenzione. La destinazione è il Circo Massimo, grande spazio per gli spettacoli di massa di Roma: corse di cavalli, combattimenti, lotte con le belve, spettacoli teatrali. Il Circo Massimo è circondato da un canale di acqua che tiene separata la pista centrale dagli spettatori (una sicurezza quando ci sono le belve feroci). Sotto gli archi del Circo Massimo ci sono le botteghe che vendono bibite e cibo da consumare duranti gli spettacoli. Si vendono anche cuscini, ombrelli, mantelle per ripararsi dal freddo o dalla pioggia, ecc. Si possono fare affari di ogni tipo (anche di prostituzione). A guardarsi intorno troviamo un uomo dallo sguardo sprezzante che scrive qualcosa sul suo taccuino. E’ il poeta Giovenale caratterizzato dalla sua acidità e pessimismo per l’epoca in cui viveva, guardando con rammarico il tempo passato. I suoi bersagli sono le donne (soprattutto se emancipate e libere), gli omosessuali e poi, successivamente, anche l’imperatore Adriano, per la sua relazione con il bell’Antinoo. Il tutto nelle sue ​Satire. Per entrare al Circo Massimo ci sono molte entrate, per permettere a tutta la folla di defluire. Può contenere minimo 150000 persona, ad oggi nessuno stadio ha questa capienza, forse perchè lo sport non è qualcosa che coinvolge la totalità della popolazione, al contrario del periodo dell’Impero Romano in cui tutti erano attratti dalle corse dei cavalli (più che dalle lotte dei gladiatori al Colosseo). Il nostro uomo con il sesterzio si sta recando in una locanda dove si stanno facendo puntate sulle corse: il gioco di azzardo è qualcosa che esiste da sempre e che coinvolge ricchi o poveri indistintamente. Il Circo Massimo è diviso in gradoni che presentano una vera e propria suddivisione di ceti sociali: in basso gli aristocratici, che arrivano all’ultimo per far vedere la loro entrata trionfale, e gli ultimi gradoni i più poveri. Durante gli spettacoli era facile flirtare. L’immagine che abbiamo noi del Circo Massimo l’abbiamo “ereditata” da dei mosaici ritrovati: coloro che regalavano spettacoli alla collettività tendevano a rappresentare il momento tramite i mosaici che conservavano nelle loro case. L’inizio delle corse è una vera cerimonia che segue un protocollo preciso: iniziano la sfilata ragazzi a cavallo, danzatori, suonatori, gli ​aurigi (coloro che gareggiano) a bordo delle loro quadriglie. Ogni spettatore cerca il proprio beniamino, il tifo è enorme. Il corteo si conclude con l’organizzatore dell’evento che entra in maniera trionfale a chiusura della sfilata. Le corse sono molto pericolose, il rischio di morire cadendo o di essere travolti dai cavalli è alto. I carri sono diversi da quelli rappresentati dai film (come in Ben Hur) perché sono molto più leggeri, con ruote più piccole, più inclinati per rimanere adiacenti al terreno. Gli archeologi non hanno mai ritrovato una biga da corsa perché troppo leggere per resistere e perché dopo le gare venivano smontate o distrutte. Ogni biga appartiene ad una scuderia di cui si riconosce il colore. I cavalli sono di bassa statura perché così erano a quei tempi. Le scuderie hanno diversi cavalli di riserva, il ​morator​, lo stalliere che si occupa di loro e che ne controlla la salute e le 15 buone condizioni. Ogni scuderia ha un ​dominus factionis, ​il padrone (o presidente):è colui che è abituato a gestire i soldi. Un’altra caratteristica delle gare sono le combine​, ovvero di accordi segreti precedenti la gara: chi compra le gare o che compra la sconfitta di una scuderia, aurighi che si vendono o che fingono di vendersi. Tutto questo è noto ma rende ancora più emozionante la gara stessa. Nella gara tutto è permesso: spingere un avversario, farlo schiantare contro un muro, tutto è più emozionante. Nel Circo è possibile ritrovare una serie di marmi pregiati e, ciò che sorprende più di tutti, è un obelisco alto 29 metri, portato dall’Egitto per ordine di Augusto. Come decorazione troviamo anche un baldacchino con delle statue di delfini dorai appaiate che fungono da conta giro. Ad ogni giro verrà fatto girare in modo che un delfino scaricherà dalla bocca una grossa quantità di acqua. Sette delfini corrispondono ai sette giri della gara che devono compiere i corridori. Ci sono diverse gare nell’arco della giornate intervallate da prove di abilità, acrobazie su cavalli, sfide tra vincitori di gare diverse. Una di queste ricorda il nostro triathlon: dopo la corsa a cavallo il fantino doveva proseguire con una corsa a piedi. Altra similitudine con il mondo romano. La gara è sorprendente, avvengono molti incidenti (chiamati ​naufragium ​perché ciò che resta dei carri è spesso simile ad un derelitto) in cui perdono la vita alcuni aurigi. Infine vince l’auriga azzurro che riceve una notevole somma di denaro, ricevuta direttamente dall’organizzatore della gara, in assenza dell’imperatore. Gli aurigi vincitori conducono una vita molto agiata ma sono disprezzati perché sono, solitamente, ex schiavi o comunque gente del popolo arricchita pertanto sempre è rozza e ignorante. Il nostro scommettitore ha vinto perché ha puntato sul cavallo giusto. Mentre esce dal Circo e cammina per strada cede il nostro sesterzio ad un mendicante che lo spende subito per comprare del cibo per la sua famiglia. OSTIA Il mendicante ha speso il suo sesterzio in una bottega che vende pane, formaggio e altri generi alimentari. Il sesterzio finisce nelle mani di uno schiavo che compie commissioni per conto del padrone. Ora è diretto ad Ostia. Lo schiavo proviene dalla Dacia (l’attuale Romania), terra conquistata dall’impero con una lunga lotta. E’ uno dei tanti prigionieri fatti dai romani. Molti erano stati impiegati negli anfiteatri come gladiatori, per far vedere la tempra di questi nemici di Roma. La conquista della Dacia ha portato tanto oro a Roma distruggendo un vero e proprio popolo: alla fine della guerra, tra morti e fughe dal territorio, l’impero si era ritrovato una zona quasi impopolata. Per questo ha dovuto importare colori dall’impero per ripopolare la zona. 16 Molti degli attuali abitanti della Romania discendono dai nostri concittadini e questo si nota nella lingua rumena che ha suoni molto simili alla nostra lingua. Lo schiavo, durante il suo tragitto, assiste ad un arresto dei gestori di un grande forno, responsabili di rapire clienti per venderli come schiavi. Solitamente forestieri che nessuno avrebbe mai cercato lontano da casa. La commissione affidata allo schiavo era di imbucare alcune lettere: i cittadini non potevano usufruire del servizio cursus publicus​, di cui abbiamo parlato, mediante il quale le lettere ufficiali venivano trasportate da corrieri a cavallo in pochissimo tempo. Pertanto il metodo più efficace per tutti gli altri era quello di approfittare dei viaggiatori in partenza a cui si affidavano le lettere da portare a destinazione. Le lettere venivano scritte su fogli di papiro e ripiegate, avvolte da una cordicina a cui veniva applicato un sigillo di cera con sopra un timbro a garanzia che non venisse aperta. L’indirizzo veniva scritto all’esterno, così come il mittente. Per i luoghi oltre mare un altro sistema era recarsi al porto e consegnarla ad un viaggiatore. Nessuno rifiutava di consegnare una lettera, anche perché in questo modo si veniva a conoscenza di un abitante del luogo straniero a cui rivolgersi in caso di bisogno. Lo schiavo arriva ad Ostia (il nome deriva da ostium, bocca) ed è in una posizione particolare, a ridosso della spiaggia, vicino alla foce del Tevere e vicino a delle saline (il sale era un prodotto assai prezioso ai tempi, difficile da reperire). Ostia può considerarsi l’aeroporto della Roma antica poiché giungono merci e persone via nave provenienti da tutto l’Impero.Tutti questi stranieri parlano la loro lingua di origine: nonostante le conquiste dell’Impero non è mai stata imposta la lingua latina. Tutti la conoscono ma continuano a parlare la lingua madre, ciò che si nota è che si riconosce uno straniero anche quando parla in latino, perché usano accenti differenti (come oggi succede quando si parla l’inglese). Il latino non era l’unica lingua ufficiale, perché ad est dell’Impero predominava il greco. Dalle Isole Britanniche all’Adriatico si parla il latino, dall’Adriatico al Medio Oriente il greco. Il greco è considerato la lingua dei colti per questo tutte le famiglie nobili lo facevano studiare ai figli. Anche per i mercanti era conveniente conoscere le lingue: coloro che commerciavano verso est doveva saper leggere e scrivere e parlare il greco, coloro che si recavano ad ovest il latino. Anche per quanto riguarda la religione era garantita la libertà di culto. Gli archeologi hanno ritrovato vari ​mitrei​, templi in cui si venerava Mitra, una divinità proveniente dalla Persia (attuale Iran). Dagli scavi è emersa anche un’antica sinagoga. Questo ci fa capire come Ostia fosse una città varia e multietnica, con lingue e religioni diverse che convivevano senza problemi. Gli abitanti di Ostia, oltre le persone di assaggio, erano armatori, schiavi, operai, scaricatori, artigiani, commercianti, amministrativi che lavoravano negli uffici o nei depositi, addetti ai trasporti, ecc (una piccola Roma). Da alcuni scavi sono emerse delle tombe degli abitanti di Ostia. L’analisi dei denti (che risultano delle vere scatole nere) è emerso che un terzo degli abitanti era nato lontano da Ostia, trasferitosi in città da giovane con la famiglia. La migrazione, quindi, 17 giungere in Occidente, attraversa territori dove si trovano acerrimi nemici dei romani, come i Parri, che fanno da filtro, depredando tutto. L’oro serve anche per pagare le legioni affinché tengano lontani i barbari, serve per pagare l’amministrazione per rendere efficiente lo sterminato Impero e ad alimentare le finanze e il commercio: fa girare completamente l’economia. Per questo che è fondamentale avere grandi miniere d’oro. Oltre quella in Spagna, Traiano avevano appena conquistato la Dacia, ricca di miniere. Il nostro Marcus ha ancora la nostra moneta (spende poco durante questo viaggio, essendo tutto gratuito, in qualità di funzionario). Finalmente lo spende in un fruttivendolo, ma il sesterzio non rimane in questo negozio. Ma viene ceduto al negozio accanto, poiché il negoziante ha chiesto al suo vicino di cambiare dei soldi in monete più piccole. E’ qui che vediamo una particolare usanza: alcune monete sono divise a metà. Questo perché lontano da Roma non è sempre facile ottenere monete di piccolo taglio; essendo il valore delle monete basato sul peso era usanza spezzare le monete a metà per ottenere tagli più piccoli. Da quest’ultimo negozio il sesterzio viene dato come resto ad un assistenze di un aruspice, un sacerdote il cui lavoro è interpretare il volere e i messaggi degli dèi attraverso, ad esempio, le interiora degli animali sacrificati. I due iniziano il loro viaggio che li porterà al sud della Francia. PROVENZA L’aurispice deve raggiungere la Provenza dove lo attende un altro aurispice per la costruzione di un tempio. Prima di iniziare a costruirlo i sacrifici sono fondamentali. Arrivati ad Arles devono fermarsi in attesa che il ponte che si trova sopra il Rodano si sollevi permettendo il passaggio di una nave. Notiamo come anche in questo periodo esistono i ponti levatoi sopra i fiumi: la parte più vicina alla costa è in muratura, poi diventa di legno e si appoggia su due barche (con la prua rivolta verso la corrente). Nel punto di contatto tra i due segmenti c’è un bell’arco in muratura, dai due pilastri dell’arco passano delle catene che permettono di sollevarlo. E’ ad Arles che il sesterzio passa nelle mani di un venditore di animali (i due hanno acquistato un animale per il sacrificio imminente) che lo dà subito al suo padrone, un uomo ricco della città, Quintus Domitius (la lapide spezzata ritrovata nella sua casa non ci consente di conoscere il suo nome per intero) che è appena stato eletto come funzionario della città. Si sta preparando ad un viaggio con la moglie, per giungere ad una inaugurazione di un grande acquedotto, rimesso in funzione dopo lavori di manutenzione. I due viaggiano in carrozza, dotata di cabina con finestre, grandi ruote e due cocchieri armati. Anche dalle briglie dei cavalli partono delle lunghe lance, probabilmente per farsi strada durante il percorso nei boschi, o per prevenire eventuali trappole. Durante i viaggi, essere assaliti dai briganti era assai frequente. Esattamente quello che accade ai nostri viaggiatori. Fortunatamente uno dei 20 servitori, fermatosi prima per propri bisogni personali, vedendo la scena era riuscito a dare l’allarme e a chiamare i soldati che riescono, così, a sventare l’assalto uccidendo due briganti e imprigionando gli altri, tra cui il capo. I briganti non erano professionisti, ma spesso gente del popolo molto povera. Spesso questi briganti prendevano accordi con le forze dell’ordine che si facevano comprare o con fattori con cui dividevano i prodotti dei latifondi a danni del padrone. Solo una brigante del III sec a. C, Bulla Felix, lo faceva di professione. Durante gli assalti non rubava solo una parte del bottino, che poi divideva in parti uguali, come una sorta di Robin Hood. Una caratteristica dei briganti è che non uccidono mai le loro vittime né attaccano persone molto influenti, come in questo caso. E’ stato un errore pagato a caro prezzo. Il capo dei banditi verrà poi giustiziato durante uno spettacolo di lotta contro le belve feroci. Altro problema durante i viaggi, oltre gli assalti dei banditi, erano i rapimenti. Lo scopo principale era ridurre i rapiti in schiavitù, in un periodo storico in cui gli schiavi occorrevano per i lavori più duri e che morivano spesso per le condizioni atroci in cui venivano fatti vivere. Le vittime preferite dei rapimenti erano i bambini che spesso non sapevano dire la loro provenienza. Quintius e la moglie arrivano a destinazione per l’inaugurazione. L’acquedotto è una vera e propria opera di ingegneria. Lungo 350 metri e alto 48. Ci sono tre livelli di archi che servono ad alleggerire la struttura. L’ultima serie di archi, in alto, serve anche a diminuire la superficie esposta al vento. Il segreto per far scorrere l’acqua era mantenere un’inclinazione di 25 cm per ogni chilometro per circa 50 km (distanza dalle sorgenti alla città). Durante la cerimonia Quintus perde il suo sesterzio che viene raccolto da un bambino che lo consegna al suo papà, commerciante di garum, che domani dovrà partire per Massalia (attuale Marsiglia) per occuparsi dell’arrivo di una nave che trasporta la costosa salsa. Il commerciante arriva al porto e dovrà aspettare ben due giorni l’arrivo della nave. La strada che percorre per arrivarci era stata al centro di un grande scandalo di corruzioni e tangenti da parte di Marcus Fonteius, pretore della Gallia, che si fece difendere da Cicerone dall’accusa di corruzione per soldi presi per lavori pubblici mai effettuati, ecc. Il nostro commerciante, Eutychius, paga con il nostro sesterzio che finisce nelle mani del mercante che viaggia sulla nave. Viene da Pozzuoli e tornerà presto a casa. BAIA L’arrivo nel Golfo di Napoli è sempre spettacolare: Ischia e Procida a sinistra, Capri e la Penisola sorrentina a destra. A quei tempi il Vesuvio non è ben visibile perché non ha le dimensioni di oggi: dopo l’eruzione devastante che distrusse Pompei circa 40 anni prima, cambiò forma fino a raggiungere le dimensioni di oggi. Napoli è ancora di piccole dimensioni ma l’edilizia ha preso piede: lungo la costa, a ridosso 21 sul mare, troviamo tantissime ville sontuose. In molte di queste ville si allevano ostriche da servire come piatto di lusso. Le ville servono per l’ozio ma anche devono anche essere frutto di guadagno. La costa è ricca di città che riassumono le caratteristiche dell’Impero: c’è Baia, località di mare ricca di ville e di divertimenti, Napoli, città di cultura con gare di poeti e musicisti, Miseno, sede di una delle flotte imperiali, Pozzuoli, città e porto commerciale. Il commerciante arriva a terra e la bacia (come segno di ringraziamento per il viaggio in mare senza pericoli. Torna a casa dalla moglie e i figli: la moglie è rilassata su un divano con un cane in braccio (tipico delle aristocratiche, sinonimo di fedeltà), i figli sono con le schiave che se ne occupano durante il giorno. Sta organizzando un banchetto con gli amici e si occupa dei particolari insieme ai suoi schiavi. La casa è sontuosa, ricca di mosaici (il più imponente rappresenta un viaggio in mare rappresentante la vita del padrone di casa e la fonte della sua ricchezza: il commercio); nelle case romane i mobili scarseggiano, questo per dare più visione alle statue e mosaici delle stanze. La preparazione al banchetto dura diverse ore, tutto deve essere perfetto: la moglie si prepara con l’aiuto delle sue schiave che la aiutano con creme per la pelle e acconciatura delle parrucche (molto in voga tra le aristocratiche), la cucina è in fermento per la preparazione del cibo (usanza era creare delle forme di animali usando carne di altro tipo, come sorpresa per gli ospiti) ricca di aromi e profumi. Oltre la carne di cinghiale, lumache, fenicotteri, pavoni e orate ci sarà il piatto forte: le ostriche. I prodotti di mare non devono mai mancare in un banchetto perché ritenuti dei veri tesori. Gli ospiti arrivano, sono 9, numero perfetto per i banchetti romani. I vestiti sono sontuosi; ciò che colpisce sono i gioielli indossati: molti sono gli anelli che potevano essere indossati su tutte le dita (anche dei piedi) escluso il medio, per ragioni magiche. Il padrone di casa deve preparare degli spettacoli per intrattenere i suoi ospiti: uno spettacolo di danza di ballerine che si muovono sinuosamente al suono delle nacchere. Indossano abiti molto sottili e leggeri che verranno tolti durante la danza. Dopo il ballo compare il giullare che intrattiene gli ospiti con battute comiche. I banchetti durano diverse ore, dalle tre del pomeriggio fino alla sera. MEDITERRANEO Il sesterzio passa nelle mani di un marinaio che lo ha ricevuto dopo averlo rubato dal nostro commerciante di Pozzuoli durante un pomeriggio alle terme. Il marinaio è pronto a salpare con la nave: a quei tempi non esistevano navi per soli passeggeri, quindi chi aveva necessità di raggiungere luoghi lontani, pagava una nave da carico ma non aveva nessuna comodità (nè cabine, nè cucina interna, si dormiva sul ponte e ognuno doveva portarsi il cibo da sé). Non c’erano giorni precisi per partire, tutto dipendeva dal vento, dalle condizioni del mare e dai presagi. I romani erano un 22 adorare le proprie divinità. Unico intervento è che alcuni dei stranieri venivano chiamati con nomi romani (una sorta di restyling romano). Inoltre non c’erano limitazioni rispetto alle proprie origini nemmeno per diventare imperatore: Settimo Severe fu un imperatore africano. Il giorno dopo il nostro profumiere va al porto e paga la propria merce con il sesterzio, che riprende il suo viaggio verso Alessandria d’Egitto. EGITTO Ormai il porto di Leptis Magna è lontano. Questa città verrà abbandonata alla fine dell’impero e occupata da alcuni popoli della zona per un breve periodo, per poi rimanere abbandonata per sempre. Ricoperta da strati di sabbia, tornerà alla luce solo nel ‘900 dove gli archeologi riportarono alla luce i suoi splendori sepolti. Alla fine della navigazione finalmente si avvista il Faro d’Alessandria, una delle sette meraviglie del mondo. E’ una struttura impetuosa. La torre è fatta di tre parti: quella più bassa è un massiccio blocco squadrato di 60 metri con ai quattro angoli le statue dorate di tritoni che soffiano in grandi conchiglie. Segue una torre a base ottagonale e, infine, la torre cilindrica con un tetto a cupola sormontato da una statua d’oro: Helios il dio del Sole (precedentemente, in età greca, c’era Zeus). Lungo la struttura ottagonale troviamo delle finestre, ad indicare che la torre è abitata, solitamente da addetti alla manutenzione, personale amministrativo e guardie (vista la funzione strategica). Il faro è stato la meraviglia dell’antichità rimasta in uso più a lungo. Poi fu trasformato e infine distrutto da due terremoti nel 1300. L’entrata nel porto non è facile, c’è uno stretto passaggio. Dalle navi ancorate scorgiamo degli uomini in acqua che si immergono ad intervalli regolari: sono gli antenati dei sub che cercano di recuperare il carico delle navi caduto in acqua. Una volta depositato il carico della nave nei magazzini, il nostro commerciante inizia un giro per Alessandria d’Egitto. E’ molto simile a Roma (la seconda città dell’Impero a grandezza). Ciò che la distingue da Roma: la gente. Qui si incontra davvero di tutto, gente proveniente da posti diversi: questa città è come fosse la porta dell’Impero, per via dei suoi traffici marittimi con l’India e l’Africa. Ci sono tantissime botteghe che vendono di tutto provenienti da tutte le parti dell’impero. In un angolo della strada troviamo un uomo in piedi che detta una lettera ad uno scriba seduto per terra: è una missiva per la sorella incinta. Nella lettera specifica che se nascerà un maschio potrà crescerlo, se nascerà una femmina sarà da abbandonare (era in vigore la prassi dell’esposizione). Il nostro sesterzio finisce dentro un locale (il ​lupanario) dove c’è la possibilità di avere incontri con le prostitute e finisce nelle mani di una prostituta. Le prostitute erano gestite dai Lupanari che le sfruttavano al massimo. A volte erano bambine prelevate da luoghi lontani abbandonati dai genitori (le esposte) oppure sono rapite 25 (come oggi avviene con le ragazze dell’Est). Se una ragazza è molto bella può evitare di lavorare per un lupanare e diventare una “escort” d’alto bordo. Una causa della prostituzione è la povertà: spesso sono i genitori che spingono le figlie a vendersi. Un fenomeno a parte è quello delle prostitute libere, in genere vedove o non sposate, poiché vi è la possibilità di guadagnare più soldi che lavorando normalmente. Comunque il costo delle prostitute non era molto alto, questo perché era considerato una necessità di “base” per la popolazione (così come il grano veniva regalato, il vino a basso costo, le corse delle quadrighe, l’entrata alle terme ecc). Un cliente del lupanare è un uomo delicato e premuroso, ben apprezzato dalle prostitute per la gentilezza con cui le tratta. E’ un greco e riceve di resto il nostro sesterzio. Questo signore è un turista, un filosofo, che in gruppo con altri studiosi è in viaggio di piacere. Il turismo dell’antichità era prevalentemente verso la zona orientale dell’Impero dove si trovavano tante città d’arte. Si prediligeva la Grecia, l’Asia Minore e, infine, l’Egitto. Anche Roma rimane una meta molto ambita ma spesso i romani si recavano all’estero, senza conoscere a pieno la propria città (come venivano criticati da alcuni poeti, e come accade anche ai giorni nostri!). Il turista ritrova i compagni di viaggio con cui andrà in barca lungo il Nilo. Per risalire il Nilo contro corrente, a quei tempi, si sfruttavano i venti. Tappa d’obbligo è Menfi, punto di partenza per andare a visitare le piramidi, poi Tebe (attuale Luxor) dove ci sono diverse tombe dei faraoni. Che fosse una meta già durante l’impero è noto perché sono state ritrovate dei graffiti lasciati sui muri dai turisti romani. Da queste frasi è emerso che i turisti non viaggiavano da soli ma in comitive; vengono da tutte le parti dell’Impero, erano istruiti e, dato che firmavano le loro frasi, si capisce che il periodo dei viaggi era da novembre a maggio, il periodo migliore, perchè fa meno caldo. Era anche il periodo in cui la navigazione si interrompeva, consentendo un lungo intervallo di giri e visite all’interno dell’Egitto. Il gruppo di turisti è di ritorno a Tebe per ritornare ad Alessandria. Il nostro sesterzio finisce in una locanda dove il Greco ha acquistato una borraccia. Passano due giorni e finisce nelle mani di un mercante di Pozzuoli che deve attraversare, con una carovana, il deserto a dorso di dromedari, per raggiungere l’India. Sta portando in oriente una merce molto ricercata: il corallo rosso. Ci vorranno molti giorni per raggiungere i porti di partenza nel Mar Rosso. Per consumare meno acqua ci si sposterà di notte seguendo le stelle. Il percorso sarà scandito da pozzi e da controlli (per controllare il flusso di oro). Si salpa dal porto di Berenice, sede commerciale. La nave è pronta a salpare. INDIA La nave parte all'alba delle condizioni del mare sono buone. Il mercante di Pozzuoli si chiama Iunius Faustus Florus, e viaggia con un equipaggio che non è composto 26 solo da domani anzi firmani tendevano ad appoggiarsi a marinai e navigatori egizi. Per viaggiare nell'Oceano Indiano si tenevano in considerazione i venti: da maggio a settembre soffiavano i monsoni da sud-ovest spingendo le navi da poppa verso l'India. Negli altri mesi al contrario. Arrivati alle coste dell'India, la nave viene sbarcata attraverso l'aiuto di barche più piccole, in modo da non farla incagliare nel porto viste le grande dimensioni. Un connazionale del nostro mercante lo accoglie al porto. È solito creare piccole comunità di connazionali in paesi così lontani da casa. Ora ci troviamo a Muziris, come ci indica una mappa ritrovata. In realtà è una copia dei monaci amanuensi e ci ricorda le cartine classiche: è un rotolo di carta di 7 metri che, inserito in un tubo di cuoio, veniva srotolato da due persone, fino a trovare la sezione interessata. Il prodotto maggiormente commerciato è la seta che percorre due strade per arrivare a Roma: via terra ( ma è più pericoloso perché spesso trattenuto dal parti, nemici Romani situati nell'attuale Iran e Iraq) e via mare ( più efficace anche perché si poteva trasportare molta più quantità). I romani furono i primi ad arrivare nei Cina e a commerciare con loro. IL primo contatto risale al 166 d. C. quando un'ambasceria Romana venne accolta dal imperatore cinese. Probabilmente non era un delegazione ufficiale, ma mercanti che cercavano di effettuare scambi commerciali direttamente con i cinesi senza intermediari. Dopo alcuni mesi Iunius si prepara per il suo ritorno a Pozzuoli; viene accompagnato al porto, su una canoa, da un indiano che è diventato il suo corrispondente per i futuri scambi commerciali e con cui ha stretto amicizia. Come saluto gli dona il nostro sesterzio. MESOPOTAMIA Il nostro Sesterzio riprende il suo viaggio Quando il Mercante indiano decide di portarlo alle Foci dell'Eufrate nel Golfo Persico. I romani stanno conquistando gran parte della Mesopotamia e il mercante vuole recarsi in quelle zone per essere uno dei primi ad allacciare rapporti commerciali con l'impero. Traiano riesce a conquistare la Mesopotamia diventando il padrone assoluto. I Romani hanno vinto grazie alla loro organizzazione ma anche grazie ai dissidi interni al regno partico della zona. L'impero ha raggiunto la sua massima espansione. L'imperatore Traiano e appeso nella città di Charax accolto dal re ormai sottomesso. Nonostante la schiera di guardie del corpo l'imperatore Traiano appare come un uomo comune, saluta tutti e si mostra sorridente ( al momento ha 62 anni e si distingue per la sua capigliatura bianca, particolarmente visibile anche durante i combattimenti e quindi rischiosa perché facilmente avvistabile dal nemico). L'Imperatore si imbarca per far ritorno a Roma. Il nostro sesterzio viene ceduto ad un centurione, protagonista di molte guerre per l'espansione dell'impero. L'impero è talmente vasto che l'imperatore Traiano nominerà un re Vassallo alla guida dei territori della Partia, per poterla 27 seta proveniente da Alessandria d’Egitto e stoffe trapuntate appena giunte da Antiochia. Heliodorus, arrivato ad Atene, si fa trasportare in giro sopra una lettiga da quattro schiavi. E’ un modo comodo per viaggiare a quei tempi e per guardarsi intorno. L’Acropoli è cambiata poco da allora: questo lo sappiamo grazie a diversi artisti a cui si commissionavano “fotografie” istantanee, ritratti realizzati su fogli di papiro (ritratti con lo sfondo il Partenone, ad esempio). Come ultima commissione Heliodorus deve recarsi nella bottega di uno scultore a cui ha commissionato il proprio busto. Le donne e gli uomini tendono a farsi ritrarre nelle statue o nei ritratti con la capigliatura alla moda (dell’imperatore e consorte) e questo permette di datare i vari busti a seconda dell’epoca. Nelle botteghe i vari apprendisti realizzano copie identiche dello stesso busto usando delle precise tecniche matematica (tutti i particolari alla stessa identica distanza) in modo tale da ottenere copie ben precise dello stesso lavoro. Le statue di figure importanti, come quelle degli imperatori, venivano poste nei luoghi pubblici per creare suggestione, oltre che decorare. Inoltre, a seconda del periodo, cambiano le espressioni del viso: nel periodo di Traiano i volti erano rigidi e seri, successivamente con Adriano assumono tratti più morbidi ed espressivi. Anche questo permette di associare le opere alle diverse epoche. Un mito da sfatare è che le statue romane fossero bianche: in realtà venivano colorate ma il colore, con il tempo, sbiadiva lasciando il bianco del marmo. RITORNO A ROMA Heliodorus è contento degli affari che ha concluso, è contento del suo busto sebbene non sappia della morte di Traiano e che il nuovo imperatore darà vita ad una nuova moda: la barba (simbolo di saggezza filosofica). Decide di entrare da un gioielliere e comprare un anello per la figlia e paga con il sesterzio, che viene dato ad un giovane, Rufus, che acquista lo stesso anello per la sua amata a Roma. Il viaggio di ritorno è tranquillo, da Brindisi risale la via Appia e in pochi giorni è a Roma. L’accoglienza della sua donna è tra le più calorose e affettuose. Il nostro sesterzio è ritornato da dove è partito, dopo anni di viaggi ed esperienze diverse. Ma il suo viaggio termina qui. Rufus lo depositerà nella tomba del suo maestro, come moneta da dare a Caronte nel passaggio dell’anima. E finalmente potrà sposare la sua amata, ora che l’ex marito è defunto. CONCLUSIONE E’ da una ricerca archeologica che il nostro sesterzio ritorna in vita, nel 2010. Le sue condizioni sono ottime e lo possiamo trovare esposto nel museo di Roma, insieme ad altre monete. Una sola moneta, con tante storie da raccontare e che ci ha fatto viaggiare nel più sorprendente e moderno impero dell’antichità: l’Impero Romano. 30 31
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